RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 24 SETTEMBRE 2010 N. 20232 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - LICENZIAMENTO INDIVIDUALE - PER GIUSTIFICATO MOTIVO - SOGGETTIVO. Totale cessazione dell'attività imprenditoriale - Rilevanza - Mancata immediata alienazione dello stabilimento - Mantenimento in servizio di altri dipendenti per le sole pratiche necessarie alla detta cessazione - Influenza - Esclusione. Nel caso in cui sia accertata la totale cessazione dell'attività imprenditoriale da parte del datore di lavoro, la legittimità del licenziamento intimato ai lavoratori per giustificato motivo oggettivo non è esclusa né dal fatto che lo stabilimento sede dell'impresa non sia stato immediatamente alienato o altrimenti dismesso, rimanendo però nella disponibilità dell'imprenditore come mera entità non funzionante, né dal fatto che uno o pochi altri dipendenti siano stati mantenuti in servizio per il compimento delle pratiche relative alla suddetta cessazione dell'attività non essendo sindacabile nel quadro della libertà d'iniziativa economica riconosciuta dall'art. 41 Cost. le ragioni dei licenziamenti dovuti a cessazione dell'attività. In senso conforme tra le precedenti cfr. Cassazione 8601/1992. Sul punto si veda inoltre Cassazione 7189/1996 per la quale la cessazione dell'attività aziendale inerente alla disgregazione del relativo patrimonio fa venire meno il substrato della prestazione lavorativa e pertanto estingue i rapporti di lavoro per impossibilità sopravvenuta ai sensi degli art. 1463 e 1256 cod. civ Conseguentemente, il giudice che accerti l'illegittimità di un licenziamento non può disporre la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, qualora nelle more del giudizio sia sopravvenuta la cessazione totale dell'attività aziendale, ma deve limitarsi ad accogliere la sola domanda di risarcimento del danno, con riguardo al periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della sopravvenuta causa di risoluzione del rapporto. Analogamente secondo Cassazione 6083/1995 la libertà di iniziativa economica privata di cui all'art. 41 Cost. comporta l'assoluta incensurabilità dei licenziamenti derivanti da totale cessazione dell'attività produttiva, non sussistendo alcun obbligo dell'imprenditore di giustificare la decisione di non permanere ulteriormente nel mondo della produzione o dello scambio di beni o di servizi - decisione che, comunque, è valida anche se ricollegabile al timore del medesimo di dover affrontare eccessivi impegni economici in conseguenza delle rivendicazioni pur legittime dei dipendenti -, ne' essendo tenuto il datore di lavoro ad esperire preventivamente il rimedio della cassa integrazione. SEZIONE LAVORO 27 SETTEMBRE 2010 N. 20272 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - CATEGORIE E QUALIFICHE DEI PRESTATORI DI LAVORO - MANSIONI - SVOLTE EFFETTIVAMENTE. Accertamento - Criteri - Fattispecie. Nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive, e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione logica e adeguata, aveva escluso, sulla scorta dell'istruttoria espletata, di poter ravvisare nelle mansioni svolte dal ricorrente, inquadrato al 3° livello del CCNL del settore abbigliamento delle aziende artigiane ed addetto alla fase di stampa di disegni su foulard e sciarpe, l'elemento della particolare complessità che, unitamente a quello della variabilità, connotava l'inquadramento al 4° livello di detto CCNL, al cui riconoscimento mirava la domanda giudiziale . La massima ribadisce il principio costante e consolidato nella giurisprudenza di legittimità affermato, tra le tante, anche da Cassazione 26234/2008 la quale ricorda tra l'altro che l'accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell'inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione. In senso conforme si veda anche Cassazione 17896/2007 e Cassazione 3069/2005. Per il criterio di valutazione dell'attività svolta in caso di mutamento di mansioni si veda Cassazione 7351/2005 che, con riguardo allo ius variandi del datore di lavoro sancisce l'ormai noto principio secondo il quale, , il divieto di variazioni in peius opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza delle precedenti e delle nuove mansioni, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell'indagine circa tale equivalenza non è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento e l'accrescimento delle sue capacità professionali. A tal fine l'indagine del giudice di merito deve essere volta a verificare i contenuti concreti dei compiti precedenti e di quelli nuovi onde formulare il giudizio di equivalenza, da fondare sul complesso della contrattazione collettiva e delle determinazioni aziendali in particolare, le nuove mansioni possono considerarsi equivalenti alle ultime effettivamente svolte soltanto ove risulti tutelato il patrimonio professionale del lavoratore, anche nel senso che la nuova collocazione gli consenta di utilizzare, ed anzi di arricchire, il patrimonio professionale acquisito con lo svolgimento della precedente attività lavorativa, in una prospettiva dinamica di valorizzazione della capacità di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.