RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 13 LUGLIO 2010, N. 16421 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - ESTINZIONE DEL RAPPORTO - DIRITTO ALLA CONSERVAZIONE DEL POSTO - INFORTUNI E MALATTIE - COMPORTO Superamento - Licenziamento per tale motivo - Regole generali su forma del licenziamento e comunicazione dei motivi - Applicabilità - Fondamento - Conseguenze Con riferimento al licenziamento che trovi giustificazione nelle assenze per malattia del lavoratore, si applicano le regole dettate dall'art. 2 della legge 604/1966 modificato dall'art. 2 della legge 108/1990 sulla forma dell'atto e la comunicazione dei motivi del recesso, poiché nessuna norma speciale è al riguardo dettata dall'art. 2110 cc. Conseguentemente, qualora l'atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l'esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, e, nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, di dette assenze non può tenersi conto ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto ove, invece, il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, il datore di lavoro può precisare in giudizio i motivi di esso ed i fatti che hanno determinato il superamento del periodo di comporto, non essendo ravvisabile in ciò una integrazione o modificazione della motivazione del recesso. In senso conforme si veda Cassazione 14873/2003 per la quale, in base alle regole dettate dall'art. 2 della legge 604/1966 modificato dall'art. 2 della legge 108/1990 sulla forma dell'atto e la comunicazione dei motivi del recesso, qualora l'atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore - il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l'esigenza di poter opporre propri specifici rilievi - ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo. Analogamente per Cassazione 18283/2009, in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro, ove abbia contestato al lavoratore il superamento del periodo di comporto prolungato con ricaduta, non può poi modificare l'addebito, invocando il superamento di un diverso e minore periodo di comporto legato all'ipotesi di comporto breve. Anche in tale ipotesi, infatti, trova applicazione la regola dell'immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo del licenziamento, la quale, operando come fondamentale garanzia giuridica per il lavoratore, il quale vedrebbe altrimenti frustrata la possibilità di contestare la risoluzione unilateralmente attuata e la validità dell'atto di recesso, ha carattere generale, e vale quindi per tutti i casi di assoggettamento del rapporto di lavoro a norme limitatrici del potere di recesso del datore di lavoro, quali sono sia le norme della legge 604/1966 sia quella di cui all'art. 2110, secondo comma, cc. Nel senso della inapplicabilità della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali alla fattispecie di recesso del datore di lavoro, per l'ipotesi di assenze determinate da malattia del lavoratore, tanto nel caso di una sola affezione continuata, quanto in quello del succedersi di diversi episodi morbosi si veda anche Cassazione 1861/2010. SEZIONE LAVORO 29 LUGLIO 2010, N. 17725 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - INDENNITÀ - SOSTITUTIVA DELLE FESTIVITÀ Diritto dei lavoratori turnisti al compenso per il lavoro domenicale - Attribuzione di benefici contrattuali diversi dalla erogazione di supplementi salariali - Liceità - Condizioni - Fondamento - Fattispecie Il diritto dei lavoratori turnisti ad essere compensati per lo svolgimento dell'attività lavorativa nella giornata di domenica ancorché con differimento del riposo settimanale in un giorno diverso può essere soddisfatto, oltre che con supplementi di paga o con specifiche indennità, con l'attribuzione di vantaggi e benefici economici contrattuali di diversa natura quale la concessione di un maggior numero di riposi , atteso che, da un lato, la penosità del lavoro domenicale - a seconda delle circostanze di fatto e delle particolari esigenze del lavoratore, da valutare peraltro nell'attuale contesto socio-economico - può anche essere eliminata o comunque ridotta mediante un sistema di riposi settimanali che, permettendone il recupero in forma continua e concentrata nel tempo, risulti suscettibile di reintegrare compiutamente le energie psicofisiche del lavoratore e che, dall'altro, l'attribuzione alla contrattazione collettiva di margini di flessibilità nella regolamentazione dei regimi dell'orario e dei riposi lavorativi discende da ripetuti riconoscimenti legislativi intesi, nel rispetto delle direttive comunitarie, alla modernizzazione della materia. Nella specie, la S.C ., in applicazione dell'anzidetto principio, ha ritenuto adeguatamente compensata la prestazione domenicale atteso che i lavoratori turnisti, oltre ad usufruire di una specifica indennità, lavoravano per quattro giorni e riposavano per due, mentre gli altri lavoratori svolgevano la loro prestazione per cinque giorni di seguito prima di godere del periodo di riposo . Identico principio di diritto era già espresso da Cassazione 15044/2001. In senso conforme si veda anche Cassazione 13674/2010 la quale aggiunge che, dato tale principio, con riferimento al regime, applicabile nella specie, anteriore al D.Lgs. 66/2003, quando il lavoratore chieda compensi maggiori rispetto a quelli già corrisposti facendo valere specificamente la maggiore gravosità