PC in riparazione? L’avvocato poteva controllare la casella PEC tramite un altro dispositivo

La Corte di Cassazione torna a ribadire che il destinatario delle comunicazioni a mezzo PEC è responsabile della gestione della propria utenza e deve dunque dotarsi degli strumenti necessari per decodificare e leggere i messaggi ricevuta.

Sul tema l’ordinanza n. 14675/18, depositata il 6 giugno. Il caso. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’opposizione proposta da un istituto bancario avverso lo stato passivo del fallimento di una s.r.l La Corte d’Appello dichiarava l’improcedibilità del gravame per mancata comparizione dell’appellante alle udienze, ove compariva solo il procuratore dell’appellato. La pronuncia viene dunque impugnata in Cassazione. Casella PEC. Con il ricorso di legittimità si lamenta, sostanzialmente, l’omessa comunicazione dell’avviso di rinvio della prima udienza d’appello al difensore dell’appellante che non aveva avuto notizia nemmeno del differimento della seconda udienza comunicato per via telematica ma non ricevuto essendo il PC del difensore in riparazione. Il Collegio, dopo aver ripercorso la successione delle udienze e dei rinvii, ricorda che, in tema di comunicazione a mezzo PEC da parte della cancelleria, una volta che il sistema ha generato la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella di posta del destinatario, si crea una presunzione di conoscenza da parte dello stesso Cass. Civ. 25819/17 . Il destinatario è responsabile della gestione della propria utenza e deve dunque dotarsi degli strumenti necessari per decodificare e leggere i messaggi ricevuta, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario , salvo il caso fortuito. Egli è dunque tenuto a presidiare la casella di posta verificando periodicamente le comunicazioni ricevute. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte sottolinea che non c’è ragione per vanificare la presunzione di conoscenza derivante dalla ricevuta telematica di attestazione posto che il fatto dedotto dal ricorrente a giustificazione dell’omessa conoscenza della comunicazione, ovvero il fatto che il PC fosse in riparazione, non costituisce un’ipotesi di caso fortuito ben potendo l’avvocato utilizzare un diverso apparecchio informatico per accedere alla casella PEC. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 15 marzo – 6 giugno 2018, n. 14675 Presidente Di Virgilio – Relatore Pazzi Fatto e diritto Rilevato che 1. con sentenza non definitiva n. 272/2007 del 19 febbraio 2007 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’opposizione proposta da Intesa Sanpaolo s.p.a avverso lo stato passivo del fallimento s.r.l. rispetto alle istanze di insinuazione al passivo n. 12, 23 e 25 ritenendo che le stesse non trovassero adeguato suffragio documentale. Con sentenza definitiva n. 718/2011 del 9 marzo 2011 il medesimo Tribunale, in accoglimento dell’opposizione proposta rispetto alla domanda n. 17, ammetteva il credito vantato in chirografo per Euro 177.653,51. 2. La Corte d’ Appello di Napoli, con sentenza in data 4 luglio 2012, dichiarava improcedibile l’appello proposto avverso entrambe le statuizioni ai sensi dell’art. 348, comma 2, cod. proc. civ., in ragione della mancata presenza dell’appellante alle udienze del 11 gennaio 2012, ove compariva il solo procuratore dell’appellato, e del 4 luglio 2012, a seguito di rinvio d’ufficio della seconda udienza in origine fissata per il 27 giugno 2012. 3. Ricorre per cassazione contro tale pronuncia S.G.A. s.p.a. per il tramite del mandatario Intesa Sanpaolo Group Services s.c.p.a., al fine di far valere quattro motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso la curatela del fallimento s.r.l Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso. Considerato che 4. il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 348, comma 2, e 136 cod. proc. civ., in quanto l’avviso del rinvio della prima udienza non era stato comunicato al difensore dell’appellante, il quale non aveva avuto notizia neppure del differimento d’ufficio della seconda udienza, spedito per via telematica, perché all’atto della spedizione il suo computer era in riparazione in ogni caso tale provvedimento, non disposto dal collegio, non era idoneo a sostituire o integrare l’originario provvedimento di fissazione dell’udienza di rinvio, essendo privo dei requisiti e delle avvertenze di cui all’art. 348 cod. proc. civ Il secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., in quanto la declaratoria di improcedibilità era stata ingiustamente adottata a seguito di un’ errata verifica della notifica al procuratore di parte appellante del rinvio effettuato a mente dell’art. 348, comma 2, cod. proc. civ Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla mancata notifica dell’avviso cartaceo del rinvio della causa disposto d’ufficio dall’11 gennaio 2012 al 27 giugno 2012. Con l’ultimo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 24 Cost., perché la corte distrettuale, con il suo comportamento, non aveva consentito all’appellante di partecipare all’udienza del 4 luglio 2012 a cui era stata rinviata la causa di appello. 5. Il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione del loro comune riferimento alla ritualità delle comunicazioni effettuate ai sensi dell’art. 348, comma 2, cod. proc. civ., sono infondati. 5.1 È incontroverso fra le parti che alla prima udienza del procedimento d’appello, tenutasi in data 11 gennaio 2012, non prese parte l’appellante Intesa Sanpaolo Group Services s.c.p.a. ma il solo appellato fallimento XXXX s.r.l In quella sede la corte distrettuale rinviò la causa all’udienza del 27 giugno 2012, poi differita al 4 luglio a quest’ ultima udienza il collegio d’appello, in assenza dell’appellante, assegnò la causa a sentenza. Ciò posto occorre poi constatare che la comunicazione relativa a tale ultima udienza fu ritualmente effettuata, ai sensi dell’art. 136, comma 2, cod. proc. civ., a mezzo posta elettronica certificata al difensore dell’appellante in data 21 giugno 2012, come risulta dalla ricevuta telematica di avvenuta consegna presente in atti. Ora, una volta che il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., una presunzione di conoscenza da parte dello stesso Cass. 31/10/2017 n. 25819 , il quale è responsabile della gestione della propria utenza e ha l’onere non solo di dotarsi degli strumenti necessari per decodificare o leggere i messaggi inviatigli, non potendo la funzionalità dell’attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario salva l’allegazione e la prova del caso fortuito, come in ipotesi di malfunzionamenti del tutto incolpevoli, imprevedibili e comunque non imputabili al professionista coinvolto Cass. 25/9/2017 n. 22320 , ma anche di presidiare la propria casella procedendo alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo Cass. 2/7/2014 n. 15070 . Nel caso di specie non vi è ragione per vanificare la presunzione di conoscenza derivante dalla ricevuta telematica di accettazione della comunicazione, in quanto il fatto addotto dal ricorrente riparazione del computer all’atto della spedizione , oltre a non trovare alcun suffragio, non costituiva di certo un’ipotesi di caso fortuito, ben potendo essere ovviato tramite l’utilizzo di un diverso apparecchio informatico. 5.2 Nessun vizio deriva dalla mancata comunicazione del primo rinvio disposto, in applicazione del generale principio utile per inutile non vitiatur, in quanto il differimento dell’udienza ad altra data con provvedimento regolarmente comunicato ha fatto sì che l’appellante non subisse alcun pregiudizio dall’originaria omissione. 5.3 Il contenuto della comunicazione effettuata tramite posta elettronica certificata risulta poi del tutto rituale, comprendendo tutte le indicazioni previste dall’art. 45 disp. att. cod. proc. civ. nel testo all’epoca in vigore, poiché solo con la modifica introdotta dall’art. 16 d.l. 179/2012 è stata prevista la comunicazione del provvedimento integrale. La dichiarazione di improcedibilità è stata perciò adottata a seguito di un esatto controllo della ritualità della comunicazione effettuata all’appellante. 6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Infatti l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nel suo attuale testo riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e non ricomprendente questioni o argomentazioni nel caso di specie peraltro non discusse fra le parti nel precedente grado , dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ ultimo profilo Cass. 8/10/2014 n. 21152 Cass. 14/06/2017 n. 14802 . Non risulta perciò censurabile sotto il profilo dedotto la mancata valutazione dell’omessa comunicazione del rinvio dell’udienza dell’11 gennaio 2012. 7. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve pertanto essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.