RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 25 NOVEMBRE 2013, N. 26289 PROCEDIMENTI SPECIALI - PROCEDIMENTI IN MATERIA DI LAVORO E DI PREVIDENZA - IN GENERE. Licenziamento - Eccezione di inapplicabilità della tutela reale - Natura - Eccezione in senso lato - Conseguenza - Esercizio dei poteri istruttori d’ufficio - Configurabilità. In materia di licenziamento, l’eccezione di inapplicabilità della tutela reale del lavoratore subordinato ai sensi dell’art. 18 della legge 300/1970 integra una eccezione in senso lato, con la conseguenza che è nella facoltà del giudicante, nell’esercizio dei suoi poteri d’ufficio ex art. 421 Cpc con riferimento ai fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio, ammettere la prova indispensabile per decidere la causa sul punto. Il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato per Sezioni Unite 10531/2013 non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto. Secondo Cassazione 1925/2011, nel rito del lavoro, nel caso in cui nel corso del giudizio di secondo grado sopravvenga un nuovo orientamento in materia di ripartizione dell’onere della prova, legittimamente la corte d’appello decide la causa secondo il nuovo orientamento senza che sussista un suo dovere di rimettere in termini la parte onerata, dovendosi ritenere, peraltro, che, ove la prova si riferisca ad un’eccezione in senso lato - quale l’eccezione di inapplicabilità della tutela reale del lavoratore subordinato ai sensi dell’art. 18 della legge 300/1970 - è nella facoltà del collegio, nell’esercizio dei suoi poteri d’ufficio ex art. 437, secondo comma, Cpc, con riferimento ai fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio, ammettere la prova indispensabile per decidere la causa. In argomento si veda anche Cassazione 6188/2009 per la quale il combinato disposto dell’art. 416, terzo comma, e dell’art. 437, secondo comma, Cpc, deve essere interpretato nel senso che nel rito del lavoro, applicabile, ai sensi dell’art. 447 bis Cpc anche alla controversia locataria, l’omessa indicazione nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, dei documenti, nonché il loro mancato deposito unitamente a detti atti, anche se in questi espressamente indicati, determinano la decadenza dal diritto alla produzione dei documenti stessi, con impossibilità della sua reviviscenza in un successivo grado di giudizio, evidenziandosi, però, che, in materia, deve comunque tenersi conto del potere istruttorio d’ufficio del giudice di cui all’art. 421 Cpc e, in appello, previsto dall’art. 437, comma secondo Cpc , onde la suddetta preclusione riguardante sia le prove costituende che quelle precostituite può essere superata solo nel caso in cui il giudice del rito del lavoro, sulla base di un potere discrezionale, non valutabile in sede di legittimità, ritenga tali mezzi di prova, non indicati dalle parti tempestivamente, comunque ammissibili perché rilevanti ed indispensabili ai fini della decisione nel giudizio di secondo grado. SEZIONE LAVORO 21 NOVEMBRE 2013, N. 26138 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - COMANDI E DISTACCHI. Distacco - Effetti - Novazione soggettiva e costituzione di un nuovo rapporto - Esclusione - Modificazione nell’esecuzione del rapporto originario - Configurabilità - Conseguenze. Il distacco del lavoratore non comporta una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell’esecuzione dello stesso rapporto, nel senso che l’obbligazione del lavoratore di prestare la propria opera viene temporaneamente adempiuta in favore del datore di lavoro, ma in favore del soggetto – cui sono attribuiti i connessi poteri direttivi e disciplinari – presso il quale il datore medesimo ha disposto il distacco del dipendente. In argomento si veda Cassazione 14314/2013 per la quale l a figura del distacco” o comando” del lavoratore comporta un cambio nell’esercizio del potere direttivo - perché il dipendente viene dislocato presso altro datore di lavoro, con contestuale assoggettamento al comando ed al controllo di quest’ultimo - ma non incide sulla titolarità del rapporto, in quanto il datore di lavoro distaccante continua ad essere titolare del rapporto di lavoro, con la conseguenza che il rapporto di lavoro resta disciplinato ai fini economici dalle regole applicabili al datore distaccante. In senso conforme si veda anche Cassazione 4003/2007 che ricorda che prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 del D.Lgs. 276/2003, la figura del distacco” o comando” del lavoratore non era disciplinata dalla legge ma veniva ritenuto che la stessa comportasse un cambio nell’esercizio del potere direttivo perché il dipendente del quale non era richiesto nemmeno il consenso di un datore di lavoro era dislocato presso un altro, con contestuale assoggettamento al comando ed al controllo di quest’ultimo, continuando, tuttavia, il datore di lavoro-distaccante ad essere titolare del rapporto di lavoro. Per Cassazione 7517/2012 la dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all’assunzione del lavoratore e l’effettivo beneficiario della prestazione c.d. distacco o comando è consentita soltanto a condizione che essa realizzi, per tutta la sua durata, uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell’impresa che la dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente con la durata dell’interesse del datore di lavoro allo svolgimento della prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo. Il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi.