RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 17 OTTOBRE 2014 N. 22054 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CONTRATTO COLLETTIVO – INTERPRETAZIONE . Qualificazione dell'abbandono del posto di lavoro come causa giustificativa di licenziamento in base al contratto collettivo per i dipendenti degli istituti di vigilanza privata - Accezione meramente oggettiva - Insufficienza - Condizioni soggettive - Necessità - Fondamento - Corrispondente obbligo del datore di lavoro - Presupposto - Configurabilità. In tema di abbandono del posto di lavoro da parte della guardia giurata privata, quale mancanza suscettibile di licenziamento per giusta causa, l'art. 140 del c.c.n.l. per gli Istituti di vigilanza privata del 6 dicembre 2006 si interpreta nel senso che è richiesta la coscienza e volontà di allontanamento dal posto di servizio qualificata dalla precisa intenzione di violare le direttive ricevute. Ne consegue la legittimità del licenziamento ove il lavoratore abbandoni il posto di lavoro senza previa autorizzazione dell'istituto di vigilanza e senza aver comunicato la propria necessità di allontanarsi, sempreché il datore di lavoro abbia rispettato i propri obblighi circa le dotazioni strumentali da fornire ai dipendenti per consentire l'immediatezza delle comunicazioni della guardia con la centrale. In materia di licenziamento per ragioni disciplinari, secondo Cassazione 16095/2013, anche se la disciplina collettiva preveda un determinato comportamento come giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice investito dell'impugnativa della legittimità del licenziamento deve comunque verificare l'effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore. Per Cassazione 765/1991, il notevole inadempimento del prestatore di lavoro, che configura giustificato motivo soggettivo di licenziamento ai sensi dell'art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604, può essere connotato, sotto il profilo psicologico, sia dall'elemento della colpa che da quello del dolo pertanto, il giudice, nella verifica della sussistenza del giustificato motivo addotto a sostegno del recesso del datore di lavoro , che si differenzia dalla giusta causa per una minore gravità, sul piano sia oggettivo che soggettivo, delle mancanze del lavoratore con riguardo alla loro incidenza sull'elemento della fiducia, deve tener conto anche dell'eventuale intenzionalità della infrazione del lavoratore, non essendo neppure ravvisabile ostacolo concettuale a che la disciplina collettiva configuri come giustificato motivo, anziché come giusta causa, di licenziamento mancanze caratterizzate dall'elemento del dolo più o meno intenso . In tema di licenziamento individuale per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo che ha natura ontologicamente disciplinare e al cui procedimento sono applicabili le garanzie procedurali in materia di pubblicità della normativa, di contestazione preventiva dell'addebito e di difesa del lavoratore , secondo Cassazione 16864/2006, ai sensi dell'art. 2119 cod. civ. o dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione dell'illecito commesso - istituzionalmente rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso, dovendo tenersi al riguardo in considerazione la circostanza che l'inadempimento, ove provato dal datore di lavoro in assolvimento dell'onere su di lui incombente ex art. 5 della citata legge n. 604 del 1966, deve essere valutato tenendo conto della specificazione in senso accentuativo a tutela del lavoratore rispetto alla regola generale della non scarsa importanza di cui all'art. 1455 cod. civ., sicché l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria - durante il periodo di preavviso - del rapporto. A tale stregua, l'assenza di nocumento o di serio pericolo di nocumento della sfera patrimoniale del datore di lavoro, se può concorrere a fornire elementi per la valutazione di gravità del comportamento inadempiente, non è decisiva per escludere che possa dirsi irrimediabilmente incrinato il rapporto di fiducia, da valutarsi in concreto in considerazione della realtà aziendale e delle mansioni. SEZIONE LAVORO 6 OTTOBRE 2014 N. 21001 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - ASSUNZIONE - DIVIETO DI INTERMEDIAZIONE E DI INTERPOSIZIONE APPALTO DI MANO D'OPERA . Somministrazione di lavoro - Indicazione della causale giustificativa - Punte di intensa attività derivanti da acquisizione di commesse - Sufficienza - Onere della prova in caso di contestazione - Incombenza in capo all'utilizzatore. In tema di somministrazione di lavoro, la causale giustificativa indicata in punte di intensa attività derivanti dalla acquisizione di commesse che prevedono inserimento in reparto produttivo è assistita da un grado di specificità sufficiente a soddisfare il requisito di forma sancito dall'art. 21, comma 1, lett. c , del d.lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, fermo restando l'onere per l'utilizzatore di fornire la prova dell'effettiva esistenza delle ragioni giustificative in caso di contestazione. In tema di somministrazione di manodopera, per Cassazione 2521/2012, le punte di intensa attività , non fronteggiabili con il ricorso al normale organico, risultano sicuramente ascrivibili nell'ambito di quelle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore , che consentono, ai sensi dell'art. 20, quarto comma, del d.lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, e il riferimento alle stesse ben può costituire valido requisito formale del relativo contratto, ai sensi dell'art. 21, primo comma, lett. c , del medesimo decreto legislativo. In argomento si veda Cassazione 4065/1999 per la quale il fenomeno dell'intensificazione temporanea dell'attività lavorativa aziendale per le cosiddette punte stagionali ossia fattori ricorrenti e prevedibili in determinati periodi dell'anno , inizialmente previsto dal D.L. n. 876 del 1977, convertito in legge n. 18 del 1978, e da ultimo regolamentato dall'art. 8 bis legge n. 17 del 1983, convertito in legge n. 79 del 1983, che ha esteso a tutti i settori economici la normativa legittimante, in presenza di determinate condizioni, l'apposizione del termine al contratto di lavoro, è fenomeno che si distingue sia dalla fattispecie dell'attività stagionale discontinua prevista dall'art. 1 lettera a legge n. 230 del 1962, sia dalla fattispecie prevista dall'art. 1 lettera c legge n. 230 citata, in cui assume rilevanza la causa straordinaria ed occasionale che determina il ricorso all'assunzione a termine ne consegue che la relativa disciplina, configurando una nuova ipotesi di legittimo ricorso al contratto a termine che si aggiunge a quelle già previste dall'art. 1 legge n. 230 del 1962, non si pone come interpretativa o modificativa della suddetta legge.