Il domicilio digitale dell’avvocato e la notifica delle decisioni disciplinari del CNF

Con l’introduzione del domicilio digitale, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al proprio ordine di appartenenza, non è più possibile la notifica della decisione disciplinare presso gli uffici del Consiglio Nazionale Forense, salvo che l’indirizzo PEC non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 19526/18, depositata il 23 luglio. Il caso. Il COA di Velletri aveva istaurato svariati procedimenti disciplinari nei confronti di un avvocato per aver adoperato in atti giudiziari e nella corrispondenza epistolare, espressioni sconvenienti e offensive nei confronti di molti soggetti. All’esito dei procedimenti veniva applicata all’avvocato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione. Successivamente tale decisione veniva riformata dal Consiglio Nazionale Forense limitatamente al trattamento sanzionatorio derubricato nella sola censura. Contro la pronuncia di merito il professionista ha proposto ricorso per cassazione affidato a plurimi motivi, tutti ritenuti infondati dalla Suprema Corte. Preliminarmente, però, i Giudici di Cassazione si sono occupati dell’unico rilievo del ricorrente fondato concerne la denuncia della nullità della notificazione della sentenza impugnata. Termine per impugnare la decisione disciplinare. Sostiene il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata veniva notificata presso lo stesso Consiglio Nazionale Forense in quanto la notificazione avrebbe dovuto essere eseguita presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo PEC. Di conseguenza, potendo operare il termine lungo per impugnare, il ricorso sarebbe tempestivo. Premettono gli Ermellini che la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisione del CNF è soggetta a termine breve di 30 giorni, salvo l’applicabilità del termine lungo nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa . Domicilio digitale e processo davanti al CNF. Osserva il Supremo Collegio che a seguito dell’introduzione del domicilio digitale è previsto che ciascun avvocato indichi all’ordine di appartenenza il proprio indirizzo PEC, ai sensi dell’art. 16- sexies d.l. n. 179/12 come modificato dal d.l. n. 90/2014 . A ciò consegue che non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente anche se l’avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo , salvo che l’indirizzo PEC non sia accessibile per causa imputabili al destinatario. Il principio richiamato, enunciato in ambito di processo civile, deve essere esteso anche al processo davanti al CNF. Conseguentemente, rileva la Cassazione, nel caso di specie risulta dagli atti che l’indirizzo PEC dell’avvocato non era inaccessibile e, quindi, non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio Nazionale Forense e, in questo modo, si rende operante il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 3 – 23 luglio 2018, numero 19526 Presidente Schirò – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. Il Consiglio dell’ordine forense di Velletri instaurò plurimi procedimenti disciplinari, poi riuniti, a carico dell’avvocato R.F.M. per aver adoperato, in atti giudiziari e in corrispondenza epistolare, espressioni sconvenienti e offensive nei confronti vari soggetti COA- Pres. TAR- Pres. COA- avv. P. G. e per aver tenuto una condotta impropria con una intimazione diretta nei confronti di una controparte sig.ra G. G. . All’esito applicò all’incolpato la sospensione dall’esercizio della professione per cinque mesi, con decisione che, per vizi formali, fu annullata con rinvio dal Consiglio nazionale forense. 2. A seguito di nuova deliberazione il Consiglio dell’ordine forense di Velletri applicò all’avv. R. la sospensione dall’esercizio della professione per sette mesi. La decisione, impugnata dall’interessato, è stata riformata, con pronunzia del 31 dicembre 2016, limitatamente al trattamento sanzionatorio, derubricato dal Consiglio nazionale forense nella sola censura. 3. Per la cassazione di tale sentenza l’avvocato R. propone, in data 14 giugno 2017, ricorso affidato a plurimi motivi e corredato da istanza di sospensione della sentenza impugnata, disattesa con ord. 27/12/2017, numero 30998. Indi, depositata memoria illustrativa, la causa perviene all’odierna pubblica udienza per la decisione finale. