Creazione del decreto in formato elettronico e decorso del termine di impugnazione

In tema di redazione del provvedimento in formato elettronico, la data di pubblicazione ai fini del decorso del termine di impugnazione, coincide con quella dell’attestazione del cancelliere e non con quella della trasmissione alla cancelleria da parte del giudice.

Così l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 10365/19, depositata il 12 aprile. La vicenda. Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Venezia con cui era stata respinta l’opposizione al decreto del giudice designato condannando l’Amministrazione al pagamento di oltre 2mila euro alla controparte a titolo di indennizzo per l’eccessiva durata del giudizio presupposto. Il ricorso del Ministero si fonda sulla tardività della notifica del decreto di accoglimento della domanda, avvenuto oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 5 l. n. 89/2001. La Corte d’Appello aveva invece ritenuto tempestiva la notifica in quanto il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, redatto in formato elettronico dal magistrato, era stato notificato all’Avvocatura dello Stato entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione alla parte ricorrente a seguito della lavorazione” da parte della cancelleria. Il documento in formato elettronico. Richiamando l’art. 5 l. n. 89/2001, il Collegio precisa che il termine di 30 giorni, trascorso il quale il decreto diventa inefficace se non notificato, decorre dalla comunicazione del decreto stesso alla parte ricorrente. In tal senso, mentre l’inefficacia del decreto ingiuntivo – modello di riferimento nel procedimento ex l. Pinto - non notificato nel termine di cui all’art. 644 c.p.c. determina una situazione rimediabile salvo prescrizione o decadenze attraverso la riproposizione della domanda, non altrettanto avviene nel caso della mancata notifica del decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, non più riproducibile per l’espresso divieto contenuto nel medesimo art. 5, comma 2 . Aggiunge inoltre la S.C. che, in tema di redazione del provvedimento in formato elettronico, la data di pubblicazione ai fini del decorso del termine di impugnazione, coincide con quella dell’attestazione del cancelliere e non con quella della trasmissione alla cancelleria da parte dal giudice. In altre parole l’atto del processo, redatto in formato elettronico dal magistrato, soggetto abilitato interno, e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico tuttavia, solo dal momento in cui il documento è trasmesso in formato elettronico per via telematico alla cancellerai il procedimento della decisione si completa e si esterna, e dalla relativa data il provvedimento diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziato . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 14 febbraio – 12 aprile 2019, n. 10365 Presidente San Giorgio – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Il Ministero della Giustizia ha presentato ricorso articolato in un unico motivo avverso il decreto del 13 ottobre 2016 della Corte di appello di Venezia, con cui è stata respinta l’opposizione avanzata dallo stesso Ministero contro il decreto del giudice designato del 12 maggio 2016, che aveva condannato l’Amministrazione al pagamento della somma di Euro 2.800,00 a favore della C.L. & amp c. s.r.l., a titolo di indennizzo per l’eccessiva durata del giudizio presupposto. La C.L. & amp c. s.r.l. si difende con controricorso. A sostegno dell’opposizione, il Ministero aveva dedotto che il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, depositato in cancelleria in data 12 maggio 2016, era stato notificato soltanto in data 27 giugno 2016, violando la L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, secondo cui il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento , con conseguente inefficacia dello stesso. La Corte di Appello di Venezia ha osservato come il decreto di liquidazione e contestuale ingiunzione di pagamento dell’indennizzo di cui si tratta, è stato effettivamente inoltrato per il deposito attraverso il sistema telematico in data 12 maggio 2016 e tuttavia, come risulta palese dal registro cronologico delle operazioni eseguite sul fascicolo telematico, cosiddetto storico del procedimento, al quale si accede dal fascicolo telematico, è stato posto in lavorazione dalla cancelleria soltanto in data 27 maggio 2016. In detta data il decreto è stato scaricato dal server del Ministero ed è stato comunicato alla parte resistente. Poiché è incontestato che la notifica del decreto all’Avvocatura distrettuale è stata avviata in data 27 giugno, la notifica deve ritenersi tempestivamente avvenuta, e pertanto il decreto efficace. La discrasia delle date dipende invece unicamente dalla metodologia utilizzata dal sistema informatizzato del Ministero per il deposito dei provvedimenti del giudice . L’unico motivo di