RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 11 FEBBRAIO 2013 N. 3157 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO – OBIETTIVO. Licenziamento di dirigente d'azienda per esigenze di ristrutturazione aziendale - Obbligo di repêchage - Esclusione - Fondamento . LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE. Licenziamento di dirigente di azienda industriale - Art. 22 del c.c.n.l. dei dirigenti settore industria del 16 maggio 1985 - Motivazione contestuale del recesso - Mancanza - Successiva esplicitazione ed integrazione in giudizio delle ragioni giustificatrici del recesso - Possibilità - Condizioni - Conseguenze - Natura arbitrale o giurisdizionale del giudizio - Irrilevanza - Fondamento. In caso di licenziamento del dirigente d'azienda per esigenze di ristrutturazione aziendali è esclusa la possibilità del repêchage in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro. In tema di licenziamento del dirigente di azienda industriale, l'art. 22 del c.c.n.l. di categoria del 16 maggio 1985, pur prevedendo che, in caso di risoluzione ad iniziativa dell'azienda, quest'ultima sia tenuta a specificarne contestualmente la motivazione, non sanziona tale omissione con il riconoscimento dell'indennità supplementare, ma si limita a prevedere che il dirigente, ove ritenga ingiustificato il recesso, possa ricorrere al collegio arbitrale, previsto dall'art. 19 del medesimo contratto collettivo, il quale, nel caso riconosca, all'esito dell'istruttoria, l'ingiustificatezza del licenziamento, può disporre l'attribuzione della suddetta indennità. Ne consegue che, ove la motivazione non sia stata resa con il licenziamento ovvero, risulti insufficiente o generica , il datore di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio ex art. 19, tredicesimo comma, del c.c.n.l. citato, può esplicitarla od integrarla nell'ambito del giudizio arbitrale, e, nell'ipotesi in cui il dirigente abbia scelto, in conformità al principio di alternatività delle tutele nelle controversie del lavoro, di adire direttamente il giudice ordinario, analoghe facoltà vanno riconosciute alla parte datoriale nell'ambito del processo, atteso che, diversamente, la posizione del datore di lavoro verrebbe ad essere compromessa per effetto di una autonoma ed insindacabile determinazione della controparte. Per stabilire se sia giustificato il licenziamento di un dirigente intimato per ragioni di ristrutturazione aziendale, non è dirimente la circostanza che le mansioni da questi precedentemente svolte vengano affidate ad altro dirigente in aggiunta a quelle sue proprie, in quanto quel che rileva è che presso l'azienda non esista più una posizione lavorativa esattamente sovrapponibile a quella del lavoratore licenziato Cassazione 21748/2010. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e per ragioni inerenti l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966, per Cassazione 7046/2011 se il motivo consiste nella generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile, - in relazione al quale non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere, né il criterio dalla impossibilità di repechage - il datore di lavoro deve pur sempre improntare l'individuazione del soggetto o dei soggetti da licenziare ai principi di correttezza e buona fede, cui deve essere informato, ai sensi dell'art. 1175 cod. civ., ogni comportamento delle parti del rapporto obbligatorio e, quindi, anche il recesso di una di esse. Sul tema di cui alla seconda massima si veda Cassazione 1937/2011 per la quale il dirigente di azienda industriale, che, ai sensi degli artt. 19 e 22 del contratto collettivo di categoria 16 maggio 1985, integranti una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, abbia adito il collegio arbitrale, senza che a ciò si sia opposta la controparte, per la determinazione dell'indennità supplementare dovuta in ragione della mancanza di giustificazione del proprio licenziamento, non può salvo che il collegio predetto si sia dichiarato privo di legittimazione a decidere la controversia o che il procedimento non sia pervenuto alla sua conclusione con il lodo o che il relativo patto sia divenuto per qualsiasi ragione inoperante proporre la medesima azione in sede giudiziaria, non essendo abilitato a trasferire unilateralmente la questione davanti al giudice dopo il compimento di atti incompatibili con la volontà di avvalersi di tale tutela ed in mancanza di una volontà del datore di lavoro contraria all'utilizzazione del procedimento arbitrale messo in moto dal dirigente medesimo ove questi, invece, non abbia attivato, la procedura arbitrale, ben può proporre l'azione giudiziaria, in conformità al principio di alternatività delle tutele consentite in relazione alla specificità delle ipotesi delle controversie di lavoro, ai sensi dell'art. 5, primo comma, legge n. 533 del 1973. SEZIONE LAVORO 5 FEBBRAIO 2013, N. 2605 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE PER L’INVALIDITÀ, VECCHIAIA E SUPERSTITI - PENSIONE SOCIALE - SOGGETTI ANZIANI . Lavoratori socialmente utili - Rapporto di lavoro subordinato - Configurabilità - Esclusione - Conseguenze - Responsabilità contrattuale ex art. 2087 cc dell’ente datore di lavoro per l’inosservanza delle norme antinfortunistiche - Esclusione - Responsabilità in via extracontrattuale - Configurabilità - Condizioni. In tema di lavoratori socialmente utili, non può qualificarsi come rapporto di lavoro subordinato l’occupazione temporanea di lavoratori socialmente utili alle dipendenze di un ente comunale per l’attuazione di un apposito progetto, realizzandosi con essa, alla stregua dell’apposita normativa in concreto applicabile, un rapporto di lavoro speciale di matrice essenzialmente assistenziale, inserito nel quadro di un programma specifico che utilizza i contributi pubblici. Ne consegue che in capo all’ente comunale non è configurabile, con riguardo alla suddetta categoria di lavoratori, una responsabilità contrattuale ex art. 2087 cc per l’inosservanza delle norme antinfortunistiche poste a tutela dei dipendenti, potendosi ammettere solo una responsabilità in via extracontrattuale per la mancata adozione delle norme antinfortunistiche, purché il lavoratore socialmente utile ne provi i requisiti soggettivi ed oggettivi. Sul tema si veda Cassazione 2887/2008 secondo cui non può qualificarsi come rapporto di lavoro subordinato l’occupazione temporanea di lavoratori socialmente utili alle dipendenze di un ente comunale per l’attuazione di un apposito progetto, realizzandosi con essa, alla stregua dell’apposita normativa in concreto applicabile, un rapporto di lavoro speciale di matrice essenzialmente assistenziale. Ne consegue che, in difetto della configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, non può trovare applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti, fermo restando tuttavia che lo scioglimento del rapporto di lavoro da parte dell’amministrazione deve essere sempre valutato alla luce dei principi generali di buona fede e correttezza. Con riferimento alle modalità di costituzione del rapporto di lavoro per Cassazione 23928/2010 in materia di lavoratori socialmente utili, il diritto, spettante, ai sensi dell’art. 45, comma 8, della legge 144/1999, in favore dei lavoratori, alla riserva dei posti nelle assunzioni del personale dell’amministrazione, ha ad oggetto non già direttamente l’assunzione, bensì la partecipazione ad un avviamento a selezione, con chiamata nominativa in vista di un inquadramento nei livelli retributivi funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo, non garantendo la norma una automatica stabilizzazione ma solo un percorso riservato per l’accesso al pubblico impiego, e ciò anche quando il numero degli LSU iscritti sia inferiore a quello dei posti loro riservati. Ne consegue che, ove l’amministrazione ometta la chiamata a selezione mettendo tutti i posti a concorso, non sorge il diritto dei lavoratori alla costituzione del rapporto restando necessario l’accertamento del possesso dei requisiti per l’accesso al pubblico impiego.