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente, sub § A , formula un primo rilievo, denunciando la nullità della notificazione della sentenza impugnata, per essere stata effettuata presso lo stesso Consiglio nazionale forense, laddove avrebbe dovute essere eseguita presso il suo domicilio ovvero al suo indirizzo di posta elettronica certificata. Sicché, potendo operare il termine lungo per impugnare, il ricorso sarebbe tempestivo. 1.1 Il rilievo è fondato. La proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta - ai sensi dell’art. 36, comma 6, della legge 31/12/2012, numero 247, così come dell’art. 56, terzo co., del r.d.l. 27/11/1933, numero 1578 al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d’ufficio della pronuncia contestata Cass., Sez. U., 10/07/2017, numero 16993 . Resta, invece, salva l’applicabilità del termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ., nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa Cass., Sez. U., 26/09/2011, numero 19565 . 1.2 Nella specie, mancando l’elezione di domicilio in e risultando il solo domicilio in omissis , la notificazione d’ufficio della decisione all’avvocato R. è stata, effettivamente, eseguita mediante deposito presso il Consiglio nazionale forense. 1.3 Sennonché, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza, previsto dall’art. 16-sexies d.l. 18/10/2012, numero 179, come modificato dal d.l. 24/06/2014, numero 90, non è più possibile effettuare le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario procedente se munito di PEC, nella specie giurisdizionale at pec.cnf.it , anche se l’avvocato destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario Cass., 11/07/2017, numero 17048 e 15/09/2017, numero 21519 conf. Cass., Sez. U., 31/05/2016, numero 11383 . Tale principio di diritto, enunciato riguardo al processo civile, va esteso al processo dinanzi al Consiglio nazionale forense, al quale si applicano norme e principi del codice di rito civile art. 37, legge numero 247/2012 conf. Cass., Sez. U., 26/07/2004, numero 13975 , i quali, invece, unicamente per il giudizio di cassazione art. 366, secondo comma, cod. proc. civ. art. 16-sexies, d.l. numero 179/2012 prescrivono che, in mancanza di espresse indicazioni, le notificazioni devono essere effettuate in cancelleria Cass., 05/10/2017, numero 23289 conf. Cass., Sez. U., 20/06/2012, numero 10143 . 1.4 Consequenzialmente, non risultando dagli atti l’inaccessibilità dell’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato R. omissis , non era consentita la notificazione della sentenza presso gli uffici del Consiglio nazionale forense il che rende operante il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ 2. Col primo motivo di ricorso sub § B , il ricorrente denuncia plurime e coacervate violazioni di norme di diritto processuali e procedimentali, assumendo che il giudice di merito avrebbe trascurato il rilievo circa l’illegittimo diniego all’accesso agli atti del Consiglio dell’ordine forense. 2.1 Premesso che il giudice di merito ha appositamente pronunciato sul punto, stigmatizzando la genericità della richiesta di accesso avanzata dall’avv. R. , questi, nell’invocare l’istanza del 20/05/2014, non ha rispettato la necessaria autosufficienza del ricorso, mancando la trascrizione di tale istanza ovvero la sua precisa localizzazione nell’incarto processuale Cass., Sez. U., 03/11/2011, numero 22726 . Il che comporta l’inammissibilità del motivo, laddove non consente l’apprezzamento del contenuto della ridetta istanza, che, in tesi generale, non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati. 2.2 Infatti, se non può in linea di principio pretendersi che siano indicati dall’interessato specifici dati identificativi non in suo possesso, deve in ogni caso rilevarsi come gli organi amministrativi siano tenuti a produrre documenti individuati in modo sufficientemente preciso e circoscritto, onde coniugare il diritto alla trasparenza con l’esigenza di evitare un improprio esercizio del diritto di accesso es. Cons. Stato, Sez. IV, 12/01/2016, numero 68 . Ciò vale anche riguardo agli organismi degli Ordini forensi, quali soggetti che rivestono una funzione essenzialmente amministrativa conf. in generale Cass., Sez. U., del 10/07/2017, numero 16993 . 3. Col secondo motivo di ricorso sub § C , il ricorrente formula plurime e coacervate doglianze assumendo che il giudice di merito, da un lato, avrebbe trascurato il rilievo di asserita pregiudizialità penale per sussistenza di altro precedente appello avverso delibera di incolpazione e citazione a giudizio del 16/04/2014 , dall’altro avrebbe ingiustamente disatteso richieste di prove orali. 