RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 17 GENNAIO 2014, N. 903 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DEL RAPPORTO A TEMPO DETERMINATO - SCADENZA DEL TERMINE - PLURALITÀ DI CONTRATTI A TERMINE. Violazione della legge 230/1962, ratione temporis” applicabile - Primo contratto dichiarato illegittimo - Trasformazione in rapporto a tempo indeterminato - Configurabilità - Successivi contratti stipulati a termine - Irrilevanza - Limiti. Nel caso di contratti a termine ripetuti senza soluzione di continuità, stipulati in contrasto con le previsioni della legge 230/1962 ratione temporis” applicabile , se il primo della serie viene dichiarato illegittimo, con conseguente trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, la stipulazione degli altri contratti a termine non incide sulla già intervenuta trasformazione del rapporto, a meno che a risulti provata la esplicita volontà dei contraenti di risolvere il precedente rapporto a tempo indeterminato e di costituire un nuovo rapporto a termine, cioè di porre in essere una novazione contrattuale di cui vanno accertati gli estremi b ovvero, gli intervalli di tempo intercorsi tra i diversi contratti a termine siano di notevole durata e nel loro corso non vi sia stata né prestazione lavorativa né offerta della prestazione da parte del lavoratore, il quale non risulti esser rimasto a disposizione del datore di lavoro, sicché possa presumersi che i diversi intervalli trascorsi o alcuno di essi abbiano spezzato il nesso tra i periodi lavorativi, che pertanto sono da considerare separati, ancorché ciascuno disciplinato dalle norme sul rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Tra i precedenti conformi in argomento si veda Cassazione 16287/2011 per la quale nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sul presupposto dell’illegittima apposizione di un termine a numerosi contratti intervallati da periodi di inattività, é necessario, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo dissenso, che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e comune volontà delle parti di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, con la precisazione che, a tal fine, non è sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto, né l’accettazione del trattamento di fine rapporto e la mancata offerta della prestazione, né la mera ricerca di occupazione a seguito della perdita del lavoro per causa diversa dalle dimissioni la valutazione del significato e della portata del complesso degli elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità, se non sussistono vizi logici o errori di diritto. SEZIONE LAVORO 17 GENNAIO 2014, N. 899 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO. Obbligo del datore di lavoro di far indossare ai lavoratori le cinture di sicurezza, ex art. 2087 cc - Esenzione prevista dall’art. 172 cod. strada, per gli addetti ai servizi di vigilanza privata - Rapporti tra le due norme - Prevalenza dell’art. 172 cod. strada - Fondamento. L’art. 172, comma 8, lett. c , cod. strada, nell’esentare gli appartenenti a servizi di vigilanza privata, che effettuano scorte, dall’obbligo di indossare le cinture di sicurezza, prevale sull’art. 2087 cc da cui può desumersi l’obbligo del datore di lavoro di far indossare quelle cinture ai suoi dipendenti, in quanto la prima è disposizione di ordine speciale, tesa a regolare una specifica attività lavorativa pericolosa”, al fine di consentire una più pronta reazione nel caso di attacchi al mezzo vigilato. Non sussistono precedenti specifici sul tema.