RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 29 AGOSTO 2014, N. 18460 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - COMANDI E DISTACCHI. Comando di un dipendente da ente pubblico economico presso una amministrazione pubblica - Conseguenze - Riconoscibilità del diritto all’inquadramento superiore per attività svolta presso soggetto diverso dal datore di lavoro - Esclusione - Fattispecie. La posizione di comando di un dipendente da ente pubblico economico presso una amministrazione pubblica non comporta, a differenza del distacco, alcuna alterazione del rapporto di lavoro, ma ne implica una rilevante modificazione in senso oggettivo, giacché il dipendente, immutato il rapporto organico con l’ente di appartenenza, viene destinato a prestare servizio, in via ordinaria e abituale, presso un’organizzazione diversa, con modifica del rapporto di servizio, senza tuttavia che siano imputabili all’ente di appartenenza gli effetti della gestione del rapporto ad opera del soggetto pubblico. Ne consegue che il lavoratore comandato, che si trovi a svolgere mansioni superiori rispetto a quelle originarie, non ha diritto all’inquadramento nella qualifica superiore presso l’ente di provenienza. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva rigettato la domanda di superiore inquadramento, ai sensi dell’art. 2103 cc, proposta da un dipendente dell’ente Poste Italiane comandato presso il Ministero degli affari esteri . Il distacco di un dipendente di un’azienda municipalizzata, con rapporto di lavoro di natura privatistica, presso un’amministrazione pubblica nella specie Commissario di Governo per il terremoto , disposto con provvedimento di quest’ultima prescindendo dall’interesse della prima, determina una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro e l’amministrazione di destinazione assume tutti i poteri di gestione in forza dell’imperatività del provvedimento mentre, nel rapporto di lavoro subordinato privato, - stante il principio ricavabile dall’art. 2127 cc e dalla legge 1369/1960 - il distacco deve realizzare un interesse proprio del datore di lavoro e, determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, conserva al datore di lavoro il potere direttivo, con i conseguenti obblighi retributivi e previdenziali. Dalla suddetta differenza discende che nella prima ipotesi non possono gravare sul datore di lavoro distaccante, oltre agli oneri economici direttamente connessi all’attività prestata presso l’amministrazione di destinazione nel caso di specie l’indennità speciale e il compenso per lavoro straordinario, pacificamente erogati dal Commissario di Governo , gli ulteriori oneri connessi alla corresponsione dei suddetti emolumenti, quali l’accantonamento ai fini del trattamento di fine rapporto Cassazione 17482/2005. SEZIONE LAVORO 29 AGOSTO 2014, N. 18459 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - OBBLIGO DI FEDELTÀ - DIVIETO DI CONCORRENZA - IN GENERE. Violazione - Presupposti - Concorrenza prestata dopo la cessazione del rapporto - Ricorrenza - Esclusione. La violazione del divieto di concorrenza posto a carico del lavoratore subordinato dall’art. 2105 cc, riguarda non già la concorrenza che il prestatore, dopo la cessazione del rapporto, può svolgere nei confronti del precedente datore di lavoro, ma quella svolta illecitamente nel corso del rapporto di lavoro, attraverso lo sfruttamento di conoscenze tecniche e commerciali acquisite per effetto del rapporto stesso. Ai fini della configurabilità di una violazione dell’obbligo di fedeltà previsto dall’art. 2105 cc, che si specifica nel divieto di concorrenza nei confronti del prestatore di lavoro subordinato - divieto che riguarda non già la concorrenza che il prestatore, dopo la cessazione del rapporto, può svolgere nei confronti del precedente datore di lavoro, ma quella svolta illecitamente nel corso del rapporto di lavoro, attraverso lo sfruttamento di conoscenze tecniche e commerciali acquisite per effetto del rapporto stesso - non sono sufficienti gli atti che esprimano il semplice proposito del lavoratore di intraprendere un’attività economica concorrente con quella del datore di lavoro, essendo invece necessario che almeno una parte dell’attività concorrenziale sia stata compiuta, così che il pericolo per il datore di lavoro sia divenuto concreto durante la pendenza del rapporto Cassazione 13394/2004. Per Cassazione 16377/2006, integra violazione del dovere di fedeltà di cui all’art. 2105 cc, ed è potenzialmente produttiva di danno, la costituzione, da parte di un lavoratore dipendente, di una società per lo svolgimento della medesima attività economica svolta dal datore di lavoro.