3.1 Entrambe le censure sono inammissibili per assoluto difetto di autosufficienza, non essendo reperibili in ricorso i dati essenziali per la comprensione dei relativi rilievi, sia riguardo ad altra impugnazione proposta e al suo oggetto, sia in ordine ai contenuti delle richieste istruttorie avanzate. 3.2 Inoltre, si consideri che le sezioni unite a hanno escluso che l’atto di apertura del procedimento costituisca decisione in senso stretto, ritenendola, quindi, non impugnabile Cass. Sez. U., numero 5199 del 2016 conf. numero 16993/2017 b hanno affermato che la denuncia della mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice disciplinare comporta l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse Cass., Sez. U., 22/12/2011 numero 28336 . 4. Col terzo motivo di ricorso sub § D il ricorrente formula plurime e inestricabili doglianze, che in parte riproducono quelle sub § C e in parte paiono voler introdurre una sorta di vizio di costituzione dell’organo disciplinare di prima istanza che, a suo dire, per effetto dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento forense, andava identificato nel nuovo e indipendente Consiglio distrettuale di disciplina e non nel Consiglio dell’ordine forense. 4.1 Nel richiamare le considerazioni già svolte riguardo al motivo sub § C , si osserva che erroneamente il ricorrente asserisce che le proprie vicende disciplinari dovessero essere devolute Consiglio distrettuale di disciplina, poiché tale organismo è divenuto operante solo dal 01/01/2015 art. 14 reg. 31/01/2014, numero 1 , mentre la censurata decisione disciplinare del Consiglio dell’ordine risale al 10/09/2014. 5. Col quarto motivo di ricorso sub § E , il ricorrente formula plurime e coacervate doglianze procedimentali a pretesa nullità del provvedimento disciplinare per violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione nei trenta giorni della notizia dell’illecito, asseritamente previsto dall’art. 38 L.P. b pretesa nullità della nuova delibera di citazione a giudizio 16/04/2014 , per avere contenuto similare all’atto notificatogli in occasione del primo procedimento disciplinare, conclusosi con la condanna poi annullata con rinvio dal Consiglio nazionale forense. 5.1 La prima censura è manifestamente infondata. Infatti, l’addotto art. 38 della vecchia legge professionale r.d.l. numero 1578/1933 , nel regolare la procedura disciplinare, non prevede affatto l’adempimento invocato nel motivo di doglianza, né similare adempimento è contenuto nel regolamento attuativo r.d. 22/01/1934, numero 37 e persino nella nuova legge professionale legge numero 247/2012 . 5.2 La seconda censura è anch’essa manifestamente infondata, avendo il giudice di merito correttamente rilevato che il nuovo procedimento disciplinare, incardinatosi dopo l’annullamento con rinvio della prima decisione disciplinare per ragioni formali, aveva l’identico oggetto del primo procedimento, non potendo che riguardare i medesimi fatti. 6. Col quinto motivo di ricorso sub § F , il ricorrente formula plurime e coacervate doglianze procedimentali sulla menomazione del contraddittorio e del diritto di difesa dell’incolpato. 6.1 Premesso ancora una volta il difetto di autosufficienza delle censure, si osserva che non è dato comprendere dal ricorso quale concreto pregiudizio difensivo il ricorrente possa aver subito dal fatto che i vari procedimenti disciplinari a suo carico fossero stati indicati coi soli numeri di protocollo e non coi numeri di procedimento, non essendovi peraltro alcuno specifico obbligo legale in tal senso art. 48, r.d. numero 37/1934 vedi ora art. 21, reg. 21/02/2014, numero 2 . 6.2 Analoghe considerazioni valgono per la censura circa l’omessa comunicazione di altre vicende endoprocedimentali, quali la riunione preventiva di procedimenti, ovvero la nomina o la sostituzione del relatore della pratica consiliare, aspetto quest’ultimo irrilevante persino in sede giurisdizionale Cass., 05/04/1991, numero 3571 . 7. Col sesto motivo di ricorso sub § G , il ricorrente lamenta che sia stato menomato il diritto di difesa dell’incolpato, in quanto l’atto di citazione disciplinare a cui si fa riferimento anziché contenere il capo / i capi di imputazione fa solamente riferimento a quanto indicato nel precedente giudizio di rinvio . 