RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 15 GENNAIO 2013, N. 810 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CONTRATTO COLLETTIVO – INTERPRETAZIONE. Art. 46, comma 5, all. 7 del c.c.n.l. dei ferrovieri del 1 gennaio 1990 - Indennità di chiamata - Funzione - Maggiorazione per lavoro straordinario - Differenze. In tema di lavoro dei ferrovieri, è correttamente motivata la sentenza di merito che, nell’interpretare l’art. 46, comma 5, all. 7 del ccnl di categoria del 1° gennaio 1990, di disciplina dell’indennità di chiamata, ha ritenuto che la funzione degli istituti della reperibilità e della disponibilità sia quella di rendere possibile interventi di carattere eccezionale od occasionale, comunque al di fuori di ciò che era ordinariamente prevedibile, e che la ragione della previsione dell’indennità di chiamata risieda nel fatto che le parti collettive hanno voluto introdurla a compenso di qualcosa di più di ciò che veniva già retribuito con la maggiorazione per lavoro straordinario. Sul tema si veda il consolidato principio espresso tra le altre da Cassazione 2526/2003, secondo cui l’interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ovvero se non siano sorrette da una motivazione coerente, logica e completa. Ancora in tema di rapporto di lavoro del personale ferroviario, si veda Cassazione 8605/2002 per la quale in consonanza con il precetto generale inderogabile degli artt. 2109 cc e 36 della Costituzione che impone di considerare festivo un solo giorno della settimana anche allorquando l’orario di lavoro sia distribuito su cinque giorni , le disposizioni speciali di cui alla legge 591/1969, al Dpr 1372/1971, al Dpr 1188/1977 ed al Dpr 374/1983 recante sostituzione del capo II del Dpr 1372 , evidenziano che ai lavoratori turnisti dev’essere attribuito un solo giorno di riposo settimanale” e che da esso si devono distinguere i giorni di riposto compensativi”, accordati a recupero delle maggiori prestazioni da essi settimanalmente rese, per effetto, da un lato, della concentrazione in cinque giornate dell’orario settimanale di 36 ore e, dall’altro, del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera in dipendenza della organizzazione del servizio in turni di lavoro di 8 ore, per un totale di 40 ore la settimana , di modo che i giorni suddetti non possono considerarsi festivi” o assimilarsi al giorno di riposo settimanale”, in quanto corrispondono a giornate sottratte al lavoro e tuttavia da ricomprendersi nella prestazione lavorativa ordinaria compensata dalla retribuzione contrattuale, essendo le ore di cui si compongono di lavoro ordinario e diventando di riposo perché già lavorate nei giorni precedenti. Anche la disciplina della contrattazione collettiva CCNL del 23 gennaio 1988 e CCNL 18 luglio 1990 , recepisce la suddetta normativa legale e - con il solo limite di garantire ai propri dipendenti un giorno di riposo dopo sei di lavoro e di non protrarre la prestazione lavorativa per un tempo superiore alle 8 ore giornaliere - consente all’ente ferroviario di regolamentare con proprie determinazioni unilaterali, secondo le necessità del servizio, la formazione degli orari e dei turni di lavoro, ivi compresa la possibilità di spostare a data diversa da quella programmata il riposo compensativo” o di chiamare i dipendenti a lavorare nei giorni programmati per detto riposo, senza alcun compenso nel primo caso e corrispondendo loro il compenso per lavoro straordinario feriale nel secondo caso. SEZIONE LAVORO 4 GENNAIO 2013, N. 110 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI E AGENTI DELLE FERROVIE DELLO STATO - TRATTAMENTO ECONOMICO – INDENNITÀ. In genere. Nell’interpretare la norma collettiva, il giudice del merito può limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della disposizione da interpretare soltanto se questo riveli l’intenzione delle parti con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola, dovendo far ricorso, in caso contrario, alla valutazione del comportamento successivo delle parti nell’applicazione della clausola stessa ed alla considerazione di tutti gli altri criteri ermeneutici indicati dagli art. 1362 e seguenti cc. Nella specie, al fine di valutare la portata della clausola contenuta in un accordo aziendale, la corte territoriale aveva negato il diritto dei lavoratori all’attribuzione dei buoni pasto ritenendo necessario il concorso del requisito dell’impossibilità di consumare il pasto la S.C., ritenuta l’equivocità del dato letterale della disposizione, ha ravvisato la necessità di valutare il modo in cui le parti avevano fatto applicazione della corrispondente norma, contenuta nel precedente accordo collettivo e di identico contenuto . In senso conforme, tra le tante si veda Cassazione 6366/2008 per la quale nell’interpretare la norma collettiva, il giudice del merito può limitarsi a ricercare la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della sola clausola da interpretare soltanto se questo riveli l’intenzione delle parti con evidenza tale da non lasciare alcuna perplessità sull’effettiva portata della clausola, dovendo far ricorso, in caso contrario, alla valutazione del comportamento successivo delle parti nell’applicazione della clausola ed alla considerazione di tutti gli altri criteri ermeneutici indicati dagli articoli 1362 e seguenti cc. Nell’interpretazione della disciplina contrattuale collettiva dei rapporti di lavoro, per Cassazione 17168/2012 in presenza di clausole ambigue è legittimo il ricorso al canone ermeneutico dell’interpretazione complessiva, attenendosi al principio secondo cui, tra le interpretazioni possibili, l’interprete deve privilegiare quella che non sia contra legem”, nel senso che non può il contratto collettivo, destinato ad incidere su un istituto legale, contraddire le connotazioni proprie di quest’ultimo.