La notifica PEC è valida anche se il messaggio non viene ricevuto perché la casella è piena

La notificazione si ha per eseguita nel caso in cui la mancanza di diligenza del destinatario abbia impedito il regolare completamento del procedimento notificatorio essendo la casella di posta piena.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12451/18, depositata il 21 maggio, dichiara inammissibile il ricorso proposto avverso il decreto con cui il Tribunale di Varese aveva respinto per estinzione irreversibile dell’apparato produttivo aziendale l’opposizione allo stato passivo proposta da alcuni lavoratori nei confronti del loro datore di lavoro per ottenere il risarcimento del danno da illegittimo licenziamento. Notifica via PEC. Nel dettaglio, il Fallimento della parte datoriale aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso di legittimità perché tardivo. Il termine per impugnare era infatti decorso, dovendo ritenersi valida ed efficacia la notifica del decreto impugnato effettuata dalla cancelleria all’indirizzo PEC dei difensori dei lavoratori, anche se la comunicazione non era avvenuta perché la casella di posta risultava piena. Il Collegio ritiene fondata l’eccezione e, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali sul tema, ricorda che l’art. 16, comma 6, d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012 prevede che le notificazioni e comunicazioni a soggetti obbligati a munirsi di un indirizzo PEC, che non abbiano provveduto a istituire o comunicare tale indirizzo, sono eseguite mediante deposito in cancelleria, modalità che trova applicazione anche in caso di mancata consegna del messaggio PEC per cause imputabili al destinatario. La notificazione si avrà allora per eseguita nel caso in cui la mancanza di diligenza di quest’ultimo abbia impedito il regolare completamento del procedimento notificatorio essendo la casella di posta piena. Il titolare dell’account di posta ha infatti il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della casella postale, attraverso l’uso di dispositivi di vigilanza adeguati ed un controllo costante e prudente della posta in arrivo, compresa quella classificata dal programma gestionale come posta indesiderata cfr. Cass. n. 31/17, n. 23650/16, n. 13917/16 . In conclusione la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 febbraio – 21 maggio 2018, numero 12451 Presidente Di Cerbo – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Gli odierni ricorrenti propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso il decreto numero 1092/16 con cui il Tribunale di Varese respinse, per estinzione completa ed irreversibile dell’intero apparato produttivo aziendale, la loro opposizione allo stato passivo del Fallimento s.r.l., segnatamente laddove escluse il loro diritto al risarcimento del danno da illegittimo licenziamento. Resiste il Fallimento con controricorso. Motivi della decisione Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza. 1.- Deve pregiudizialmente rilevarsi che l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso, sollevata dal Fallimento in questa sede, è fondata. Quest’ultimo in particolare ha dedotto e documentato docomma 2 allegato al controricorso che il deposito del decreto oggi impugnato del Tribunale di Varese venne comunicato agli attuali ricorrenti il 19.8.16 tramite p.e.comma in quanto, pur essendo pervenuto alla Cancelleria del Tribunale un messaggio di mancata comunicazione in quanto la casella p.e.comma del difensore dei ricorrenti risultava piena, tale comunicazione doveva ritenersi comunque valida con conseguente inammissibilità dell’odierno ricorso, notificato solo in data 20 settembre 2016. L’eccezione è fondata. Premesso infatti che il termine per impugnare il detto decreto è di giorni 30 ai sensi dell’art. 99 L.F., deve valutarsi se la comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto, avvenuto tramite p.e.comma all’indirizzo indicato nello stesso attuale ricorso nico.parise.busto.pecavvocati.it , e conclusosi con messaggio di mancata comunicazione per risultare piena la predetta casella di posta elettronica, sia da considerare parimenti effettuata ed efficace. Al quesito il Collegio intende dare risposta affermativa in base ai tenore dell’art. 16, comma 6, del dl. numero 172/12, convertito in L. numero 221/12, e della giurisprudenza di questa Corte in argomento. L’art. 16, comma 6, del d.l. numero 179/12, convertito in L.numero 221/12, stabilisce Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario , sicché la comunicazione deve aversi per notificata allorquando la mancata consegna dipenda da cause imputabili al destinatario, come nel caso in cui, per mancata diligenza di questi, la casella risulti piena per prolungata e dunque colpevole assenza di lettura della posta elettronica. In materia questa Corte si è già pronunciata, affermando che il titolare dell’ account di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della propria casella postale e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come posta indesiderata Cass. numero 13917/16, Cass. numero 31/2017 . Con particolare riferimento a fattispecie analoga a quella in esame questa Corte ha affermato che l’avviso di fissazione della udienza di discussione è stato comunicato dalla cancelleria alla casella di posta elettronica ed è stato rifiutato dal sistema con il messaggio 5.2.2 Aruba Pec s.p.a - casella piena . La comunicazione deve ritenersi regolarmente avvenuta giacché, una volta ottenuta dall’ufficio giudiziario l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di PEC, diventa responsabile della gestione della propria utenza, nel senso che ha l’onere, non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli dalla cancelleria a tale indirizzo ma anche di attivarsi affinché i messaggi possano essere regolarmente recapitati Cass. numero 23650/16 . 1.2- Ne consegue l’inammissibilità del ricorso, nulla peraltro avendo dedotto i ricorrenti in ordine all’eccezione sollevata. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte d’atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.