RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 2 SETTEMBRE 2010 N. 19008 IMPIEGO PUBBLICO - IMPIEGATI DI ENTI PUBBLICI IN GENERE - IN GENERE. Soppressione società EFIM - Diritto dei lavoratori a nuova pubblica assunzione - Condizioni - Accertamento - Onere della prova. In tema di ricollocamento del personale della soppressa società EFIM, l'art. 10 del d.l. numero 191 del 1994 non convertito ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge numero 738 del 1994, nel disciplinare la risoluzione dei rapporti di lavoro con l'ente soppresso, ha riconosciuto ai lavoratori dipendenti il diritto ad ottenere la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con la P.A. prevedendo due condizioni consistenti nella vacanza di posti in organico e nell'esigenza di coprirli all'esito della determinazione dei carichi di lavoro. La prova della ricorrenza di tali condizioni, trattandosi di fatti costituitivi del diritto all'assunzione, deve essere fornita in modo rigoroso dai lavoratori, sui quali grava in via esclusiva l'onere della prova, trattandosi di requisiti non condizionanti la mera decorrenza dell'assunzione ma il vero e proprio diritto alla nuova costituzione del rapporto di lavoro. In argomento non risultano precedenti specifici. Su tema analogo si vedano tuttavia Sezioni Unite la liquidazione coatta di impresa esercente l'assicurazione per la responsabilità civile non comporta, di per sé alcun diritto soggettivo, tutelabile davanti al giudice ordinario, del personale dipendente al ricollocamento presso altre imprese del settore, in quanto l'art. 11 del D.L. 23 dicembre 1976 numero 857, convertito in L. 26 febbraio 1977 numero 39 attribuisce al commissario liquidatore una facoltà, e non l'obbligo, di trasferire il portafoglio della prima alle seconde - le quali, peraltro, sono libere di accettare o non la proposta di trasferimento - quale adempimento al cui verificarsi resta subordinata la suddetta ricollocazione, mentre la medesima norma, per il caso di mancato esercizio di tale facoltà, prevede l'intervento del Comitato del Fondo di garanzia per le vittime della strada, insediato presso l'I.N.A., l'attività del quale, tuttavia, a differenza di quella del commissario, è di natura autoritativa e priva di connotazione privatistica, traducendosi in provvedimenti discrezionali, in ordine alla disposizione sia del trasferimento del portafoglio sia della ripartizione del personale fra i veri cessionari. SEZIONE LAVORO 10 SETTEMBRE 2010 N. 19345 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - CONTROVERSIE - IN GENERE. Obblighi contributivi - Azione di accertamento negativo del datore di lavoro - Obblighi contributivi pregressi - Posizione processuale delle parti - Onere della prova - A carico dell'ente previdenziale - Fondamento. PROVA CIVILE - ONERE DELLA PROVA - IN GENERE. Obblighi contributivi - Azione di accertamento negativo promossa dal datore di lavoro nei confronti dell'istituto previdenziale per il recupero di importi arretrati - Lavoratori inquadrati come giornalisti svolgenti, nella fase iniziale del rapporto, mansioni di grafico - Conseguenza - Inversione delle posizioni processuali - Domanda di riconoscimento retroattivo della qualifica di giornalista - Onere della prova dei fatti costitutivi - A carico dell'INPGI. In tema di obblighi contributivi, la domanda di accertamento negativo proposta da un editore nei confronti dell'istituto previdenziale INPGI per il recupero dei contributi versati rispetto ad alcuni dipendenti, attualmente inquadrati come giornalisti ma, nella fase iniziale del rapporto di lavoro, inquadrati con mansioni di grafico, comporta una inversione processuale delle posizioni, con la conseguenza che l'editore assume il ruolo sostanziale di convenuto e l'istituto previdenziale quello di attore, la cui pretesa è costituita dalla richiesta - con attribuzione del relativo onere della prova sui presupposti sostanziali della domanda - di ottenere il riconoscimento retroattivo della qualifica di giornalista in capo ai dipendenti. Tra i precedenti conformi si veda Cassazione 12108/2010 per