7.1 La censura è inammissibile per assoluto difetto di autosufficienza. Peraltro, trattandosi di rinnovazione della decisione disciplinare sulla base dei medesimi addebiti della prima decisione poi annullata con rinvio per l’omessa sottoscrizione del segretario, se del caso, varrebbe il principio di diritto secondo cui l’atto amministrativo può ritenersi valido se il suo contenuto risulti espresso per relationem ad atti di cui il ricorrente sia certamente in possesso per esserne stato il destinatario, non essendo neppure necessario che l’atto prodromico sia unito al documento o che il suo contenuto sia riportato nel corpo del nuovo atto conf. in generale es. Cons. Stato, sez. IV, 22/03/2017, numero 1299 . 8. Col settimo motivo di ricorso sub § H , il ricorrente formula plurime e cumulative doglianze assumendo assoluta violazione delle norme regolatrici del procedimento disciplinare , difetto di istruttoria , difetto di astensione di tutti i componenti del Consiglio all’udienza del 14/12/2011 , insussistenza dei presupposti per l’avvio del procedimento ovvero dei singoli capi così come formulati . 8.1 n mezzo è inammissibile, essendo articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, laddove la formulazione del mezzo non permette di cogliere con chiarezza i rilievi prospettati onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se essi fossero stati articolati in motivi diversi, singolarmente numerati Cass., Sez. U., 06/05/2015, numero 9100 . 8.2 Quanto all’unico profilo chiaramente sviluppato nel corpo del motivo, quello della mancata astensione collettiva dell’intero Consiglio dell’ordine nella seduta tenutasi il 14/12/2011, in disparte l’assoluto difetto di autosufficienza della ragione del rilievo con riferimento alla nuova decisione emessa nel 2014 in sede di rinvio, va solo ribadito che l’inosservanza dell’obbligo dell’astensione determina la nullità del provvedimento adottato unicamente nell’ipotesi in cui il componente dell’organo decidente abbia un interesse proprio e diretto nella causa, tale da porlo nella veste di parte del procedimento. In ogni altra ipotesi assumono rilievo solo specifici motivi di ricusazione, rimanendo esclusa in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell’organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza non determina la nullità del provvedimento Cass., Sez. U., 09/05/2011, numero 10071 . 8.3 Resta, ovviamente, inammissibile ogni ipotetica istanza di ricusazione che investa ex se la totalità dei membri del locale Consiglio dell’Ordine, perché l’istituto della ricusazione può essere adoperato per contestare l’imparzialità di singoli componenti del collegio giudicante, ma non contro il medesimo nella sua globalità, al fine di metterne in discussione l’idoneità a decidere Cass., Sez. U., 04/07/2012, numero 11142 conf. Corte EDU, 20/05/1998, Gautrin c. Francia . 9. Con l’ottavo motivo di ricorso sub § I , il ricorrente formula plurime e cumulative doglianze, in totale inosservanza del principio di tipicità dei motivi di ricorso, il quale esige una duplice specificità del motivo proposto, onerando il ricorrente di argomentare, oltre sul piano giuridico/fattuale, sulla sussunzione della censura formulata nella specifica previsione normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge. 9.1 Inoltre, riguardo alla contestazione circa la modalità con cui la notifica è stata effettuata allo scrivente a mani proprie anziché in busta chiusa, in violazione del D.L.gvo 2003/1996 , si osserva che, in disparte il difetto di autosufficienza del rilievo, non si determina alcun vizio per l’effettuazione della comunicazione di apertura del procedimento disciplinare mediante atto notificato a mani, anziché mediante plico raccomandato, poiché lo strumento adottato assicura ancor meglio della semplice spedizione postale l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, mentre il minor grado di riservatezza da esso assicurato non inficia certo la validità del procedimento in esame Cass., Sez. U., 04/07/2012, numero 11142 . 9.2 Infine, quanto all’assunto secondo cui il capo di imputazione di cui sub 53/11 al decreto di citazione del 13/09/2011 è affetto da totale ed assoluta nullità allorché formulato direttamente dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Velletri omettendo gravemente tutta la fase del procedimento , la doglianza, oltre a difettare di autosufficienza, trascura che l’atto di apertura del procedimento, avendo il solo scopo di segnalarne l’avvio con l’indicazione dei capi di incolpazione, è privo di autonomo rilievo impugnatorio Cass., Sez. U, 20/06/2012, numero 10140 . 