Notifica via PEC della cartella di pagamento e documentazione necessaria per attestarne la validità

L’agente di riscossione che invia a mezzo PEC la cartella di pagamento deve provare la regolarità della notificazione ed, inoltre, ha l’onere di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso a mezzo PEC, nonché la corretta trasmissione telematica dell’atto.

Sul punto la Cassazione con ordinanza n. 16173/18, depositata il 19 giugno. La vicenda. Il Tribunale di Cassino accoglieva l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., proposta da una società avverso un atto di pignoramento di crediti emesso dal locale agente di riscossione. L’agente di riscossione ha proposto ricorso per cassazione contro la decisione di merito, deducendo, con il secondo motivo di ricorso, l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 26, comma 2, d.P.R. n. 602/1973 Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito e del d.P.R. n. 68/2005 Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 . Documentazione e prova della notifica a mezzo PEC. Osservano i Giudici di Cassazione che il Tribunale aveva affermato che l’agente di riscossione, per quanto concerne la contestazione dell’opponente relativa alla notifica a mezzo PEC delle cartelle di pagamento, avrebbe dovuto dimostrare la regolare notifica in forma di documento informatico e non di mera copia informatica di documento cartaceo ed, inoltre, l’agente aveva l’onere di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso via PEC, nonché la regolarità della trasmissione telematica dell’atto . Nella fattispecie in esame il Giudice di merito rilevava che l’agente di riscossione si era limitato a sostenere la ritualità e regolarità della notificazione delle cartelle di pagamento senza produrre la relativa prova e documentazione. Ciò posto, precisano gli Ermellini, nell’odierno ricorso parte ricorrente non coglie in concreto la descritta ratio decidendi , ma si limita ad una generica esposizione di disposizioni normative sulle notifiche a mezzo PEC nell’ambito del procedimento di riscossione esattoriale. Sul punto, rileva la Cassazione, il ricorso finisce per mancare totalmente di specificità e concretezza in relazione ai fatti oggettivamente controversi, limitandosi ad affermazioni di diritto di carattere generale e astratto . Per queste ragioni, secondo la Suprema Corte, il ricorso è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 23 aprile – 19 giugno 2018, n. 16173 Presidente Amendola – Relatore Tatangelo Fatti di causa Altai Immobiliare S.r.l. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso un atto di pignoramento di crediti promosso nei suoi confronti dal locale agente della riscossione, Equitalia Sud S.p.A oggi Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. . L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Cassino. Ricorre l’agente della riscossione, sulla base di due motivi. Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile. È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parli con l’indicazione della proposta. Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. . Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità. La ricorrente sostiene che l’opposizione aveva ad oggetto esclusivamente la regolarità della notificazione dell’atto di pignoramento, e sarebbe stata invece accolta dal tribunale sulla base del rilievo di un difetto di notifica delle cartelle di pagamento. Ma, al contrario, nella sentenza impugnata risulta chiaramente affermato che l’opponente aveva dedotto la nullità dell’atto di pignoramento proprio per difetto di notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, e la società ricorrente non richiama specificamente il contenuto dell’atto di opposizione, nella parte in cui consentirebbe di verificare la fondatezza del suo diverso assunto, così impendendo alla Corte di esaminare nel merito la censura. 2. Con il secondo motivo si denunzia Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 2, D.P.R. 602/1973 e del D.P.R. n. 68/2005 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. . Anche questo motivo è inammissibile. Il tribunale ha in primo luogo affermato, in diritto, che l’agente della riscossione, di fronte alle contestazioni dell’opponente relative alla notifica a mezzo PEC delle cartelle di pagamento, ha l’onere di dimostrare di avere provveduto alle regolare notifica di esse in forma di documento informatico e non di mera copia informatica di documento cartaceo , di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso via PEC nonché la regolarità della trasmissione telematica dell’atto. Ha poi accertato, in fatto, che, nella specie, l’agente si era limitato a sostenere la ritualità e legittimità della notifica delle cartelle, ma senza produrre documentazione né fornire alcuna prova. Le censure di parte ricorrente non colgono affatto, in concreto, la suddetta ratio decidendi esse si esauriscono, in sostanza, nella generica esposizione delle disposizioni normative che regolano le notificazioni a mezzo PEC consentite nell’ambito del procedimento di riscossione esattoriale con lunghe digressioni relative a questioni del tutto estranee alle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata . In tal modo il ricorso finisce per mancare totalmente di specificità e concretezza in relazione ai fatti oggettivamente controversi, limitandosi ad affermazioni di diritto di carattere generale e astratto, non contestualizzate con specifico riferimento alle questioni giuridiche e di fatto poste a fondamento della pronuncia impugnata. Inoltre, la ricorrente non indica i documenti specificamente esibiti nel giudizio di merito al fine di dimostrare in concreto la regolarità delle notificazioni effettuate, oggetto delle contestazioni dell’opponente documenti che in realtà secondo il tribunale non sarebbero stati affatto prodotti , né chiarisce il momento e la fase del processo in cui la relativa produzione avrebbe avuto luogo, e tanto meno richiama il contenuto dei suddetti documenti, in evidente violazione degli artt. 366, comma 1, n. 6 e 369, comma 2, n. 4, c.p.c 3. Il ricorso è dichiarato inammissibile. Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo l’intimata svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228. P.Q.M. La Corte - dichiara inammissibile il ricorso - nulla per le spese. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.