RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 22 MAGGIO 2019 N. 13860 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ASSOCIAZIONI SINDACALI - IMMUNITA' - SINDACATI POSTCORPORATIVI - LIBERTA' SINDACALE - REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE. Presupposti - Attualità della condotta o dei suoi effetti - Esaurimento della singola condotta antisindacale - Irrilevanza - Condizioni - Fattispecie. In tema di repressione della condotta antisindacale, ai sensi dell'art. 28 stat. lav., il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l'ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo ove questo, alla stregua di una valutazione globale non limitata ai singoli episodi, risulti tuttora persistente e idoneo a produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, suscettibile di determinare in qualche misura una restrizione o un ostacolo al libero esercizio dell'attività sindacale nella specie, la S.C. ha ritenuto che la lesione dell'immagine del sindacato - prodotta dal mancato avvio della procedura preventiva di consultazione prevista, in relazione al problema delle eccedenze di personale, da una disposizione collettiva - non fosse destinata ad esaurirsi in modo istantaneo o in correlazione con i licenziamenti, avendo idoneità a produrre effetti duraturi e a rendere quindi attuale la condotta antisindacale . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione n. 3837/16. In argomento si veda altresì Cassazione n. 13726/2014 per la quale la definizione della condotta antisindacale di cui all'art. 28 stat. lav. non è analitica ma teleologica, poiché individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i beni protetti. Ne consegue che il comportamento che leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali integra gli estremi della condotta antisindacale di cui all'art. 28 stat. lav., senza che sia necessario - né, comunque, sufficiente - uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro poiché l'esigenza di una tutela della libertà sindacale può sorgere anche in relazione a un'errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, così come l'intento lesivo del datore di lavoro non può di per sé far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obbiettivamente tale da limitare la libertà sindacale. Per Cassazione n. 2375/15, il nucleo essenziale della ratio dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, risiede nel garantire lo svolgimento del conflitto collettivo, per esso intendendosi non solo quello, tradizionale, tra capitale e lavoro, ma anche quello fra organizzazioni rappresentative, secondo opzioni e visioni differenti, degli interessi dei lavoratori. Rispetto a quest'ultimo conflitto, il datore di lavoro, peraltro, è tenuto a conservare un atteggiamento di neutralità non limitato al mero rispetto dell'art. 17 statuto lavoratori , salvi solo gli eventuali interventi necessari per proteggere l'incolumità delle persone o l'integrità dell'azienda, sicché, sebbene possa anche, in singole occasioni, schierarsi a favore di una organizzazione sindacale e contro un'altra, resta a lui precluso il ricorso ai poteri disciplinari e gerarchico-direttivi, che sono attribuiti ai soli fini del governo delle esigenze produttive dell'azienda. SEZIONE LAVORO 21 MAGGIO 2019 N. 13649 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL'APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO - INFORTUNI E MALATTIE - IN GENERE.§ Inidoneità fisica sopravvenuta - Adattamenti organizzativi - Obbligo di verifica a carico del datore di lavoro - Sussistenza - Obbligo di interpretazione conforme all'art. 5 Dir. 2000/78/CE - Fatto anteriore al recepimento della direttiva - Irrilevanza - Fondamento - Fattispecie. In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di handicap , sussiste l'obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso, che discende, pur con riferimento a fattispecie sottratte ratione temporis alla applicazione dell'art. 3, comma 3- bis , d.lgs. n. 216/2003, di recepimento dell'art. 5 Dir. 2000/78/CE, dall'interpretazione del diritto nazionale in modo conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5, considerato l'obbligo del giudice nazionale di offrire una interpretazione del diritto interno conforme agli obiettivi di una direttiva anche prima del suo concreto recepimento e della sua attuazione. Nella specie, la S.C. ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente - dichiarato inidoneo alle mansioni di autista ed adibito, inizialmente, a compiti di aiuto meccanico e, successivamente, a mansioni di addetto alle pulizie, per essersi il medesimo rifiutato di svolgere tali ultime mansioni - sul rilevo che la stessa società datrice aveva dimostrato di poter adibire il lavoratore ai predetti compiti, compatibili con le menomazioni fisiche ed in adempimento dell'obbligo di adozione di accorgimenti ragionevoli esigibili . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione n. 27243/18 e Cassazione n. 6798/18 per la quale, tra l’altro, in tema di tutela del lavoratore disabile, una controversia rientra nell'ambito di applicazione della Direttiva n. 78/2000/CE del 27 novembre 2000, sulla parità di trattamento in materia di occupazione, ove sussista il presupposto oggettivo della attinenza della controversia stessa alle condizioni di lavoro e sia presente una condizione di handicap , la cui nozione, ricavabile dal diritto eurounitario come interpretato dalla CGUE, presuppone la presenza di una limitazione, risultante da menomazioni fisiche, mentali o psichiche di lunga durata, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione dell'interessato alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori. In argomento si veda anche Cassazione 4757/2015 per la quale l'esercizio dell'attività economica privata, garantito dall'art. 41 Cost., non é sindacabile nei suoi aspetti tecnici dall'autorità giurisdizionale ma deve svolgersi nel rispetto dei diritti al lavoro e alla salute, sicché non viola la norma citata il giudice che dichiara illegittimo il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni assegnate, senza che il datore di lavoro abbia accertato se il lavoratore potesse essere addetto a mansioni diverse e di pari livello, evitando trasferimenti di altri lavoratori o alterazioni dell'organigramma aziendale.