RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 9 GIUGNO 2014, N. 12886 LAVORO LAVORO SUBORDINATO DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO SUBORDINAZIONE POTERI DIRETTIVI. Attività negoziale della parte datoriale Contenuto Gestione concreta del rapporti di lavoro Responsabilità verso il lavoratore Sussistenza Fattispecie in tema di rapporto di lavoro con un’associazione non riconosciuta. Nell’ambito di un rapporto di durata, quale è quello di lavoro, l’attività negoziale della parte datoriale e, quindi, di chi per essa effettivamente agisce non si esaurisce nella stipulazione del contratto di lavoro, ma si realizza anche negli atti di gestione del rapporto, e, in particolare, nell’esercizio dei poteri direttivi e di controllo sulla prestazione dell’attività lavorativa, in modo tale che ne risulti indirizzato e definito concretamente il contenuto dell’obbligazione del prestatore di lavoro. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha ritenuto la responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 38 cod. civ., di due coniugi che, in qualità di legali rappresentanti di un’associazione non riconosciuta, avevano concretamente gestito il rapporto di lavoro di un dipendente dell’associazione . In senso conforme si veda Cassazione 26290/2007 che in fattispecie similare afferma che l a responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, comma secondo, cc per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. In tal senso si veda anche Cassazione 8919/2004 per la quale ai sensi dell’art. 38 cc, non è configurabile responsabilità personale e solidale con l’associazione non riconosciuta, del rappresentante della stessa in ordine agli obblighi retributivi nei confronti dei dipendenti dell’associazione, ove i relativi rapporti di lavoro non siano stati instaurati mediante stipulazione dei relativi contratti dal rappresentante predetto, non valendo a fondare la responsabilità del medesimo ai sensi della citata norma la prova del rapporto previdenziale instaurato con l’ente assicuratore. Sotto diverso ma complementare aspetto, per Cassazione 19568/2013, ai fini della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, l’elemento della subordinazione ossia della sottoposizione al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro costituisce una modalità d’essere del rapporto, desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate da parte del giudice del merito e ciò in particolare nei rapporti di lavoro aventi natura professionale o intellettuale ed indipendentemente da una iniziale pattuizione scritta sulle modalità del rapporto nella qualificazione del rapporto il giudice non può, pertanto, prescindere dal concreto riferimento alle modalità di espletamento dello stesso e in particolare da elementi sussidiari, che egli stesso deve individuare, quali l’autonoma gestione del lavoro da parte del lavoratore, l’assoggettamento o meno a direttive programmatiche, l’accettazione del rischio derivante dal mancato espletamento dell’attività lavorativa al fine di fruire di periodi di riposo. SEZIONE LAVORO 9 GIUGNO 2014, N. 12884 LAVORO LAVORO SUBORDINATO ESTINZIONE DEL RAPPORTO LICENZIAMENTO INDIVIDUALE PER GIUSTA CAUSA. Conversione da parte del giudice, anche d’ufficio ed in sede impugnazione, in licenziamento per giustificato motivo Ammissibilità Condizioni. È ammissibile, anche in sede d’impugnazione, la conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, in quanto le dette causali del recesso datoriale costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l’uno con effetto immediato e l’altro con preavviso. Ne consegue che il giudice senza incorrere in violazione dell’art. 112 Cpc può valutare un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo qualora fermo restando il principio dell’immutabilità della contestazione, e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto attribuisca al fatto addebitato al lavoratore la minore gravità propria di quest’ultimo tipo di licenziamento. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 837/2008 per la quale poiché la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo di licenziamento costituiscono mere qualificazioni giuridiche, devolute al giudice, dei fatti che il datore di lavoro ha posto a base del recesso, la impugnazione della sentenza di primo grado che ha dichiarato la legittimità o illegittimità del licenziamento per sussistenza o insussistenza della giusta causa comprende la minor domanda relativa alla declaratoria della legittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, ed abilita il giudice di appello a pronunciarsi in tal senso anche in mancanza di espressa richiesta della parte, senza che vi sia lesione dell’art. 112 Cpc. Analogamente per Cassazione 27104/2006 la giusta causa e il giustificato motivo soggettivo di licenziamento costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l’uno con effetto immediato e l’altro con preavviso, con il conseguente potere del giudice e senza violazione del principio generale di cui all’art. 112 Cpc di valutare un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo fermo restando il principio dell’immutabilità della contestazione e persistendo la volontà del datore di risolvere il rapporto , attribuendo al fatto addebitato al lavoratore la minore gravità propria di quest’ultimo tipo di licenziamento. Da questo principio consegue che nelle più ampie pretese economiche, collegate dal lavoratore all’annullamento del licenziamento, asserito come ingiustificato, ben può ritenersi compresa quella, di minore entità, derivante da un licenziamento che, pur qualificandosi come giustificato, prevedeva il diritto del lavoratore al preavviso.