RASSEGNA DELLA SEZIONE LAVORO DELLA CASSAZIONE di Francesca Evangelista

di Francesca Evangelista SEZIONE LAVORO 7 OTTOBRE 2010, N. 20800 SPORT - CONTRATTO INGAGGIO Clausola compromissoria - Inserimento in un contratto di lavoro parasubordinato - Validità È valida la clausola compromissoria inserita nel contratto di lavoro degli sportivi professionisti, tanto nell'ipotesi di lavoro subordinato, quanto in quella di lavoro parasubordinato. In tema di contratto di ingaggio nello sport, Cassazione 9551/2008 ha affermato che l'art. 2 della legge 91/1981 opera una distinzione tra le figure tassativamente indicate di sportivi professionisti atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi , cui va applicata la medesima legge 91, e gli altri sportivi professionisti quali, ad esempio, massaggiatori, medici sociali, ecc. non indicati in detta disposizione, il cui rapporto di lavoro, qualora ne ricorrano gli estremi, è assoggettato invece alle generali norme regolanti il rapporto di lavoro subordinato. Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che, rispetto al rapporto lavorativo di un massaggiatore con una società calcistica, aveva escluso che potesse trovare applicazione la legge 91/1981 in luogo della disciplina generale sul lavoro subordinato e, segnatamente, per quanto concerne le controversie arbitrabili, del disposto dell'art. 806, secondo comma, Cpc, nonché, sul piano sostanziale, della normativa sui contratti a termine succedutasi nel tempo, del principio di onnicomprensività della retribuzione e del patto di conglobamento. Analogamente per Cassazione 19275/2006 la legge del 1981 detta regole per la qualificazione del rapporto di lavoro dell'atleta professionista, stabilendo specificamente all'art. 3 i presupposti della fattispecie in cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell'art. 2 allenatori, direttori tecnico sportivi e preparatori atletici la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve essere accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro. SEZIONE LAVORO 15 OTTOBRE 2010, N. 21363 IMPUGNAZIONI CIVILI - IMPUGNAZIONI IN GENERALE - TERMINI - DECADENZA DALL'IMPUGNAZIONE - IN GENERE - CERTALEX Pubblico impiego privatizzato - Giudice del lavoro - Applicazione delle relative norme processuali - Forme e termini dell'appello - Riferimento alla qualificazione della domanda compiuta dal giudice - Rito adottato del lavoro - Funzione enunciativa della natura della controversia - Eventuale erroneità di tale qualificazione - Irrilevanza - Conseguenze - Inapplicabilità della sospensione feriale al termine per impugnare In materia di pubblico impiego privatizzato, la sottoposizione delle controversie di lavoro dei pubblici dipendenti al giudice del lavoro determina l'applicazione delle relative norme processuali. Ne consegue che, dovendo l'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale essere proposta, in applicazione del principio cosiddetto dell'apparenza, nelle forme ed entro i termini previsti dalla legge rispetto alla domanda così come qualificata dal giudice, le cui determinazioni sul rito adottato assumono, indipendentemente dall'esattezza della relativa valutazione, funzione enunciativa della natura della vertenza così da assicurare il massimo grado di certezza al regime dei termini di impugnazione, alla relativa controversia non si applica la sospensione feriale dei termini ai sensi dell'art. 3 della legge 742/1969. Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, Cpc . In tema di controversie relative pubblico impiego privatizzato, sull'inapplicabilità della sospensione feriale al termine per impugnare si veda in senso conforme anche Cassazione 3192/2009, la quale ha inoltre ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 742/1969, che esclude le controversie di lavoro e in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie dalla sospensione dei termini durante il periodo feriale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dovendosi escludere - in linea con i principi più volte affermati dalla Corte costituzionale Sentenza 130/1974, Ordinanza 61/1985, Ordinanza 61/1992 - che la norma sia idonea a produrre una lesione dei diritti di difesa dei pubblici dipendenti nonché dei diritti alle ferie degli avvocati la cui tutela non rinviene un presidio nell'articolo 36, terzo comma, Cost. , e ciò tanto più in riferimento al termine annuale cosiddetto lungo di cui all'art. 327 Cpc, che consente, nella prospettiva di una ordinata programmazione della propria attività, un adeguato lasso di tempo per l'impugnazione del difensore. SEZIONE LAVORO 19 OTTOBRE 2010, N. 21409 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - INDENNITÀ - DI FINE RAPPORTO DI LAVORO - IN GENERE Parte integrativa del trattamento di fine rapporto - Rivalutazione monetaria e interessi legali - Decorrenza - Dalla data di cessazione del rapporto di lavoro Con riguardo alla parte integrativa del trattamento di fine rapporto, rappresentata dai rendimenti dei premi maturati sulle polizze stipulate per garantire ai dipendenti un sistema di liquidazione dell'indennità di anzianità sostitutivo di quello legale in relazione all'art. 4, del Rdl 5/1942 sul Fondo per l'indennità agli impiegati, poi soppresso dall'art. 4 della legge 297/1982 , i cosiddetti accessori di legge, rappresentati dalla rivalutazione monetaria e dagli interessi stabiliti dall'art. 429, terzo comma, Cpc, sono dovuti dal giorno della maturazione del diritto, cioè dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, alla stessa stregua del trattamento