10. Col nono motivo di ricorso sub § L , il ricorrente formula plurime e coacervate doglianze, ancora una volta, con inammissibile inosservanza dei principi di tipicità e autosufficienza dei motivi di ricorso. 10.1 Dal testo del motivo pare intendersi che il ricorrente si dolga del fatto che, a seguito nell’annullamento della prima decisione consiliare del 2011 per difetto di sottoscrizione del segretario e successive vicende di astensione di altro segretario, mancherebbe in atti un provvedimento di nomina del nuovo presidente e del nuovo segretario del collegio consiliare del 16/07/2014. Orbene, premesso che la consequenziale decisione del 03/09/2014 risulta regolarmente sottoscritta da presidente, relatore e segretario, va ribadito che la nomina o la sostituzione di componenti il collegio decidente è aspetto irrilevante persino in sede strettamente giurisdizionale Cass., 05/04/1991, numero 3571 . 10.2 Infine, nell’ultimo capoverso di pag.37, il ricorrente assume che vi sarebbe legittimo impedimento a comparire dell’incolpato, ove ciò sia attestato da certificato medico e non sia stata disposta visita di controllo dal Consiglio dell’ordine. Orbene, premesso che non è dato comprendere la consistenza fattuale del rilievo, si osserva che la censura relativa al mancato rinvio della seduta del locale Consiglio per legittimo impedimento a comparire dell’incolpato, attiene alla regolarità della discussione svoltasi davanti al Consiglio territoriale e, dunque, non prospetta un vizio di natura processuale sindacabile in sede di ricorso avverso la decisione del Consiglio nazionale forense, atteso che le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli locali ed il relativo procedimento hanno natura amministrativa e non giurisdizionale. Ne consegue che la regolarità di detto procedimento può essere sindacata, in sede di legittimità soltanto sotto l’aspetto motivazionale della sentenza del Consiglio nazionale forense art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. e quale nullità della decisione o del procedimento svoltosi davanti al Consiglio territoriale Cass., Sez. U., 06/06/2017, numero 13982 . Sul punto il Consiglio nazionale forense ha chiarito che la certificazione non fu esaminata, perché la seduta ordinistica fu comunque rinviata per l’istanza di ricusazione presentata dall’avv. R. la circostanza non risulta contestata in ricorso. 11. Col decimo motivo di ricorso sub § M , il ricorrente formula plurime e coacervate doglianze, ancora una volta, con inammissibile inosservanza dei principi di tipicità e autosufficienza dei motivi di ricorso. 11.1 Dal tenore espositivo del motivo a pag. 38, pare comprendere che il ricorrente assuma che nel testo di in un capo d’incolpazione si sarebbe omesso di indicare l’articolo ovvero la violazione deontologica contestata , il che assurgerebbe a motivo di nullità assoluta ed insanabile . Sennonché, ai fini della contestazione, si deve aver riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione della norma violata sicché, ove il primo sia descritto in modo puntuale, neppure la mancata individuazione degli articoli di legge violati e delle disposizioni deontologiche violate determina una nullità Cass., Sez. U., 29/05/2017, numero 13456 . 11.2 Di seguito, a pag. 38-39, il ricorrente formula rilievi formali riguardo sia alla prima decisione consiliare assunta all’esito della seduta del 14/12/2011, sia alla seconda decisione consiliare assunta all’esito della seduta del 16/07/2014 in particolare pare dolersi dell’omessa lettura del dispositivo. Orbene, premesso che i rilievi circa la decisione del 2011 sono palesemente superati dal suo annullamento giudiziario per altro motivo, si osserva che le funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli territoriali ed il relativo procedimento hanno natura amministrativa e non giurisdizionale, sicché la regolamentazione di quest’ultimo non è mutuabile, nelle sue forme, dal codice di rito penale. Ne consegue che il relativo rinvio, di cui all’art. 51 r.d. numero 37/1934, opera limitatamente alle norme sulla deliberazione collegiale, senza estendersi alla pubblicazione, mediante necessaria lettura del dispositivo in udienza, della decisione, in quanto le adunanze dei Consigli locali non sono pubbliche e le relative statuizioni sono pubblicate tramite deposito negli uffici di segreteria, a cui fa seguito, anche ai fini della decorrenza del termine d’impugnazione, la relativa notifica all’interessato Cass., Sez. U., 18/11/2015, numero 23540 v. supra § 1.1 . 