RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 12 APRILE 2012, N. 5780 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI – TRASFERIMENTI. Rifiuto preventivo espresso dal lavoratore contro un trasferimento giustificato - Demansionamento - Liceità - Esclusione - Fondamento. Il rifiuto preventivo espresso dal lavoratore contro un eventuale trasferimento, pur in presenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive, che ne avrebbero giustificato l’adozione, non autorizza il datore di lavoro a privare il lavoratore medesimo delle sue mansioni, atteso che il demansionamento costituisce extrema ratio” , lecita solo nel caso in cui, disposto il trasferimento, il lavoratore l’abbia ingiustificatamente rifiutato e, quindi, intimato il licenziamento anche in via disciplinare a fronte della mancata accettazione della misura, il prestatore abbia accettato il mutamento peggiorativo delle mansioni per evitare la cessazione del rapporto di lavoro. Secondo Cassazione 4060/2008 il rifiuto del lavoratore di ottemperare al provvedimento del datore di lavoro di trasferimento ad una diversa sede, ove giustificato dalla contestuale assegnazione a mansioni asseritamente dequalificanti, impone una valutazione comparativa, da parte del giudice di merito, dei comportamenti di entrambe le parti, onde accertare la congruità tra le mansioni svolte dal lavoratore nella sede di provenienza e quelle assegnate nella sede di destinazione queste ultime, peraltro, debbono essere vagliate indipendentemente dal loro concreto svolgimento, non essendo accompagnati i provvedimenti aziendali da una presunzione di legittimità che ne imponga l’ottemperanza fino ad un diverso accertamento in giudizio. In argomento si veda anche Cassazione 4771/2004 per la quale il provvedimento del datore di lavoro di trasferimento di sede di un lavoratore che non sia adeguatamente giustificato a norma dell’art. 2103 cc determina la nullità dello stesso e integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione di inadempimento art. 1460 cc , sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti. SEZIONE LAVORO 12 APRILE 2012, N. 5777 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - GIUDIZIO DI RINVIO - PROCEDIMENTO - RIASSUNZIONE - IN GENERE. Qualificazione della causa come controversia di lavoro - Implicita nella sentenza di cassazione - Riassunzione davanti al giudice di rinvio - Forme e termini del rito del lavoro - Osservanza – Necessità. In caso di annullamento con rinvio, ove la sentenza di cassazione qualifichi la causa univocamente, seppur implicitamente, come controversia di lavoro, in quanto la sentenza sia pronunciata dalla Sezione lavoro della Corte, nonché riferita alla remunerazione” del prestatore d’opera e alla contrattazione collettiva di settore, la riassunzione davanti al giudice di rinvio deve seguire il rito del lavoro, essendo quindi tardiva se eseguita con atto di citazione depositato in cancelleria oltre il termine ex art. 392 Cpc, a nulla rilevando l’anteriore notifica alle parti. Il processo erroneamente introdotto con il rito ordinario è regolato dal rito speciale non dal momento in cui ne viene statuita la natura, bensì dal momento in cui il giudizio ha inizio in applicazione del relativo rito, in quanto in precedenza rileva il rito adottato dal giudice che, a prescindere dalla sua esattezza, costituisce per la parte il criterio di riferimento, anche ai fini del computo dei termini previsti per le attività processuali. Ne consegue che si applica la sospensione feriale al termine di sei mesi previsto per la riassunzione, innanzi al giudice del lavoro indicato quale competente, del giudizio proposto innanzi al giudice civile dichiaratosi incompetente Cassazione 24412/2008. Alla controversia che, pur non riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dall’art. 409 o dall’art. 442 Cpc, sia stata trattata con il rito del lavoro, non è applicabile il regime della sospensione dei termini di impugnazione nel periodo feriale, giacché il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia, indipendentemente dall’esattezza della relativa valutazione, e perciò detto rito costituisce per le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell’impugnazione, secondo il regime previsto dall’art. 3 della legge 742/1969 Cassazione 24649/2007. SEZIONE LAVORO 11 APRILE 2012, N. 5711 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - SOSPENSIONE DEL RAPPORTO - IN GENERE. Sospensione disposta unilateralmente ed erroneamente dal datore di lavoro - Illegittimità - Conseguenze - Obbligo retributivo - Sussistenza - Costituzione in mora credendi” - Necessità - Esclusione. La sospensione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato può avere luogo solo nei casi previsti dalla legge, sicché il datore di lavoro che unilateralmente sospenda il rapporto sulla base di proprie erronee convinzioni nella specie, circa la sussistenza di una clausola di part time” verticale è tenuto a corrispondere le pertinenti retribuzioni, senza necessità di un atto di messa in mora da parte del lavoratore. In senso conforme si è espressa Cassazione 10236/2009 per la quale in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, ove il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa sia illegittimo, è questo stesso atto negoziale unilaterale, con il rifiuto di accettare la prestazione lavorativa, a determinare la mora credendi” del datore di lavoro ne consegue che il lavoratore non è tenuto ad offrire la propria prestazione ed il datore medesimo è tenuto a sopportare il rischio dell’estinzione dell’obbligo di esecuzione della prestazione. In argomento si veda anche Cassazione 7524/2009 per la quale in presenza di situazioni di permanenza giuridica del rapporto di lavoro, privo tuttavia di funzionalità di fatto, l’onere del lavoratore di offrire la prestazione presuppone necessariamente che non sia configurabile mora credendi” del datore di lavoro come avviene, ad esempio, alla scadenza di un termine apposto invalidamente al contratto, siccome l’adempimento è appunto necessario per determinare la mora nel caso, invece, del provvedimento del datore di lavoro negozio giuridico unilaterale , come la sospensione del rapporto per collocamento in cassa integrazione guadagni, non conforme a legge, è questo atto, con il rifiuto di accettare la prestazione, che lo costituisce in mora, con la conseguenza che deve sopportare il rischio dell’estinzione dell’obbligo di eseguire la prestazione.