RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 25 GIUGNO 2013, N. 15941 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - SOSPENSIONE DEL RAPPORTO - IN GENERE. Sospensione per carcerazione preventiva o per custodia cautelare del lavoratore - Diritto alla retribuzione - Perdita - Fondamento - Concorrenza con provvedimento di sospensione cautelare disposto dal datore di lavoro - Principio della cosiddetta priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa - Applicabilità - Esclusione. Lo stato di carcerazione preventiva o di custodia cautelare del lavoratore subordinato non rientra tra le ipotesi, tutelate dalla legge, di impossibilità temporanea della prestazione, quale la malattia e le altre situazioni contemplate dall’art. 2110 cc, e comporta la perdita del diritto alla retribuzione per tutto il tempo in cui si protrae la carcerazione medesima, senza che - ove la detenzione concorra con il provvedimento di sospensione cautelare disposto dal datore di lavoro in pendenza del procedimento penale - possa essere invocato il principio della cosiddetta priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa, secondo il quale si considera prevalente ai fini del trattamento retributivo la causa verificatasi prima, atteso che esso si riferisce unicamente alle suddette cause legali di sospensione con diritto alla retribuzione. In argomento si veda Cassazione 18528/2011 per la quale l o stato di carcerazione preventiva o di custodia cautelare del lavoratore subordinato - che, non rientrando tra le ipotesi, tutelate dalla legge, di impossibilità temporanea della prestazione, quale la malattia e le altre situazioni contemplate dall’art. 2110 cc, comporta la perdita del diritto alla retribuzione per tutto il tempo in cui si protrae la carcerazione medesima - analogamente determina la cessazione del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni cui sia stato ammesso il lavoratore medesimo, trattamento che, per il fatto di sostituirsi alla retribuzione altrimenti dovuta dal datore di lavoro, presuppone la spettanza di questa e l’obbligo di pronta disponibilità del lavoratore sia a riprendere servizio alla chiamata dell’azienda, sia a svolgere lavori socialmente utili o a partecipare a corsi di formazione, che resta inibita dallo stato di carcerazione. Né può essere invocato il principio della cosiddetta priorità della causa sospensiva della prestazione lavorativa, secondo il quale si considera prevalente ai fini del trattamento retributivo la causa verificatasi prima, atteso che esso si riferisce unicamente alle suddette cause legali di sospensione con diritto alla retribuzione. Si veda ancora Cassazione 11934/1995 per la quale la sospensione del rapporto di lavoro in caso di malattia, prevista dall’art. 2110 cc, trova applicazione anche durante il periodo di prova - in particolare ai fini dei computi relativi al superamento o meno di detto periodo -, non sussistendo ragioni idonee a giustificare una contraria conclusione e, al contrario, dovendosi rilevare che durante il periodo di malattia il lavoratore non ha la possibilità di dimostrare le sue capacità ne’ il datore di lavoro quella di accertarle. Invece il periodo di prova non è prorogabile in caso di carcerazione preventiva del lavoratore, dato che in riferimento a tale evento non trova applicazione la norma di cui all’art. 2110, le cui tassative previsioni sottraggono taluni eventi impeditivi della prestazione di lavoro alla disciplina generale in materia di contratti e di recesso del datore di lavoro. SEZIONE LAVORO 14 GIUGNO 2013, N. 15006 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - LIBERTÀ E DIGNITÀ DEL LAVORATORE - SANZIONI DISCIPLINARI. Contestazione dell’addebito - Oggetto - Specificità dei fatti - Necessità - Funzione - Errata indicazione del giorno di commissione del fatto addebitato - Rilevanza - Fattispecie. Nell’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, la contestazione dell’addebito deve esprimersi nell’attribuzione di fatti rilevanti e precisi e di univoco significato, al fine di consentire al lavoratore un’idonea e piena difesa. Ne consegue che l’errata indicazione del giorno in cui sarebbe stato commesso il fatto addebitato assume un valore decisivo ai fini della correttezza della contestazione poiché pregiudica il diritto alla prova spettante all’incolpato. Nella specie, relativa ad una condotta avvenuta nottetempo, l’identificazione esatta del giorno assumeva rilievo ai fini della prova di non essere stato nei luoghi dell’illecito . Sul principio di specificità dell’addebito si veda già Cassazione 13998/2005 che ne ricorda anche la funzione di garanzia a tutela del diritto di difesa del lavoratore cui è preordinata l’immutabilità degli stessi fatti, anche ai fini del pieno svolgimento del contraddittorio. In tema di sanzioni disciplinari a carico del lavoratore subordinato, per Cassazione 5115/2010 il canone della specificità, nella contestazione dell’addebito, non richiede l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi, come accade nella formulazione dell’accusa nel processo penale, assolvendo esclusivamente alla funzione di consentire al lavoratore incolpato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Ne consegue la piena ammissibilità della contestazione per relationem”, quando fatti e comportamenti richiamati, con riferimento alle accuse formulate in sede penale, siano a conoscenza dell’interessato, risultando rispettati, in tale ipotesi, i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio. Tra i precedenti conformi si veda infine Cassazione 7546/2006 per la quale la previa contestazione dell’addebito, necessaria in funzione di tutte le sanzioni disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cc. L’accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un’indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito.