RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 12 GENNAIO 2011, N. 548 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - SOSPENSIONE DEL RAPPORTO - SCIOPERO - IN GENERE. Obbligo contrattuale di sostituzione di collega assente - Prestazione aggiuntiva - Astensione collettiva da tale prestazione - Sciopero - Configurabilità' - Esclusione - Conseguenze - Sanzioni disciplinari - Legittimità. In tema di astensione collettiva dal lavoro e con riferimento al caso in cui un accordo collettivo contenga una disposizione che obblighi il dipendente a sostituire, oltre la sua prestazione contrattuale già determinata, in quota parte oraria, un collega assente, remunerandolo con una quota di retribuzione inferiore alla maggiorazione per lavoro straordinario, la relativa astensione collettiva da tale prestazione non attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero, ma costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali, sicché non sono di per sé illegittime le sanzioni disciplinari irrogate dal datore ai dipendenti che hanno rifiutato la prestazione aggiuntiva loro richiesta e il comportamento datoriale non è antisindacale. Sui limiti del diritto di sciopero si veda Cassazione 10624/2006 secondo cui il diritto di iniziativa economica dell'imprenditore, pur essendo costituzionalmente garantito art. 41 Cost. e sussistente anche in presenza di uno sciopero indetto dai lavoratori, trova in quest'ultimo il suo limite, nel senso che il datore di lavoro conserva il diritto di continuare a svolgere legittimamente la propria attività aziendale nella misura in cui, in concomitanza con l'astensione in atto dei dipendenti, non superi i limiti normativamente previsti. Nell'ambito di questo svolgimento, pertanto, il contingente affidamento delle mansioni, svolte da lavoratori in sciopero, a dipendenti non partecipanti allo sciopero, diventa illegittimo ove avvenga in violazione di una norma di legge o di norma collettiva, con la conseguente tutelabilità, da parte dei lavoratori, del loro diritto attraverso il rimedio della repressione della condotta antisindacale datoriale. Pertanto, ove con contratto aziendale si sia convenuta la possibilità di stipulare con lavoratori a tempo indeterminato dipendenti da altro datore contratti a termine per prestazioni nei giorni di sabato e domenica, il disporre che i lavoratori, concretamente assunti con tali contratti, lavorino in altro giorno ed al fine di sostituire i lavoratori in sciopero, configura un comportamento lesivo dello stesso diritto di sciopero. Ugualmente assume tale connotazione anche lo svolgimento di lavoro supplementare, disposto sempre per sostituire lavoratori in sciopero, assegnato a lavoratori part-time a tempo determinato, in contrasto con la norma - di cui all'art. 3, comma tredicesimo, del D.Lgs. 61/2000 - che prevede tale prestazione solo per lavoratori a tempo indeterminato. Per Cassazione 20164/2007 invece non costituisce attività antisindacale la condotta del datore di lavoro che, in occasione di uno sciopero, nell'intento di limitarne le conseguenze dannose, adibisca il personale rimasto in servizio alle mansioni dei lavoratori scioperanti, poiché nel bilanciamento del diritto di libera iniziativa economica dell'imprenditore e del diritto di sciopero, quest'ultimo non può dirsi leso quando il primo sia esercitato senza violare norme poste a tutela dei lavoratori. SEZIONE LAVORO 11 GENNAIO 2011, N. 461 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - LAVORO A DOMICILIO - IN GENERE. Disciplina prevista dalla legge 877/1973 - Lavoratore a domicilio autonomo e subordinato - Distinzione - Elementi rilevanti - Possibilità di negoziare le singole commesse in relazione alle caratteristiche del lavoro ed al prezzo - Non ostatività alla configurazione di lavoro subordinato - Condizioni - Fattispecie. Ai fini della qualificazione del lavoro a domicilio come autonomo o subordinato - secondo la configurazione risultante dalla disciplina contenuta nella legge 877/1973, che, nel superare la distinzione fra lavoro a domicilio autonomo e subordinato, ha innovato rispetto a quella prevista dalla legge 264/1958 - assume rilevanza la possibilità attribuita al lavoratore di accettare o rifiutare le singole commesse, all'esito di trattative concernenti le caratteristiche del lavoro ed il prezzo da stabilire di volta in volta, dovendosi accertare, in particolare, se tale possibilità di negoziazione sia limitata in ambiti prefissati dal contratto di lavoro, inserendosi in esso quale modalità di esecuzione, ovvero sia espressione di una realtà incompatibile con il lavoro subordinato, configurandosi, in tal caso, tanti contratti di lavoro autonomo per quante sono le singole commesse. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva qualificato quale rapporto di lavoro subordinato a domicilio il rapporto intercorrente tra una società ed alcune lavoratrici, valorizzando, fra l'altro, l'inserimento delle predette nel ciclo produttivo aziendale, l'assenza di concreti margini di discrezionalità delle stesse nell'esecuzione del lavoro, la correlazione del compenso al tipo di pezzo da lavorare e la determinazione da parte della società dei tempi di consegna . Perché possa reputarsi integrata la fattispecie di lavoro a domicilio, secondo i requisiti dettati dall'art. 1 della legge 877/1973 come modificato dall'art. 2 della legge 858/1980 , secondo Cassazione 21954/2007 occorre, anzitutto, che il prestatore esegua il lavoro, nel proprio domicilio oppure in un locale di cui abbia la disponibilità, personalmente ovvero anche con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata o di apprendisti, nonché sia tenuto ad osservare le direttive dell'imprenditore per quel che riguarda le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere, e che, inoltre, il datore di lavoro possa fare affidamento sulla prestazione del lavorante a domicilio, prestazione che si inserisce così nel ciclo produttivo aziendale e diviene elemento integrativo dell'attività imprenditoriale. In senso conforme si veda anche Cassazione 22129/2006 per la quale in tale tipologia lavorativa il vincolo di subordinazione si configura come inserimento dell'attività del prestatore nel ciclo produttivo dell'azienda, del quale la prestazione lavorativa resa, pur se in ambienti esterni e con mezzi e attrezzature anche propri del lavoratore stesso, ed eventualmente con l'ausilio dei suoi familiari purché conviventi e a carico, diventa parte integrante tale integrazione si esprime non solo con l'obbligo di seguire analitiche e vincolanti indicazioni dell'azienda, bensì con l'ineludibile obbligo di lavorare, atteso che la configurabilità di una subordinazione, sia pure attenuta, deve escludersi allorquando, invece, il lavoratore goda di piena libertà di accettare o rifiutare il lavoro commessogli ovvero abbia piena discrezionalità in ordine ai tempi di consegna del lavoro, dovendosi comunque precisare che nei casi in cui l'accertamento e la valutazione delle modalità della prestazione lascino spazi di incertezza e ambiguità è utile avere riguardo anche alla volontà delle parti, espressa nella regolamentazione del loro rapporto e che in difetto di sufficienti indici rivelatori della sussistenza di un vincolo di subordinazione, il cui onere probatorio incombe a chi lo deduce, deve essere esclusa l'applicabilità al lavoro a domicilio della disciplina del lavoro subordinato. SEZIONE LAVORO 10 GENNAIO 2011, N. 308 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - DIRITTI ED OBBLIGHI DEL DATORE E DEL PRESTATORE DI LAVORO - SUBORDINAZIONE - SANZIONI DISCIPLINARI. Dipendenti postali - Recapito della corrispondenza con il sistema detto ad areola in sostituzione del collega assente - Rifiuto della prestazione per impossibilità di provvedere, nell'arco dell'orario settimanale, alla consegna integrale della corrispondenza di competenza e aggiuntiva - Onere probatorio a carico delle parti - Ripartizione. In tema di inadempimento della prestazione lavorativa da parte di dipendenti postali, tenuti al recapito della corrispondenza con il sistema detto ad areola , in sostituzione del collega assente, mentre la società datrice di lavoro ha l'onere di provare che tra le prestazioni che il lavoratore è tenuto a svolgere vi sia anche quella di consegnare la corrispondenza, pro quota, del collega assente, assegnatario di altra zona della medesima areola, il lavoratore che non ha reso la specifica prestazione ha l'onere di provare che il suo rifiuto non costituisce inadempimento parziale della prestazione lavorativa, non essendo possibile provvedere, nell'arco del normale orario settimanale, alla consegna integrale della corrispondenza di competenza aggiuntiva, tenuto conto della quantità della stessa. In tema di prestazioni di lavoro straordinario, il principio secondo cui, essendo rimesso alla discrezionalità del datore di lavoro il potere di richiedere le dette prestazioni, grava sul lavoratore l'onere di provare, a giustificazione del proprio rifiuto di corrispondere alla richiesta, una inaccettabile arbitrarietà della medesima, avendosi altrimenti inadempimento sanzionabile disciplinarmente, non è applicabile nel caso in cui sia il datore di lavoro ad agire in giudizio per l'accertamento della legittimità della sanzione disciplinare, incombendo, in tal caso, su di lui l'onere di provare di aver esercitato il proprio potere discrezionale secondo le regole di correttezza e buona fede poste dagli artt. 1175 e 1375 cc, nel contenuto determinato dall'art. 41, comma secondo, Cost. Cassazione 17644/2009. Sotto altro profilo Cassazione 9709/2002 ha ritenuto che non costituisce comportamento antisindacale la condotta della s.p.a. Poste Italiane che, in occasione dell'astensione collettiva dal lavoro straordinario indetta da un'organizzazione sindacale, predisponga lo smaltimento integrale giornaliero della corrispondenza, in conformità alle disposizioni del contratto collettivo, secondo il sistema ad areole , che richiede, dietro riconoscimento di un premio collegato al raggiungimento dell'obbiettivo, una prestazione ordinaria di maggiore intensità e gravosità da svolgersi nell'ambito dell'orario normale di lavoro settimanale. Ne consegue che l'omesso svolgimento da parte del lavoratore delle prestazioni così richieste costituisce rifiuto parziale di ordinarie prestazioni lavorative. SEZIONE LAVORO 3 GENNAIO 2011, N. 65 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - COSTITUZIONE DEL RAPPORTO - DURATA DEL RAPPORTO - A TEMPO DETERMINATO - IN GENERE. Termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro - Azione di nullità e di condanna al risarcimento del danno - Impugnazione sulla sola declaratoria di nullità - Conseguenze - Giudicato sul risarcimento del danno - Formazione - Sopravvenienza della norma retroattiva dell'art. 32, comma 5, della legge 183/2010 - Applicabilità - Esclusione. In tema di rapporto di lavoro a termine, l'applicazione retroattiva dell'art. 32, quinto comma, della legge 183/2010 - il quale ha stabilito che, in caso di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità onnicomprensiva compresa tra 2, 5 e 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 8 della legge 604/1966 -, prevista dal successivo settimo comma del medesimo articolo in relazione a tutti i giudizi, compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della legge, trova limite nel giudicato formatosi sulla domanda risarcitoria a seguito dell'impugnazione del solo capo relativo alla declaratoria di nullità del termine, e non anche della ulteriore statuizione relativa alla condanna al risarcimento del danno, essendo quest'ultima una statuizione avente individualità, specificità ed autonomia proprie rispetto alle determinazioni concernenti la natura del rapporto. La massima fa applicazione del principio di diritto affermato da Sezioni Unite 16193/2010 per le quali nelle ipotesi in cui la tutela giurisdizionale sia chiesta per fasi progressive, la decisione di merito emessa nel giudizio primario vale a fissare la giurisdizione del giudice che tale decisione ha emesso anche per i giudizi direttamente dipendenti. Ne consegue che, dopo che sia stata pronunciata condanna generica al risarcimento del danno, non è ammissibile neppure il regolamento preventivo di giurisdizione nel corso del giudizio diretto alla liquidazione del danno stesso, restando irrilevante altresì l'entrata in vigore di uno jus superveniens determinante un nuovo criterio di riparto della giurisdizione nella specie, per la trasformazione del debitore da soggetto pubblico a privato , che non dispiega alcun effetto di fronte ad un giudicato sostanziale, il quale, comportando che sul medesimo rapporto non abbiano a pronunciare giudici appartenenti ad ordini diversi di giurisdizione, prevale sull'applicabilità del diritto sopravvenuto. Ancora sul punto si veda Cassazione 21382/2008 secondo cui lo ius superveniens è applicabile d'ufficio in ogni stato e grado, salvo che sulla questione controversa non si sia formato il giudicato interno ne consegue che qualora, nelle more del giudizio in appello, venga introdotta una nuova norma che modifichi la materia sub iudice , e di essa il giudice dell'appello non tenga conto, è necessario che la parte, per evitare che si produca una preclusione, alleghi specificamente, con i motivi di ricorso in cassazione, l'applicabilità della nuova normativa. SEZIONE LAVORO 3 GENNAIO 2011, N. 37 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTA CAUSA. Fatto addebitato al lavoratore costituente in astratto illecito penale - Idoneità a costituire giusta causa o giustificato motivo di licenziamento - Sussistenza - Valutazione disciplinare del fatto e valutazione penalistica - Indipendenza - Mancata attivazione del processo penale - Irrilevanza - Fattispecie in tema di uso indebito della abilitazione informatica. Ai fini della legittimità del licenziamento disciplinare irrogato per un fatto astrattamente costituente reato, non rileva la valutazione penalistica del fatto né la sua punibilità in sede penale, né la mancata attivazione del processo penale per il medesimo fatto addebitato, dovendosi effettuare una valutazione autonoma in ordine alla idoneità del fatto a integrare gli estremi della giusta causa o giustificato motivo del recesso. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, con la quale era stata ritenuta la legittimità della sanzione disciplinare espulsiva irrogata a dipendente che aveva fatto indebito uso della propria abilitazione - password - per inserire nel sistema informatico della società dati relativi alla propria posizione retributiva, onde ottenere l'accreditamento di spettanze non dovute . In senso conforme si veda Cassazione 20731/2007. Sotto altro profilo, sempre attinente a rapporto tra giudizio penale e procedimento disciplinare si veda Cassazione 21159/2010 per la quale la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato, nel giudizio disciplinare, con riguardo all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della sua commissione da parte dell'imputato tale efficacia si riferisce a tutti i profili del fatto, quale obiettivamente accertato in sede penale, e non è certamente esclusa dalla attribuzione della responsabilità penale - nella specie, per il reato di falsità ideologica continuata commessa da un ufficiale giudiziario in atti del suo ufficio - a titolo di concorso morale, che, pertanto, assume il carattere di indiscutibile presupposto giuridico quanto alla illiceità della condotta ed alla commissione del fatto. SEZIONE LAVORO 3 GENNAIO 2011, N. 30 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - RETRIBUZIONE - LAVORO STRAORDINARIO, NOTTURNO, FESTIVO E NEL PERIODO FERIALE. Lavoratori a paga fissa - Giornate lavorative coincidenti con festività diverse da quelle nazionali - Compenso aggiuntivo - Spettanze - Fonte normativa - Contratto collettivo - Criterio di calcolo - Parametro retributivo di riferimento. In tema di compenso per le festività infrasettimanali, il compenso aggiuntivo, previsto dall'art. 5, terzo comma ultima parte , della legge 260/1949, come modificato dalla legge 90/1954 corrispondente all'aliquota giornaliera , spetta al lavoratore retribuito in misura fissa senza distinzione nell'ambito delle categorie previste dall'art. 2095 cc e si riferisce alle giornate di festività nazionali cadenti di domenica non lavorate e anche alle altre festività indicate dalla legge, in ragione del fatto che l'art. 3 della legge 90/1954 prevede la suddetta estensione unicamente in favore dei lavoratori, dipendenti da privati, retribuiti in misura non fissa. Ne consegue che, per il trattamento retributivo riguardante le festività diverse da quelle nazionali, in assenza di una disciplina legale, occorre riferirsi a quella della contrattazione collettiva, la quale - per i dipendenti dell'AMA - prevede artt. 12 e 30, quinto comma, del CCNL Federambiente del 1° ottobre 1991 una nozione retribuzione globale , il cui significato viene nel medesimo contratto individuato nella somma della retribuzione individuale e delle indennità aventi carattere fisso e continuativo, che non comprende i ratei delle mensilità aggiuntive, gli EDR e la c.d. indennità di anzianità pregressa. Ai sensi della normativa citata nella massima Cassazione 17764/2004 ritiene che il compenso aggiuntivo corrispondente all'aliquota giornaliera ivi previsto per il caso di coincidenza con la domenica delle quattro festività nazionali spetta al lavoratore retribuito in misura fissa il quale in tali giorni abbia riposato, e non può ritenersi esteso anche alle altre festività, atteso che l'art. 3 della legge 90/1954 prevede la suddetta estensione soltanto in favore dei lavoratori, dipendenti dai privati e retribuiti non in misura fissa ne' la differenza di trattamento tra i lavoratori retribuiti ad ore e quelli retribuiti in maniera fissa può suscitare dubbi di illegittimità costituzionale, in relazione all'art. 3 Cost., in quanto trattasi di situazioni non omogenee in relazione alle diverse modalità di prestazione del lavoro e di calcolo delle rispettive retribuzioni. Per Cassazione 17136/2002 con riferimento ai lavoratori delle Ferrovie dello Stato che prestano servizio con orario di lavoro strutturato secondo un turno rotativo , caratterizzato dalla fruizione di un riposo settimanale di turno , di un riposo compensativo dello svolgimento del turno su cinque giorni lavorativi per ogni settimana, e di ulteriori riposi compensativi diretti a compensare l'eccedenza sistematica dell'orario osservato nei giorni di prestazione lavorativa rispetto ad un quinto dell'orario settimanale, non può ritenersi illegittima la normativa contrattuale collettiva che, nel caso in cui uno di tali ulteriori riposi compensativi coincida con una festività infrasettimanale, non preveda la corresponsione di una retribuzione aggiuntiva, diversamente dall'ipotesi in cui questa coincidenza riguardi il vero e proprio riposo settimanale di turno, limitandosi ad assicurare il godimento del riposo in un successivo giorno non festivo in caso di coincidenza con la festività. Tuttavia, nel caso di mancato spostamento del riposo compensativo o a recupero, coincidente con una festività infrasettimanale, il datore di lavoro deve compensare il mancato riposo, incombendo sul lavoratore l'onere di dimostrare sia la coincidenza del giorno a recupero con la festività infrasettimanale, sia il suo mancato spostamento ad altro giorno lavorativo.