ricorso del Ministero della Giustizia denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, dell’art. 113 c.p.c., degli artt. 1, 12 e 15 preleggi, nonché del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 15, ovvero del Regolamento contenente le regole tecniche per il processo civile telematico, in quanto la Corte di Appello di Venezia, nel considerare la notifica in oggetto tempestiva, avrebbe prescelto un’interpretatio abrogans della normativa primaria di cui sopra, dando peso a quanto stabilito dal Regolamento richiamato, il quale costituirebbe normativa di rango inferiore rispetto a quella concernente le formalità di pubblicazione dei provvedimenti giurisdizionali dettata dal codice di rito, come rispetto alla disciplina speciale contenuta nella L. n. 89 del 2001. Con il controricorso la società C.L. & amp c. s.r.l., dopo aver eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, richiede che, nel caso di accoglimento dell’impugnazione, le venga concessa la rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153 c.p.c., essendo stato il decreto opposto visibile alle parti solo in data 27 maggio 2016. Non sussiste l’inammissibilità eccepita dalla controricorrente, in quanto il ricorso soddisfa il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, indicando le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda il decreto impugnato e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito. Il ricorso è comunque manifestamente infondato. Questa Corte ha già chiarito, con interpretazione cui il Collegio intende dare continuità, che, sebbene la L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, preveda che il decreto diventi inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento, deve ritenersi che tale termine decorra, in realtà, dalla comunicazione del decreto stesso alla parte ricorrente. Ciò si desume sia dal comma 4 della stessa norma, in base al quale il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al Procuratore Generale della Corte dei Conti e ai titolari dell’azione disciplinare, sia dalla sostanziale continuità normativa rispetto al testo precedente del medesimo art. 5, che, prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, disponeva espressamente che il decreto fosse comunicato, oltre che alle parti, alle suddette autorità. Avvalora tale interpretazione l’ulteriore circostanza che, mentre l’inefficacia del decreto ingiuntivo che costituisce il modello di riferimento del procedimento ex L. n. 89 del 2011 non notificato nel termine di cui all’art. 644 c.p.c., determina una situazione rimediabile salvo prescrizione o decadenze sostanziali attraverso la riproposizione della domanda, non altrettanto avviene nel caso della mancata notifica del decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, non più riproducibile per l’espresso divieto contenuto nel medesimo art. 5, comma 2 Cass. Sez. 6 - 2, 21/03/2017, n. 7185 . Più in generale, si è anche spiegato come, in tema di redazione del provvedimento in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati Cass. Sez. 2, 09/10/2018, n. 24891 . Così, a norma del D.L. n. 193 del 2009, art. 4, convertito nella L. n. 24 del 2010, nonché dei principi generali del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni, applicabili anche nel processo civile con valore di legge ordinaria, e degli artt. 11 e 15 del Regolamento di cui al D.M. n. 44 del 2011, l’atto del processo, redatto in formato elettronico dal magistrato, soggetto abilitato interno, e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico tuttavia, solo dal momento in cui il documento è trasmesso in formato elettronico per via telematica alla cancelleria il procedimento della decisione si completa e si esterna, e dalla relativa data il provvedimento diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziato Cass. Sez. U, 01/08/2012, n. 13794 Cass. Sez. 6 - L, 23/08/2016, n. 17278 . Nella specie, il decreto di accoglimento della domanda di equa riparazione, redatto in formato elettronico dal magistrato designato della Corte d’Appello di Venezia il 12 maggio 2016, è stato lavorato dalla cancelleria e comunicato alla parte ricorrente soltanto in data 27 maggio 2016, il quale lo ha a sua volta notificato all’Avvocatura dello Stato lunedì 27 giugno 2016, ovvero tempestivamente rispetto al termine di trenta giorni L. n. 89 del 2001, ex art. 5, comma 2. Il ricorso va quindi rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la regolamentazione delle spese secondo soccombenza, nell’ammontare liquidato in dispositivo, con distrazione in favore del difensore della controricorrente ai sensi dell’art. 93 c.p.c Essendo la ricorrente Amministrazione dello Stato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 900,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese forfetarie nella misura del 15%, con distrazione in favore del difensore ai sensi dell’art. 93 c.p.c