La mancanza della firma digitale nella relata non è causa di inesistenza dell’atto se…

L’irritualità della notificazione a mezzo PEC, come la mancanza nella relata della firma digitale dell’avvocato notificante, non comporta l’inesistenza dell’atto, potendo essere riscontrata la stessa attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilità della persona del difensore indicato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, raggiungendo così la conoscenza dell’atto e quindi lo scopo legale della notifica.

Sul punto la Corte di Cassazione con ordinanza n. 16746/21, depositata il 14 giugno. Una s.r.l. impugna la decisione con cui la Corte di secondo grado dichiarava inammissibile l’appello ritenendolo tardivo , perché proposto oltre il termine breve di 30 giorni, decorrenti dalla notifica della sentenza a mezzo PEC, notifica considerata nulla dalla società stessa, poiché sulla relata non era stata apposta la firma digitale dell’avvocato notificante e che doveva applicarsi il termine lungo ex art. 327 c.p.c In particolare, era accaduto che al file della relata di notifica non veniva apposta la firma digitale e lo stesso veniva allegato con estensione pdf semplice e non con estensione p7m ” o pdf” ma con aggiunta eventuale del suffisso signed” al nome tanto da presentarlo come nomefile-signed-pdf”. E affinché il file di notifica potesse essere considerato validamente sottoscritto doveva ritenersi necessaria almeno una delle suddette firme digitali. Al riguardo, come più volte affermato dalla Suprema Corte, in tema di notificazione a mezzo PEC, la mancanza nella relata della firma digitale dell’avvocato notificante non è causa d’inesistenza dell’atto , potendo essere riscontrata la stessa attraverso altri elementi, come la riconducibilità della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, raggiungendo così la conoscenza dell’atto ovvero lo scopo legale della notifica. Pertanto, nel caso in esame, nella notifica effettuata a mezzo PEC la mancanza della firma digitale della relata non lascia alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona del difensore, tramite la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita della procura speciale. Da qui il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 3 febbraio – 14 giugno 2021, n. 16746 Presidente Frasca – Relatore Di Florio Ritenuto che 1.La Don Carlo Srl ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Cosenza con la quale a. era stata accolta la domanda spiegata da C.A. che, proprietaria di tre fondi siti in omissis , concessi in locazione ad uso commerciale alla società odierna ricorrente, aveva chiesto la sua condanna alla esecuzione dei lavori necessari per la riapertura della finestra sita nel vano bagno di un locale facente parte della complessiva proprietà locata ed il pagamento delle somme dovute per i canoni insoluti, oltre che le spese tributarie ed il risarcimento dei vari danni subiti b. era stata parzialmente accolta la domanda riconvenzionale spiegata dalla società odierna ricorrente, con la dichiarazione di nullità delle clausole contrattuali che escludevano la produzione degli interessi sulle somme versate a titolo di deposito cauzionale, respingendola per il resto e condannando la società alla rifusione delle spese di lite. 1.1.Per ciò che interessa in questa sede, la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’appello ritenendolo tardivo, in quanto proposto oltre il termine breve di trenta giorni, decorrenti dalla notifica della sentenza a mezzo PEC, notifica della quale la società aveva eccepito la nullità, assumendo che sulla relata , nonostante la diversa notazione sulla copia stampata, non era stata apposta la firma digitale dell’avvocato notificante e che, in via residuale, doveva applicarsi il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c 2. La parte intimata ha resistito con controricorso. 3. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c Considerato che 1. Con unico articolato motivo, la società ricorrente deduce, ex art. 360 co 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 bis e 11 della L. 53/1994 e degli artt. 125,148 e 156 c.p.c 1.1. Assume, al riguardo a. che in data 31.5.2017 era stato trasmesso dal difensore della controparte un messaggio di posta elettronica certificata contenente la comunicazione P.E.C. per la notificazione della sentenza del Tribunale di Cosenza, a cui erano allegati i file della relata di notifica in formato nativo digitale e della copia informatica per immagine di essa, senza alcuna attestazione di conformità b. al file della relata di notifica ed a tutti gli altri file allegati al messaggio di PEC, nonostante la diversa notazione riportata sulla copia analogica per stampa prodotta