RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 15 MAGGIO 2015 N. 10037 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Mobbing - Condotta posta in essere da dipendente in posizione gerarchicamente sovraordinata - Responsabilità in solido del datore di lavoro - Configurabilità - Fattispecie. In tema di mobbing la circostanza che la condotta provenga da un altro dipendente, posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro - su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 cod. civ. - ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo. Nella specie, relativa a dipendente comunale, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto la responsabilità solidale dell'ente territoriale in considerazione della durata e delle modalità della condotta mobbizzante, tali da far ritenere che di essa fosse a conoscenza anche l'organo politico . Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 18093/2013 per la quale i ntegra la nozione di mobbing la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti giuridici o meramente materiali ed, eventualmente, anche leciti , diretti alla persecuzione o all'emarginazione del dipendente, di cui viene lesa - in violazione dell'obbligo di sicurezza posto a carico dello stesso datore dall'art. 2087 cod. civ. - la sfera professionale o personale, intesa nella pluralità delle sue espressioni sessuale, morale, psicologica o fisica né la circostanza che la condotta di mobbing provenga da un altro dipendente, posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro - su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 cod. civ. - ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo. In senso parzialmente difforme si veda invece cassazione 3785 del 2009 per la quale in tema di responsabilità del datore di lavoro per mancato rispetto dell'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 cod. civ. è necessario che l'evento dannoso sia riferibile a sua colpa, non potendo esso essere ascritto al datore medesimo a titolo di responsabilità oggettiva. Il relativo accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato.