RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 1 LUGLIO 2011, N. 14507 PROCEDIMENTI SPECIALI - PROCEDIMENTI IN MATERIA DI LAVORO E DI PREVIDENZA - CONTROVERSIE ASSOGGETTATE - RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO PRIVATO. Controversia relativa a lesioni dell'integrità fisica del lavoratore per violazione degli obblighi del datore di lavoro ex art. 2087 cc - Natura previdenziale - Esclusione - Conseguenza in tema di interessi e rivalutazione ex art. 429 Cpc. La domanda proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro volta a conseguire il risarcimento del danno sofferto per la mancata adozione, da parte dello stesso datore, delle misure previste dall'art. 2087 cc, non ha natura previdenziale perché non si fonda sul rapporto assicurativo configurato dalla normativa in materia, ma si ricollega direttamente al rapporto di lavoro, dando luogo ad una controversia di lavoro disciplinata quanto agli accessori del credito dal secondo comma dell'art. 429 Cpc. Ne consegue che non opera il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione stabilito per i crediti previdenziali dall'art. 16, sesto comma, della legge 412/1991. Negli stessi termini si veda Cassazione 3213/2004. Tra le conformi più risalenti si veda Cassazione 12604/1997per la quale la domanda proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro volta a conseguire il risarcimento del danno differenziale rispetto a quanto erogato dall'INAIL sofferto per la mancata adozione, da parte dello stesso datore, delle misure previste dall'art. 2087 cc, dà luogo ad una controversia soggetta al rito del lavoro, restando irrilevante l'eventuale invalidità del contratto per violazione delle norme in tema di età minima di ammissione al lavoro. In argomento Cassazione 2450/2001 afferma che per controversie relative a rapporti di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 409 n. 1 Cpc, devono intendersi non solo quelle relative ad obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro, ma tutte le controversie, in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente a detto rapporto, nel senso che questo, pur non costituendo la causa petendi di tale pretesa, si presenti come antecedente e come presupposto necessario e non meramente occasionale della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale, come nel caso di domanda di risarcimento del danno derivante da infortunio sul lavoro. SEZIONE LAVORO 30 GIUGNO 2011, N. 14439 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - PERIODO DI RIPOSO - RIPOSO SETTIMANALE. Reperibilità passiva - Assenza di riposo settimanale - Conseguenze - Diritto al risarcimento del danno - Condizioni - Onere di provare l'usura psico-fisica - A carico del lavoratore - Necessità - Fondamento. La reperibilità passiva del lavoratore in giorno festivo, consistente nell'obbligo di mera disponibilità ad un'eventuale prestazione lavorativa, non seguita dal godimento del riposo compensativo, non è idonea, di per sé sola, ad incidere sul tessuto psico-fisico del lavoratore medesimo in modo tale da configurare un danno in re ipsa , atteso che il disagio patito per la reperibilità nel giorno festivo non seguita da effettiva attività lavorativa è già monetizzato dalla contrattazione collettiva. Ne consegue che, contrariamente alla diversa ipotesi della reperibilità attiva, in questo caso deve essere il lavoratore ad allegare specificamente e a provare, anche per presunzioni semplici, che la mera reperibilità passiva non seguita da riposo abbia inciso sul piano psico-fisico fino al punto di provocare un danno alla salute. In argomento si veda Cassazione 27477/2008 per la quale la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa. Il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, pertanto, limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta - salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva - il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall'art. 36 Cost. Per quanto attiene al profilo risarcitorio si veda Cassazione 3298/2002 per la quale nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda in giudizio l'accertamento di un diritto avente ad oggetto non già una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione, bensì il risarcimento di un danno patito per effetto di un'adempienza contrattuale, quale il danno da usura psico-fisica provocato dal mancato godimento del riposo settimanale, la deduzione - da parte del datore di lavoro - dell'avvenuto risarcimento, mediante la previsione nella contrattazione collettiva di adeguate concessioni, comporta per lo stesso datore di lavoro l'onere di provare la effettiva sussistenza di tali benefici contrattuali e la idoneità di questi a fornire l'integrale ristoro del mancato recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore. SEZIONE LAVORO 28 GIUGNO 2011, N. 14296 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE CONTRO LE MALATTIE - MATERNITÀ. Piccola colonia - Coltivatrici dirette - Indennità giornaliera di maternità - Presupposti - Iscrizione negli elenchi dei coltivatori diretti - Necessità. In tema di rapporti di piccola colonia, la concessione alle coltivatrici dirette dell'indennità giornaliera di maternità, prevista dall'art. 1 legge 546/1987, presuppone che al momento in cui si verifica l'evento indennizzabile la lavoratrice risulti iscritta negli elenchi dei coltivatori diretti, posto che la costituzione del rapporto previdenziale avviene solo con l'iscrizione negli appositi elenchi di categoria, ai sensi dell'art. 11 legge 9/1963, come modificato dall'art. 63 legge 153/1969. In senso conforme tra i precedenti si veda Cassazione 3192/2001 e Cassazione 6721/1999 per la quale il diritto delle lavoratrici agricole alle indennità giornaliere previste dall'art. 15 della legge 1204/1971 tutela delle lavoratrici madri sussiste quando l'inizio del periodo di astensione obbligatoria e l'esercizio della facoltà di assentarsi dal lavoro siano posteriori all'operatività della copertura assicurativa, la quale decorre dall'iscrizione in un elenco principale - sussistendo in tal caso per l'intero anno in cui permane tale iscrizione - o, in attesa della compilazione dell'elenco principale ed in caso di non iscrizione in quello dell'anno precedente, dalla data alla quale, dal certificato provvisorio o dall'eventuale iscrizione in elenco suppletivo, sia fatto risalire il diritto all'iscrizione. Quanto alla durata delle dette indennità, mentre in ipotesi di astensione obbligatoria, l'indennità va corrisposta per tutto il relativo periodo, anche se questo continui oltre l'anno di efficacia degli elenchi, in caso di assenza facoltativa il diritto all'indennità della lavoratrice si estingue con lo scadere del periodo di efficacia dell'elenco in cui essa si trovi iscritta, salvo che la medesima, avendo compiuto nello stesso anno più di cinquantuno giornate lavorative, abbia maturato i requisiti per l'iscrizione nell'elenco principale destinato a pubblicazione nell'anno successivo.