RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 4 DICEMBRE 2014 N. 25608 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ORARIO DI LAVORO - IN GENERE. Contratto di lavoro part-time - Modificazione unilaterale dell'orario di lavoro - Disponibilità del lavoratore alla chiamata del datore di lavoro - Cosiddette clausole elastiche - Illegittimità - Fondamento. Le cosiddette clausole elastiche, che consentono al datore di lavoro di richiedere a comando la prestazione lavorativa dedotta in un contratto part-time, sono illegittime, atteso che l'esigenza della previa pattuizione bilaterale della riduzione di orario comporta - stante la ratio dell'art. 5 della legge 19 dicembre 1984, n. 863 - che, se le parti concordano un orario giornaliero inferiore a quello ordinario, ne va determinata anche la collocazione nell'arco della giornata, e che, se parimenti le parti convengono che l'attività lavorativa debba svolgersi solo in alcuni giorni della settimana o del mese, pure la distribuzione delle giornate lavorative deve essere previamente stabilita. Identico principio di diritto è espresso da Cassazione 1721/2009 per la quale inoltre Dall'accertata illegittimità di tali clausole non consegue l'invalidità del contratto part - time , nè la trasformazione in contratto a tempo indeterminato, ma solo l'integrazione del trattamento economico ex artt. 36 Cost. e 2099, comma secondo, cod. civ. , atteso che la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, di fatto richiesta al lavoratore, pur non potendo essere equiparata a lavoro effettivo, deve comunque trovare adeguato compenso, tenendo conto della maggiore penosità ed onerosità che di fatto viene ad assumere la prestazione lavorativa per la messa a disposizione delle energie lavorative per un tempo maggiore di quello effettivamente lavorato, a tal fine rilevando la difficoltà di programmazione di altre attività, l'esistenza e la durata di un termine di preavviso, la percentuale delle prestazioni a comando rispetto all'intera prestazione. Al lavoratore incombe l'onere di dimostrare la maggiore penosità ed onerosità delle prestazioni effettuate in ragione degli effetti pregiudizievoli prodotti dalla disponibilità richiesta. In argomento si veda Cassazione 13107/2003 per la quale in caso di lavoro a tempo parziale prestato in base a clausole elastiche dichiarate nulle, il trattamento economico spettante al dipendente in base all'art. 36 della Costituzione deve compensare non solo la prestazione effettivamente eseguita, ma anche la maggiore onerosità della stessa derivante alla più ampia disponibilità del lavoratore. SEZIONE LAVORO 3 DICEMBRE 2014 N. 25608 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTA CAUSA . Sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo - Mera svista del lavoratore - Sufficienza - Esclusione - Fattispecie. Non costituisce giusta causa o giustificato motivo di licenziamento una mera svista commessa dal lavoratore nell'espletamento delle proprie mansioni e priva di conseguenze dannose per il datore di lavoro e/o per terzi. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento irrogato al dipendente di una banca che, operando al terminale, aveva erroneamente addebitato un'operazione di prelievo sul conto corrente di un cliente diverso da quello che aveva l'aveva ordinata . In tema di licenziamento per giusta causa, secondo Cassazione 2013/2012, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo. In ipotesi di licenziamento per giusta causa, per Cassazione 7394/2000, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, e in particolare dell'elemento della fiducia, che deve continuamente sussistere fra le parti la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente impedimento della prosecuzione del rapporto deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata oggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto che su di esso possa incidere negativamente.