11.3 Infine, il ricorrente pare dolersi pure dell’omessa indicazione dell’esatto termine d’impugnazione e dell’organo dinanzi al quale poteva essere proposto ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale, ma ciò, com’è noto, non inficia affatto la validità dell’atto amministrativo in se stesso considerato conf., in generale e tra le tante, Cass., 27/09/2011, numero 19675 e 09/01/2018, numero 301 nonché Sez. U, 18/05/2000, numero 362 . 12. Con l’undicesimo motivo di ricorso sub § N , il ricorrente muove cumulativamente varie censure, che vanno dalla invalidità della sentenza impugnata, alla nullità della decisione consiliare del 2014, all’infondatezza della contestazione disciplinare, all’incongruità della sanzione comminata e alla mancata valutazione della sanzione da irrogare. Il motivo va disatteso. 12.1 In disparte ogni ripetuta considerazione sulle caratteristiche inammissibilmente cumulative processuali, procedimentali, meritali e sostanziali delle censure, si osserva che la rilevanza del fatto disciplinare dev’essere accertata con giudizio globale, diretto a riscontrare se l’immagine deontologica dell’avvocato sia stata effettivamente compromessa dall’illecito, quale conseguenza tratta dall’esame complessivo degli elementi di giudizio. Tale valutazione, compiuta dal giudice disciplinare sulla base delle risultanze del procedimento, non è soggetto al sindacato delle sezioni unite, laddove la delibazione del contenuto degli scritti e delle circostanze oggetto di vicende giudiziali unitamente all’apprezzamento in concreto delle espressioni usate come lesive dell’altrui decoro e, infine, all’esclusione dell’esercizio del diritto di critica difensiva costituiscono oggetto di accertamenti in fatto, riservati al giudice di merito ed insindacabili in sede di legittimità se sorretti da motivazione adeguata al cd. minimo costituzionale. Infatti le sentenze del Consiglio nazionale forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle sezioni unite della Corte, ai sensi dell’art. 56 r.d.l. numero 1578/1933, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traducano in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito Cass., Sez. U., 02/08/2017, numero 19163 . 12.2 Non è, quindi, consentito alle sezioni unite sindacare, sul piano del merito, le valutazioni del giudice disciplinare, dovendo la Corte limitarsi ad esprimere un giudizio sulla congruità, sulla adeguatezza e sull’assenza di vizi logici della motivazione che sorregge la decisione finale Cass., Sez. U., 02/12/2016, numero 24647 . Ne deriva che anche la determinazione della sanzione inflitta all’incolpato dal Consiglio nazionale forense non è censurabile in sede di legittimità, salvo il caso di assenza di motivazione Cass., Sez. U., 22/07/2016, numero 15203 . 12.3 Quanto poi a ipotetici vizi motivazionali, neppure concretamente addotti, deve rilevarsi che il ricorso, a mente dell’art. 360 u.c. cod. proc. civ., è soggetto anche all’applicazione del riformulato primo comma, numero 5 , applicabile pure al procedimento disciplinare Cass., Sez. U., 25/07/2016, numero 15287 . Dunque, ogni diversa ricostruzione fattuale, prospettata in ricorso, è inammissibile perché comporta un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio né costituisce occasione per accedere ad un ulteriore grado di merito ove fare valere la supposta ingiustizia della decisione disciplinare impugnata Cass., Sez. U., 17/01/2017, numero 961 . 12.4 A tal fine nella sentenza disciplinare l’esame di tale peculiare e delicato profilo è affidato a icastiche asserzioni secondo cui le espressioni adoperate dal ricorrente non possano ricondursi ad ordinarie contrapposizioni processuali, ma siano gratuitamente offensive, laddove addebitano a controparti, magistrati, etc. carenze professionali, giuridiche e conoscitive cfr. sent. pag. 2-5, 10 del tutto esorbitanti dall’ordinaria dialettica difensiva e talvolta esageratamente minacciose nel prefigurare responsabilità anche penali. Si tratta di delibazione sintetica, ma non certo anapodittica. 13. Pertanto il ricorso va rigettato nessuna statuizione va adottata in punto di spese, mancando avversa attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.