RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 11 AGOSTO 2014, N. 17859 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – DISCIPLINARE. Lavoratore subordinato - Copiatura e conservazione sul personal computer di dati aziendali senza autorizzazione - Rilevanza disciplinare - Possibilità, riconosciuta al dipendente, di accesso e visione dei dati - Ininfluenza. LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – DISCIPLINARE. Lavoratore subordinato - Utilizzo del personal computer aziendale per fini propri o non autorizzati - Rilevanza disciplinare - Sussistenza. · Il lavoratore che abbia copiato e conservato, sul personal computer in dotazione sul posto di lavoro, dati aziendali senza autorizzazione del datore, è suscettibile di licenziamento, restando inidonea a legittimare la condotta la possibilità, riconosciuta al dipendente, di accesso e visione dei dati. · Qualora il codice disciplinare affisso nella bacheca aziendale vieti l’accesso alla rete internet e l’utilizzo della posta elettronica per scopi personali, è legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che, sul computer aziendale, abbia installato un programma di file-sharing” ed uno per l’accesso alla e-mail personale, effettuando il download” di foto e filmati pornografici. · Con riferimento alla prima massima ed alla utilizzazione da parte del lavoratore di documenti aziendali di carattere riservato per Cassazione 22923/2004 occorre distinguere tra produzione in giudizio dei documenti detti al fine di esercitare il diritto di difesa, di per sé da considerarsi lecita per la prevalenza di detto diritto ed anche in virtù di quanto previsto dall’art. 12 della legge 675/1996 e impossessamento degli stessi documenti, le cui modalità vanno in concreto verificate. Per Cassazione 13188/2001 la sottrazione di documenti aziendali costituisce per il lavoratore violazione dei doveri di lealtà e correttezza imposti dall’art. 2105 cc, senza che rilevi in contrario l’intento dello stesso lavoratore di fare della documentazione un uso meramente processuale, atteso che il contrasto fra il diritto del dipendente alla tutela giurisdizionale esercitato con la produzione di quei documenti e il diritto del datore di lavoro alla riservatezza non può essere risolto unilateralmente dal lavoratore, ma deve essere valutato nella sede giudiziaria, nella quale il datore di lavoro, a fronte dell’eventuale ordine d’ispezione o di esibizione, può resistere a tale comando rimanendo esposto alle conseguenze che il giudice può trarre da tale suo comportamento. · Sul principio di cui alla seconda massima si veda Cassazione 6988/1998 per la quale i l criterio attraverso il quale è dato stabilire se le nuove deduzioni del datore di lavoro a sostegno delle sue determinazioni nell’esercizio del potere disciplinare siano precluse dall’operatività del principio di immutabilità della contestazione si snoda in un duplice profilo applicativo, l’uno di tipo ontologico, l’altro di tipo funzionale. Sotto il primo aspetto si deve considerare ravvisabile una modificazione sostanziale dell’originaria contestazione quando le circostanze nuove si configurano come elementi integrativi di una fattispecie astratta di illecito disciplinare prevista in una norma diversa rispetto alla quale sarebbero, invece, insufficienti i fatti originariamente contestati, sicché ne deriva una sorta di progressione” nell’illecito stesso, con necessario assorbimento della diversa e meno grave fattispecie cui tali fatti risultino autonomamente riconducibili. Il secondo - e correlato - aspetto implica che una deduzione tardiva è compatibile con le garanzie del diritto di difesa che il procedimento disciplinare mira ad assicurare al lavoratore incolpato il cui fondamentale rilievo è stato più volte riconosciuto dalla Corte costituzionale v. sent. nn. 204/1982, 427/1989 e 364/ 1991 , soltanto quando riguarda circostanze prive di valore identificativo della fattispecie essa, invece, deve considerarsi preclusa quando si risolve in una immutazione del titolo dell’illecito.