RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 16 MARZO 2015 N. 5175 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - RISARCIMENTO DEL DANNO. Licenziamento ingiustificato di dirigente - Indennità supplementare contrattuale - Determinazione - Decisione del giudice di merito - Incensurabilità in cassazione - Limiti - Fattispecie. Il giudizio sulla misura dell'indennità supplementare spettante in base alla contrattazione collettiva, in caso di licenziamento non giustificato di dirigenti, è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito e non è censurabile se non per vizio di motivazione. Nella specie, il giudice di merito, con sentenza confermata dalla S.C., aveva liquidato l'indennità nella misura minima, in considerazione della limitata anzianità di servizio e dell'assenza di allegazioni idonee a giustificare il riconoscimento in misura superiore . Tra i precedenti in senso conforme si veda Cassazione 389/1998. In argomento si veda cassazione 1937/2011 per la quale il dirigente di azienda industriale, che, ai sensi degli artt. 19 e 22 del contratto collettivo di categoria 16 maggio 1985, integranti una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, abbia adito il collegio arbitrale, senza che a ciò si sia opposta la controparte, per la determinazione dell' indennità supplementare dovuta in ragione della mancanza di giustificazione del proprio licenziamento, non può salvo che il collegio predetto si sia dichiarato privo di legittimazione a decidere la controversia o che il procedimento non sia pervenuto alla sua conclusione con il lodo o che il relativo patto sia divenuto per qualsiasi ragione inoperante proporre la medesima azione in sede giudiziaria, non essendo abilitato a trasferire unilateralmente la questione davanti al giudice dopo il compimento di atti incompatibili con la volontà di avvalersi di tale tutela ed in mancanza di una volontà del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale messo in moto dal dirigente medesimo ove questi, invece, non abbia attivato, la procedura arbitrale, ben può proporre l'azione giudiziaria, in conformità al principio di alternatività delle tutele consentite in relazione alla specificità delle ipotesi delle controversie di lavoro, ai sensi dell'art. 5, primo comma, legge n. 533 del 1973. Per Cassazione 16498/2009 in materia di rapporto di lavoro dei dirigenti d'azienda, l' indennità supplementare di cui all'art. 19 del CCNL dei dirigenti di aziende industriali del 27 aprile 1995 compete al dirigente licenziato solo nei casi in cui il recesso non sia assistito da giustificatezza, che può fondarsi sia su ragioni soggettive ascrivibili al dirigente, sia su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, che non debbano necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di grave crisi aziendale, tale da rendere impossibile o particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall'art. 41 Cost Né tale interpretazione della norma collettiva si pone in contrasto con la previsione dell'Accordo interconfederale del 27 aprile 1995 che, nell'attribuire una diversa indennità supplementare al dirigente licenziato, nei casi di crisi, ristrutturazione e riconversione aziendale asseverata con d.m., persegue l'obbiettivo di sopperire alle emergenze occupazionali conseguenti, in tali casi, all'esodo di una pluralità di dirigenti. SEZIONE LAVORO 13 MARZO 2015 N. 4991 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - VOLONTARIO AD NUTUM – PREAVVISO. Pattuizione individuale - Preavviso più lungo per le dimissioni rispetto a quello per il licenziamento - Validità - Condizioni - Limiti. In materia di recesso dal rapporto di lavoro, è valida la clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito per il licenziamento, ove tale facoltà di deroga sia prevista dal contratto collettivo ed il lavoratore riceva, quale corrispettivo per il maggior termine, un compenso in denaro. In senso conforme si veda Cassazione 23235/2009 che ammette la validità della clausola in questione, dovendosi escludere che tale accordo tra le parti si ponga in contrasto con l'art. 1750 cod. civ., di cui va esclusa l'applicazione, attesa l'impossibilità di ravvisare una analogia fra il contratto di lavoro subordinato e quello d'agenzia, nel quale il lavoratore autonomo sopporta il rischio economico. In argomento si veda anche Cassazione 5596/1194 per la quale ove venga rispettato il termine minimo di preavviso stabilito dalle fonti richiamate dall'art. 2118 cod. civ. - a norma di carattere inderogabile, in base alla quale, nel difetto di una causa impeditiva della prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto art. 2119 cod. civ. , il recesso del contratto di lavoro a tempo indeterminato non consegue l'effetto estintivo se non alla scadenza del termine stabilito dai contratti collettivi, dagli usi o dall'equità, indipendentemente dalla circostanza che il datore di lavoro abbia fatto, o meno, riferimento al detto termine - legittimamente il datore di lavoro può fissare la scadenza del relativo periodo con riferimento non già ad una data determinata bensì ad un evento futuro che non sia però determinabile quanto al momento del suo verificarsi. Poiché, peraltro, l'operatività di un periodo di preavviso di durata maggiore rispetto a quella prevista dalle regole del rapporto non può essere unilateralmente imposta dal datore di lavoro, il prestatore di lavoro rimane libero di cessare dal rapporto allo scadere del termine di preavviso richiamato dalla norma in esame.