la quale in tema di riparto dell'onere della prova ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo. Ne consegue che nel giudizio promosso da una società per l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo contributivo preteso dall'INPS sulla base di verbale ispettivo, incombe sull'Istituto previdenziale la prova dei fatti costitutivi del credito preteso, rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria. Difforme è invece Cassazione 4612/2006 secondo cui nel giudizio promosso dal pensionato per l'accertamento dell'illegittimità della ripetizione dell'indebito disposta dall'ente previdenziale a seguito della avvenuta corresponsione di un'integrazione al minimo non dovuta, spetta all'attore, in base al principio generale di cui all'art. 2697 cod. civ., l'onere di allegare e provare che i propri redditi non superavano i limiti legislativamente fissati per il conseguimento della predetta integrazione. Si tratta, del resto, dell'applicazione al settore delle obbligazioni previdenziali e assistenziali di regole comuni a qualsiasi ipotesi di pagamento dell'indebito ove si agisca per la ripetizione di un pagamento non dovuto grava su colui che si afferma creditore l'onere di provare i fatti costitutivi della sua pretesa, e cioè sia l'avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi, ovvero il venir meno di questa ove, invece ad agire sia l'accipiens, la richiesta di accertamento negativo della sussistenza dell'indebito implica la deduzione in giudizio di una ragione di credito il cui fondamento ha l'onere di provare SEZIONE LAVORO 11 SETTEMBRE 2010 N. 19410 COMPETENZA CIVILE - INCOMPETENZA - RILEVABILITÀ D'UFFICIO. Art. 38 cod. proc. civ. nuovo testo - Termine ultimo per la rilevabilità d'ufficio dell'incompetenza del giudice adito - Chiusura della prima udienza di trattazione di cui all'art. 183 cod. proc. civ. - Disciplina corrispondente applicabile nel rito del lavoro - Art. 428 cod. proc. civ. - Termine ultimo per la rilevabilità dell'incompetenza territoriale e di quella per materia da parte del giudice del lavoro - Chiusura dell'udienza fissata con il decreto giudiziale previsto dall'art. 415 cod. proc. civ. - Sussistenza. Ai sensi dell'art. 38 cod. proc. civ., sost. dall'art. 4 legge 26 novembre 1990, numero 353, l'incompetenza per materia, al pari di quella per valore e per territorio nei casi previsti dall'art. 28 del codice di rito, è rilevata, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione, la quale, nel rito ordinario, si identifica con l'udienza di cui all'art. 183 cod. proc. civ., e, nel processo del lavoro, corrisponde alla prima udienza di discussione fissata con il decreto giudiziale disciplinato dall'art. 415 cod. proc. civ. pertanto, alla stregua del nuovo assetto attribuito dal riformato art. 38 cod. proc. civ. al rilievo dell'incompetenza, anche la disposizione del primo comma dell'art. 428 cod. proc. civ. secondo la quale nei processi davanti al giudice del lavoro l'incompetenza territoriale può essere rilevata d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'art. 420 cod. proc. civ. va intesa nel significato che detta incompetenza può essere rilevata non oltre il termine dell'udienza fissata con il predetto decreto contemplato dal citato art. 415, con la conseguente inammissibilità del regolamento di competenza d'ufficio che dovesse essere sollevato superandosi tale preclusione. Tra le conformi si veda Cassazione 1167/2007. Per la in configurabilità di una questione di competenza rispetto alla ipotesi di ripartizione degli affari tra sezione lavoro e sezione ordinaria all'interno dello stesso ufficio giudiziario si veda Cassazione 20494/2009. Qualora la parte convenuta in giudizio contesti la competenza del giudice adito secondo le regole ordinarie nella specie, del giudice di pace ed affermi la competenza per materia del giudice del lavoro, secondo Cassazione 11998/2009 perché il giudice possa escludere ictu oculi l'esistenza di un rapporto ex art. 409 cod. proc. civ., occorre che l'inesistenza di rapporti di competenza del giudice del lavoro si desuma dalle asserzioni