della prestazione per lo spostamento del riposo settimanale, il giudice deve accertare se secondo i meccanismi compensativi previsti dalla contrattazione collettiva sia assicurato un trattamento complessivo adeguato, ai sensi dell'art. 36 Cost., in relazione al disagio di dovere aspettare più di sei giorni l'interruzione del lavoro e con correttivi per impedire l'eccessiva frequenza e lunghezza del periodo di lavoro non interrotto. In tema di rapporto di lavoro del personale ferroviario, sostiene Cassazione 12328/2009 che, in consonanza con il precetto generale e inderogabile degli artt. 36 della Costituzione e 2109 cc che impone di considerare festivo un solo giorno della settimana anche allorquando l'orario di lavoro sia distribuito su cinque giorni , le disposizioni speciali di cui agli artt. 2 della legge 591/1969, 2 e 4 del Dpr 1372/1977, come modificato dalla legge 77/1974 , 2 del Dpr 1188/1977 e del Dpr 374/1983, sostanzialmente recepite dalla contrattazione collettiva, esprimono univocamente l'intento di attribuire ai lavoratori turnisti un solo giorno di riposo settimanale e di distinguere da esso i giorni di riposo compensativo accordati a recupero delle maggiori prestazioni dagli stessi settimanalmente rese per effetto, da un lato, della concentrazione in cinque giornate lavorative dell'orario di lavoro settimanale 36 ore e, dall'altro lato, del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera a causa della organizzazione del servizio in turni di otto ore per un totale di 40 ore la settimana . Ne consegue che deve escludersi che i giorni di riposo compensativo costituiscano giorni festivi o che possano essere intesi come un tempo di riposo assimilabile al giorno di riposo settimanale , corrispondendo essi a giornate sottratte al lavoro e tuttavia ricomprese nella durata complessiva della prestazione lavorativa ordinaria compensata dalla retribuzione contrattuale, poiché le ore di cui esse si compongono sarebbero di lavoro ordinario e diventano di riposo solo perché già lavorate nei giorni precedenti. SEZIONE LAVORO 5 AGOSTO 2010, N. 18270 PREVIDENZA ASSICURAZIONI SOCIALI - ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE MALATTIE PROFESSIONALI - MALATTIE PROFESSIONALI - RAPPORTO CON LE LAVORAZIONI Malattia ad eziologia multifattoriale - Nesso di causalità relativo all'origine professionale di essa - Accertamento - Criteri - Dimostrazione in via di probabilità - Ammissibilità - Condizioni - Fattispecie Nell'ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale - quale il tumore - il nesso di causalità relativo all'origine professionale di essa non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, che può essere, peraltro, data anche in via di probabilità, ma soltanto ove si tratti di probabilità qualificata , da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre in certezza giuridica le conclusioni in termini probabilistici del consulente tecnico. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito con la quale era stata esclusa la sussistenza della prova d'un nesso di causalità tra un tumore alla laringe e l'esposizione del lavoratore all'asbesto, in base all'assunto che la statistica clinica evidenziava una maggiore incidenza del tumore al polmone tra i lavoratori esposti a tale sostanza, ma non del tumore alla laringe . In termini identici si veda Cassazione 9634/2004. Analogamente per Cassazione 15080/2009 in tema di infortunio e malattia professionale, il dipendente che sostenga la dipendenza dell'infermità da una causa di servizio ha l'onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell'affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita. Ne consegue che, ove la patologia presenti una eziologia multifattoriale, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell'esposizione a rischio. Cassazione 17053/2005 specifica che l'accertamento di una malattia come professionale tabellata o meno , ed il consequenziale riconoscimento della rendita, e l'accertamento della dipendenza della malattia da causa di servizio con il consequenziale riconoscimento dell'indennizzo sono retti da regolamentazioni processuali e probatorie proprie e distinte. Conseguentemente, con riferimento alla malattia degli impiegati ed agenti delle Ferrovie dello Stato, in caso di malattia non tabellata perché multifattoriale, non direttamente collegabile con una particolare attività patogena del soggetto, occorre che colui che ne chiede il riconoscimento fornisca la prova delle specifiche caratteristiche e delle concrete modalità di svolgimento dell'attività deputatagli, della malattia di cui è portatore, nonché del nesso eziologico, dandone completa dimostrazione in eventuale opposizione con le contrastanti confutazioni della controparte, trovando integrale applicazione il principio dell'onere della prova, mentre tale regime probatorio è attenuato nell'ipotesi di richiesta di riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di servizio, perché in questo caso il lavoratore è tenuto solo ad osservare l'onere di allegazione, mentre la P.A. resistente deve tenere un atteggiamento, anche processuale, informato ai principi di collaborazione e cooperazione, previsto dalla legge a carico della stessa P.A., tenuta alla prestazione, secondo le disposizioni sul pubblico impiego alle quali, sostanzialmente, nella materia de qua , si conformano quelle relative al personale ferroviario .