di cui sono integrativi. Secondo Cassazione 14732/2004 al momento dell'assunzione i lavoratori hanno il diritto di conoscere tutto quanto regolerà il rapporto di lavoro, quindi anche il regime scelto dal datore di lavoro in relazione agli accantonamenti per l'indennità di anzianità e, conseguentemente, tutti gli impegni assunti in proposito, dovendo perciò ritenersi che il lavoratore accetti all'atto dell'assunzione, anche tacitamente, tutte le suddette condizioni, così come formalmente risultanti. È, peraltro, da escludere che, al momento dell'assunzione, il lavoratore sia in grado di conoscere il più o meno parziale adempimento del datore di lavoro ad impegni formalmente assunti, e, ove mai tale conoscenza fosse possibile, sarebbe da escludere che il lavoratore possa, sulla base di essa, ritenere l'esistenza di condizioni di lavoro in contrasto con quanto risultante dai dati formali che, in quanto immediatamente e facilmente conoscibili dal lavoratore prima dell'assunzione a differenza di prassi e/o comportamenti , devono ritenersi fonti privilegiate di affidamento. Pertanto, qualora, come nella specie, il datore di lavoro abbia ottemperato agli obblighi imposti dal Rdl 5/1942 stipulando una polizza collettiva INA ed abbia poi rinunziato in favore dei lavoratori al rendimento dei premi con convenzioni mai formalmente revocate o modificate, omettendo però, da una certa data in poi, di aumentare il capitale assicurato in relazione agli incrementi retributivi dei dipendenti, non può negarsi il diritto al rendimento dei premi parametrato ai premi corrispondenti al capitale quale avrebbe dovuto essere assicurato anche ai dipendenti assunti dopo il suddetto congelamento del capitale. SEZIONE LAVORO 21 OTTOBRE 2010, N. 21625 LAVORO - LAVORO SUBORDINATO - LAVORO A DOMICILIO - IN GENERE Modalità di prestazione precarie e senza garanzia di continuità delle commesse - Subordinazione - Configurabilità - Condizioni - Disciplina limitativa del potere di recesso datoriale ex art. 11 della legge 877/1973 - Compatibilità - Onere del lavoratore di provare le concrete modalità del rapporto - Sussistenza Il lavoro a domicilio - il quale realizza una forma di decentramento produttivo, in cui l'oggetto della prestazione del lavoratore assume rilievo non già come risultato, ma come estrinsecazione di energie lavorative, resa in maniera continuativa all'esterno dell'azienda - è compatibile con modalità di prestazione intrinsecamente precarie e carenti di garanzia giuridica in ordine alla continuità ed entità delle commesse, che non escludono la sussistenza di quell'attenuata subordinazione, introdotta dalla legge 877/1973 come species derogatoria rispetto al genus delineato dall'art. 2094 cc né, pertanto, l'eventuale precarietà del rapporto esclude che questo, in concreto, si attui con modalità da renderlo assoggettabile alla disciplina limitativa del potere di recesso del datore di lavoro, secondo la previsione dell'art. 11, secondo comma, della legge 877/1973, restando peraltro onere del lavoratore provare le modalità concrete con cui il rapporto si sia estrinsecato. Identico principio di diritto è affermato anche da Cassazione 21341/2006. Tra i precedenti in tema di lavoro a domicilio si rinvengono Cassazione 21954/2007 per la quale perché possa reputarsi integrata la fattispecie di lavoro a domicilio, secondo i requisiti dettati dall'art. 1 della legge 877/1973 come modificato dall'art. 2 della legge 858/1980 , occorre, anzitutto, che il prestatore esegua il lavoro, nel proprio domicilio oppure in un locale di cui abbia la disponibilità, personalmente ovvero anche con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi e a carico, ma con esclusione di manodopera salariata o di apprendisti, nonché sia tenuto ad osservare le direttive dell'imprenditore per quel che riguarda le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere, e che, inoltre, il datore di lavoro possa fare affidamento sulla prestazione del lavorante a domicilio, prestazione che si inserisce così nel ciclo produttivo aziendale e diviene elemento integrativo dell'attività imprenditoriale Cassazione 22129/2006 secondo cui nel lavoro a domicilio - secondo la configurazione risultante dalla disciplina contenuta nella legge 877/1973 - il vincolo di subordinazione si configura come inserimento dell'attività del prestatore nel ciclo produttivo dell'azienda, del quale la prestazione lavorativa resa, pur se in ambienti esterni e con mezzi e attrezzature anche propri del lavoratore stesso, ed eventualmente con l'ausilio dei suoi familiari purché conviventi e a carico, diventa parte integrante tale integrazione si esprime non solo con l'obbligo di seguire analitiche e vincolanti indicazioni dell'azienda, bensì con l'ineludibile obbligo di lavorare, atteso che la configurabilità di una subordinazione, sia pure attenuata, deve escludersi allorquando, invece, il lavoratore goda di piena libertà di accettare o rifiutare il lavoro commessogli ovvero abbia piena discrezionalità in ordine ai tempi di consegna del lavoro, dovendosi comunque precisare che nei casi in cui l'accertamento e la valutazione delle modalità della prestazione lascino spazi di incertezza e ambiguità è utile avere riguardo anche alla volontà delle parti, espressa nella regolamentazione del loro rapporto e che in difetto di sufficienti indici rivelatori della sussistenza di un vincolo di subordinazione, il cui onere probatorio incombe a chi lo deduce, deve essere esclusa l'applicabilità al lavoro a domicilio della disciplina del lavoro subordinato.