RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 28 FEBBRAIO 2012, N. 3042 PROCEDIMENTO CIVILE - TERMINI PROCESSUALI - IN GENERE. Overrulling” - Applicabilità della precedente giurisprudenza consolidata c.d. prospective overruling” - Esclusione - Ragioni - Risalenza del mutamento di giurisprudenza - Rilevanza - Fattispecie. In tema di overrulling” non ricorrono i presupposti per escludere l’applicazione di una decadenza processuale ove dal deposito della pronuncia che ha mutato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità siano trascorsi sei mesi, poiché, pur tenendo conto dei normali tempi tecnici di memorizzazione di tale precedente nella banca dati della Suprema Corte di cassazione consultabile in rete, deve ritenersi che la parte abbia avuto a sua disposizione un arco temporale sufficiente a tener conto della nuova giurisprudenza e, conseguentemente, a prevenire il verificarsi della menzionata decadenza. Nella specie, la parte aveva invocato in suo favore la giurisprudenza di legittimità che, prima del luglio del 2008, affermava l’applicabilità, nel rito del lavoro, del disposto di cui all’art. 291, Cpc, all’ipotesi di omessa notifica del ricorso e conseguente decreto di fissazione dell’udienza, mentre l’omessa notifica era intervenuta successivamente . Per Cassazione 3030/2011 è inammissibile il ricorso per cassazione proposto secondo il rito penale avverso l’ordinanza di rigetto dell’opposizione alla liquidazione del compenso spettante ad un consulente tecnico d’ufficio nell’ambito di un procedimento penale. Ove, poi, la parte abbia chiesto di essere rimessa in termini al fine di poter proporre detto ricorso secondo le forme del codice di procedura civile, per potersi così adeguare al mutato orientamento della giurisprudenza di legittimità, determinatosi per effetto di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte intervenuta come nella specie , due mesi prima della proposizione del ricorso stesso, tale istanza non può trovare accoglimento, giacché il testo integrale della pronuncia era già disponibile nel Servizio Novità del sito web della Corte di Cassazione istituzionalmente rivolto, in base a decreto del Primo Presidente, proprio a dare risalto alle più importanti decisioni di legittimità , unitamente ad un abstract” estratto a cura dell’ufficio del Massimario, quasi un mese prima della proposizione del ricorso medesimo, dovendo, quindi, ritenersi irrilevante, ai fini della scusabilità dell’erronea scelta del rito, confidando sul pregresso orientamento giurisprudenziale, che la pronuncia non risultasse pubblicata sulle più note e diffuse riviste giuridiche. Sul mutamento di giurisprudenza sull’interpretazione di una norma processuale in materia di decadenze o preclusioni si vedano Sezioni Unite 15144/2011 secondo cui ove l’ overruling” si connoti del carattere dell’imprevedibilità per aver agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso , si giustifica una scissione tra il fatto e cioè il comportamento della parte risultante ex post” non conforme alla corretta regola del processo e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che - in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo art. 111 Cost. , volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito - deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’ overruling” nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo. Ne consegue ulteriormente che, in siffatta evenienza, lo strumento processuale tramite il quale realizzare la tutela della parte va modulato in correlazione alla peculiarità delle situazioni processuali interessate dall’ overruling”. SEZIONE LAVORO 28 FEBBRAIO 2012, N. 3034 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DI ENTI PUBBLICI IN GENERE - RAPPORTO DI IMPIEGO - TRATTAMENTO ECONOMICO E DI QUIESCENZA. Principio di parità di trattamento - Previsione di progressioni economiche diverse per lavoratori della stessa area, ma con qualifiche diverse - Legittimità. Il principio di parità di trattamento tra i lavoratori, sancito dall’art. 45 del D.Lgs. 165/2001, impone alla P.A. di remunerare in modo uguale i lavoratori che svolgano uguali mansioni. Ne consegue la legittimità della previsione del contratto collettivo che accordi ai lavoratori in posizione intermedia una progressione economica diversa e deteriore rispetto a quella prevista per i lavoratori della medesima area ma addetti a posizioni apicali od iniziali. In senso conforme si veda Cassazione 5139/2011 secondo cui in materia di pubblico impiego contrattualizzato, i contratti individuali di lavoro sono validi e conservano la loro validità purché rispettino il principio di parità di trattamento ex art. 45, comma 2, D.Lgs. 165/2001, non potendo attribuire al singolo lavoratore un beneficio negato dal contratto collettivo per l’intera categoria di lavoratori. Ne consegue che ove il beneficio sia stato prima attribuito dal contratto collettivo e, successivamente, negato dal contratto di interpretazione autentica, stipulato ai sensi dell’art. 64, comma 2, D.Lgs. 165/2001 ed avente efficacia retroattiva, il lavoratore non può conservare il miglior trattamento attribuitogli ancorché recepito nel contratto individuale. Per Cassazione 22437/2011 l’art. 13 del ccnl comparto Ministeri 1998-2001 e l’art. 17 ccnl Agenzie fiscali 2002-2005, che, inserendo i dipendenti della ex IX qualifica funzionale nell’area contrattuale C, distinguono, in termini retributivi, il personale in questione da quello appartenente al soppresso ruolo generale a esaurimento di ispettore generale o direttore di divisione, in coerenza con la norma transitoria contenuta nell’art. 69, D.Lgs. 165/2001, non si pongono in contrasto con norme imperative, dovendosi escludere violazioni del principio di non discriminazione previsto dall’art. 45, D.Lgs. 165/2001, che non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti di singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative. Né, in senso contrario, valgono le indicazioni della sentenza 103/1989 della Corte costituzionale, restando estranee dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva in materia di classificazione professionale dei lavoratori, le quali, per definizione, essendosi perfezionate in contraddittorio, escludono che al soggetto in posizione subalterna sia mancata la possibilità di far valere ragioni contro scelte arbitrarie del soggetto in posizione preminente. Analogo principio di parità di trattamento non opera invece nel rapporto di lavoro privato nel quale ambito Cassazione 23273/2007 ha ritenuto che agli effetti della tutela apprestata dall’art. 2103 cc, che attribuisce al lavoratore utilizzato per un certo tempo dal datore di lavoro in compiti diversi e maggiormente qualificanti rispetto a quelli propri della categoria di appartenenza il diritto non solo al trattamento economico previsto per l’attività in concreto svolta, ma anche all’assegnazione definitiva a tale attività ed alla relativa qualifica, in mancanza di un principio generale di parità di trattamento in materia di lavoro, non assume alcun rilievo giuridico l’eventuale identità fra le mansioni svolte e quelle proprie di altri lavoratori della stessa azienda che abbiano già ottenuto la stessa qualifica, ma solo la riconducibilità delle mansioni svolte alla qualifica invocata.