delle parti, nel corso e nei limiti dell'esame delibativo dell' oggetto della controversia che il giudice deve compiere ai fini della verifica della propria competenza, senza la necessità di procedere ad ulteriori indagini e senza che rilevino questioni riguardanti il merito della controversia. Per Cassazione 3753/2002 allorquando dinanzi al pretore, giudice del lavoro, venga proposta opposizione a decreto ingiuntivo per un credito di lavoro e l'opponente formuli domanda riconvenzionale, non rientrante nella competenza per materia del pretore giudice del lavoro e comunque eccedente la competenza per valore del pretore, e non venga eccepita dalle parti l'incompetenza per valore sulla domanda riconvenzionale, ne' questa venga rilevata d'ufficio dal giudice nei termini stabiliti dall'art. 38, secondo comma, cod. proc. civ. nel testo antecedente alle modifiche introdotte dalla legge numero 353 del 1990, trattandosi, nella specie, di causa iniziata prima del 30 aprile 1995 , e non si proceda quindi alla separazione delle cause e alla rimessione al tribunale della domanda riconvenzionale, anche quest'ultima va trattata con il rito del lavoro, ai sensi dell'art. 40, terzo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 5 della citata legge numero 353 del 1990 applicabile nel caso di specie per essere stato il giudizio iniziato dopo il primo gennaio 1993 , e l'eccezione di incompetenza non può essere formulata per la prima volta in sede di legittimità. SEZIONE LAVORO 16 SETTEMBRE 2010 N. 19589 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI - INDENNITÀ E RENDITA - IN GENERE. Domanda di liquidazione della rendita per aggravamento - Proponibilità - Dieci anni dalla data dell'infortunio - Aggravamento verificatosi oltre il decennio - Irrilevanza - Fondamento - Presunzione assoluta di immodificabilità dei postumi - Prescrizione del diritto - Termine triennale - Decorrenza - Dies a quo - Dall'aggravamento. Il periodo di dieci anni dalla data dell'infortunio durante il quale l'infortunato dichiarato guarito senza postumi permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile può, a norma dell'art. 83, ottavo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 numero 1124 T.U. infortuni sul lavoro e malattie professionali , chiedere la liquidazione di rendita se, a seguito di aggravamento, i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di indennizzabilità, costituisce l'esclusivo periodo di osservazione entro il quale si può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato, determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione dello stato di inabilità conseguente all'infortunio si sia verificata entro il decennio sorge l'eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112 dello stesso d.P.R., decorrente dal momento dell'intervenuta variazione e non già dalla scadenza del decennio. In senso conforme si veda Cassazione 6109/1998 e 7648/1998 secondo cui in caso di infortunio sul lavoro che nell'immediato non abbia provocato postumi indennizzabili al lavoratore, quest'ultimo può chiedere all'INAIL l'attribuzione della rendita solamente se l'aggravamento delle sue condizioni di salute, in conseguenza dell'infortunio, si sia verificato entro il termine perentorio di dieci anni ex art. 83, comma ottavo, d.P.R. numero 1124 del 1965 dalla data dell'infortunio medesimo, dal momento che il compiuto decorso del termine senza la formulazione di alcuna richiesta impedisce, sul piano sostanziale, l'insorgenza del diritto, operando una presunzione legale assoluta per effetto della quale si deve ritenere che i postumi del fatto lesivo, inizialmente inferiori alla percentuale stabilita dalla legge, non siano più suscettibili di modifica. Una volta poi insorto il diritto alla rendita, trova applicazione il termine prescrizionale di tre anni previsto dal successivo art. 112, comma 1 - cui va aggiunto il periodo di sospensione di centocinquanta giorni per l'espletamento della procedura amministrativa, - termine che comincia a decorrere dal giorno in cui è stata raggiunta la soglia minima di indennizzabilità.