RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 16 OTTOBRE 2013 N. 23528 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - SOSPENSIONE DEL RAPPORTO - SCIOPERO - IN GENERE. Sciopero delle mansioni - Nozione - Legittimità - Esclusione. In tema di astensione collettiva dal lavoro, non costituisce legittimo esercizio del diritto di sciopero il rifiuto di rendere la prestazione, per una data unità di tempo, che non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere cd. sciopero delle mansioni , come ad esempio il rifiuto di sostituire un collega assente, nonostante l’obbligo in tal senso previsto dalla contrattazione collettiva. In argomento si veda Cassazione 17995/2003 per a quale non costituisce comportamento antisindacale la condotta della s.p.a. Poste Italiane che, in occasione dell’astensione collettiva dal lavoro straordinario indetta da un’organizzazione sindacale, predisponga lo smaltimento integrale giornaliero della corrispondenza, in conformità alle disposizioni del contratto collettivo, secondo il sistema ad areole”, che richiede, dietro riconoscimento di un premio collegato al raggiungimento dell’obbiettivo, una prestazione ordinaria di maggiore intensità e gravosità da svolgersi nell’ambito dell’orario normale di lavoro settimanale. Ne consegue che l’omesso svolgimento da parte del lavoratore delle prestazioni così richieste costituisce rifiuto parziale di ordinarie” prestazioni lavorative. In argomento si veda anche Cassazione 2282/1987 per la quale in ipotesi di sciopero a scacchiera, ove la prestazione offerta dai lavoratori negli intervalli o nei reparti in cui vi sia astensione dal lavoro risulti, in relazione alla struttura e alla organizzazione dell’impresa, non più proficua ovvero divenga utilizzabile soltanto attraverso l’assunzione di maggiori spese ed oneri, come quelli relativi alla perdita dei prodotti, alla sospensione e alla riattivazione del ciclo produttivo o al mantenimento in funzione degli impianti a vuoto, legittimamente il datore di lavoro rifiuta quella prestazione lavorativa rivelatasi antieconomica e di conseguenza non corrisponde il relativo corrispettivo, verificandosi con ciò una forma di impossibilità di adempimento dell’obbligazione di adibire alle loro normali mansioni i lavoratori medesimi, mentre rimane priva di rilievo la circostanza che l’astensione dal lavoro - attuata nelle suddette forme - non superi i cosiddetti limiti esterni dello sciopero. SEZIONE LAVORO 11 OTTOBRE 2013, N. 23172 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione - Indicazione dei giorni in cui la sanzione deve essere applicata - Comunicazione - Forma scritta - Necessità - Esclusione. In materia disciplinare, la comunicazione dei giorni nei quali la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione deve essere scontata non è vincolata, in mancanza di diversa indicazione contrattuale, ad alcuna formalità. Ne consegue che, comunicata per iscritto l’irrogazione della sanzione della sospensione dal lavoro, l’indicazione dei giorni in cui essa dovrà essere applicata può essere fatta verbalmente dal datore di lavoro. In senso conforme si veda Cassazione 17932/2002 per la quale in tema di rapporto di lavoro subordinato, allorquando la sanzione disciplinare del rimprovero verbale venga fatta per iscritto, la comminazione della stessa deve essere preceduta dalla contestazione dell’addebito. SEZIONE LAVORO 10 OTTOBRE 2013, N. 23063 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - DURATA DEL RAPPORTO - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO - INFORTUNI E MALATTIE. Licenziamento per giustificato motivo oggettivo durante lo stato di malattia - Effetto preclusivo - Nullità del recesso - Esclusione - Temporanea inefficacia - Configurabilità. Lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l’esercizio del potere di recesso quando si tratti di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che, tuttavia, ove intimato, non è invalido ma solo inefficace e produce i suoi effetti dal momento della cessazione della malattia. Per Cassazione 11674/2005, lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l’esercizio del potere di recesso solo quando si tratta di licenziamento per giustificato motivo esso non impedisce, invece, l’intimazione del licenziamento per giusta causa, non avendo ragion d’essere la conservazione del posto di lavoro in periodo di malattia di fronte alla riscontrata esistenza di una causa che non consente la prosecuzione neppure in via temporanea del rapporto. In senso conforme si veda Cassazione 9037/2001 per la quale l’inosservanza del divieto di licenziamento del lavoratore in malattia, fino a quando non sia decorso il cosiddetto periodo di comporto art. 2110, comma secondo, cc , non determina di per sè la nullità della dichiarazione di recesso del datore di lavoro, ma implica, in applicazione del principio della conservazione degli atti giuridici art. 1367 cc , la temporanea inefficacia del recesso stesso fino alla scadenza della situazione ostativa. In argomento si veda anche Cassazione 21253/2012 per la quale lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia.