RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 3 GENNAIO 2017, N. 54 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO NOZIONE, DIFFERENZE DALL’APPALTO E DAL RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO, DISTINZIONI - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - LIBERTA’ E DIGNITA’ DEL LAVORATORE - SANZIONI DISCIPLINARI. Sanzioni conservative - Violazione di direttive o prassi aziendali - Affissione del codice disciplinare - Necessità Fondamento - Fattispecie. In tema di sanzioni disciplinari, qualora le violazioni contestate non consistano in condotte contrarie ai doveri fondamentali del lavoratore, rientranti nel cd. minimo etico o di rilevanza penale, bensì nella violazione di norme di azione derivanti da direttive aziendali, suscettibili di mutare nel tempo, in relazione a contingenze economiche e di mercato ed al grado di elasticità nell’applicazione, l’ambito ed i limiti della loro rilevanza e gravità, ai fini disciplinari, devono essere previamente posti a conoscenza dei lavoratori, secondo le prescrizioni dell’art. 7 st. lav. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuta legittima la sospensione di otto giorni irrogata ad un dipendente bancario, per la violazione di una circolare interna sulla gestione del credito e delle relative istruzioni operative, pur in mancanza dell’affissione del codice disciplinare . In materia di licenziamento disciplinare, per Cassazione 22626/2013, il principio di necessaria pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica nei casi in cui il licenziamento sia irrogato per sanzionare condotte del lavoratore che concretizzano violazione di norme penali o che contrastano con il cosiddetto minimo etico”, mentre deve essere data adeguata pubblicità al codice disciplinare con riferimento a comportamenti che violano mere prassi operative, non integranti usi normativi o negoziali. Anche nel pubblico impiego contrattualizzato secondo Cassazione 21032/2016, deve ritenersi, relativamente alle sanzioni disciplinari conservative e non per le sole espulsive , che, in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare prevista dall’art. 55 del D.Lgs. 150/2009, in quanto il dipendente pubblico, come quello del settore privato, ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta. Per Cassazione 12735/2003, il principio secondo cui l’onere di redazione ed affissione del codice disciplinare non può estendersi a quei fatti il cui divieto risiede non già nelle fonti collettive, o nelle determinazioni del datore di lavoro, bensì nella coscienza sociale quale minimo etico, è applicabile solo alle sanzioni disciplinari espulsive, per le quali il potere di recesso dell’imprenditore, in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo , è tipizzato e previsto direttamente dalla legge, e non anche per le sanzioni cosiddette conservative, per le quali il potere disciplinare del datore di lavoro, solo genericamente previsto dall’art. 2106 cc, esige necessariamente, per il suo concreto esercizio, la predisposizione di una normativa secondaria, cui corrisponde l’onere della pubblicità, a norma dell’art. 7 della legge 300/1970, che ha inteso conferire effettività anche con riferimento alla comunità d’impresa, al principio nullum crimen, nulla poena sine lege”.