dalla difesa della controparte, non veniva apposta la firma digitale dell’avvocato notificante c. il suddetto file della relata di notifica veniva allegato con estensione pdf semplice e non con estensione p7m o pdf oppure pdf” ma con eventuale aggiunta del suffisso signed al nome del file tanto da presentarlo come nomefile-signed-pdf assume che, pur condivisibile la recente pronuncia di questa Corte relativa alla validità delle firme digitali CAdES e PAdES ritenute equivalenti a quelle previste dalla normativa in vigore richiama, al riguardo, Cass. SU 10266/2018 , affinché il file di notifica potesse considerarsi validamente sottoscritto, doveva ritenersi però necessaria almeno una di tali firme digitali, del tutto assenti nel caso di specie. 1.2. Contesta, in buona sostanza, la statuizione della Corte territoriale che aveva ritenuto che la mancanza della firma digitale del difensore nella relata di notificazione non rilevasse ai fini della validità di essa ed assume che tale orientamento si poneva in contrasto con quanto predicato dall’art. 125 c.p.c., secondo il quale tutti gli atti di parte dovevano essere sottoscritti dal difensore. 2. In via preliminare, il Collegio rileva la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto parte ricorrente non ha localizzato , nel presente giudizio di legittimità e con riferimento specifico agli atti prodotti, la relata di notificazione della sentenza di primo grado di cui si discute. 2.1. Nemmeno ha dedotto di voler fare riferimento alla presenza di tali atti nel fascicolo d’ufficio della corte territoriale oppure in quello del giudizio di appello della controparte in questo secondo caso o presente nel fascicolo de quo o prodotto dalla resistente cfr, sulla specifica questione, Cass. Sez. Un. 22726/2011 . 3. Ma tanto premesso, la censura se fosse esaminabile sarebbe infondata. 3.1. Lo stesso appellante, infatti, pur rilevando l’assenza della firma digitale del difensore notificante, ha affermato che la copia stampata della relata di notifica riportava la diversa annotazione senza alcuna specificazione in ordine alle caratteristiche di essa al riguardo, si osserva che questa Corte ha avuto modo di chiarire che in tema di notificazione a mezzo posta elettronica certificata PEC , la mancanza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non è causa d’inesistenza dell’atto, potendo la stessa essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilità della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, essendosi comunque raggiunti la conoscenza dell’atto e, dunque, lo scopo legale della notifica cfr. Cass. 6518/2017 . 3.2. Ed è stato chiarito, in motivazione cfr. pag. 3 della sentenza citata , che la notificazione a mezzo PEC è un documento diretto inequivocabilmente dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, senza che abbia limitato i diritti difensivi della parte ricevente. Infatti, questa Corte ha stabilito che il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto, ed ha anzi affermato la surrogabilità di quella prescrizione attraverso altri elementi capaci di far individuare l’esecutore di esso cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10272 del 2015 . 3.3. Orbene, nella specie, nella notificazione effettuata a mezzo PEC la mancata firma digitale della relata non lascia alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona del difensore, attraverso la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita ritualmente della procura speciale. 3.4. Del resto, questa Corte ha affermato che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica nella specie, in estensione.doc , anziché formato.pdf ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale cfr. Cass. Sez. U 7665/2016 ed, in termini, Cass. 3805/2018 . 3.5. Nè può ritenersi utile, per una diversa decisione, l’argomento, di tenore letterale , portato dal riferimento all’art. 125 c.p.c. e, dunque, alla inclusione della notifica fra gli atti processuali di parte che necessitano della sottoscrizione del difensore, in quanto, da una parte, il richiamo appare improprio non potendosi considerare tale e cioè atto processuale il prodotto dell’esercizio della funzione notificatoria del difensore, e, dall’altra, il Collegio ritiene che comunque, l’elencazione della norma richiamata sia tassativa, e non possa essere estesa ai documenti che fanno parte di un procedimento, con più passaggi, come quello per via telematica per il quale è sufficiente che venga attestata la conformità all’originale dell’atto da notificare cfr. Cass. 26102/2016 . 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. 6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma del comma Ibis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.