Ricorso per cassazione improcedibile se la sentenza depositata non reca l’attestazione di conformità all’originale digitale

In tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutagli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, l. n. 53/1994, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare nei termini queste ultime presso la cancelleria della Corte.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 12133 depositata il 18 maggio 2018. Il fatto. Una S.r.l. conveniva in giudizio dinnanzi al Tribunale territorialmente competente il convenuto prima, e i suoi eredi successivamente alla sua morte, deducendo di aver acquistato con atto notarile dal suo dante causa la quota di pertinenza di quest’ultimo su un edificio, e sostenendo che il proprio titolo contrastava con quello del convenuto. Chiedeva quindi accertarsi la titolarità dell’intera proprietà sulla metà dell’edificio. Il Tribunale adito riconosceva che la società attrice era comproprietaria del bene oggetto di causa solo in ragione di 11/36, spettando agli eredi del convenuto la titolarità delle restanti quote. La Corte d’Appello adita successivamente rigettava l’appello proposto dalla società la quale si vedeva costretta quindi, a proporre ricorso per Cassazione. Notificazione della sentenza. Gli Ermellini, hanno dichiarato improcedibile il ricorso proposto dalla società ricorrente poiché, pur avendo quest’ultima dichiarato che la sentenza impugnata le era stata notificata a mezzo PEC, ed avendo provveduto a notificare tempestivamente il ricorso mediante consegna all’Ufficiale giudiziario per la notifica, tuttavia non risultava depositata agli atti la copia autentica della sentenza di appello con la relazione di notificazione, avendo la parte solo depositato copia della predetta sentenza, ma senza l’attestazione di conformità ex art. 16- bis , comma 9- bis , d.l. n. 179/2012 in ordine alla notifica della sentenza stessa. I Giudici nell’occasione richiamano il recente orientamento di legittimità che dando conto della necessità di contemperare i principi del processo telematico con le peculiarità del giudizio di cassazione, ha ribadito che se il destinatario della notifica del provvedimento impugnato intende proporre ricorso per cassazione, dovrà depositare nella cancelleria della Corte copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati, atto impugnato e relazione di notifica, e dovrà attestare la conformità di tali documenti cartacei agli originali digitali. Il Collegio prosegue inoltre affermando che l’autenticazione del messaggio PEC è necessaria, perché secondo lo stesso solo di lì si evince giorno e ora in cui si è perfezionata la notifica per il destinatario, essendo altresì, necessaria l’autenticazione dei suoi due allegati relazione della notificazione a mezzo PEC e provvedimento impugnato autenticato dall’avvocato che ha provveduto alla notifica, in quanto solo così si adempie a quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., il quale richiede, a pena di improcedibilità, il deposito di copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta . Concludendo. I Giudici, pertanto, affermano che il difensore quando propone un ricorso per cassazione, anche quando il provvedimento impugnato gli è stato notificato con modalità telematiche, ha gli strumenti per provvedere agli adempimenti richiesti, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c. e quindi, qualora trascorsi venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione, non siano state depositate le copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le stesse, con attestazione di conformità, non siano agli atti, il ricorso è improcedibile, senza che l’improcedibilità possa essere sanata da una produzione successiva alla scadenza del termine di venti giorni notifica.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 marzo – 17 maggio 2018, n. 12133 Presidente Orilia – Relatore Criscuolo Fatti di causa La società ricorrente conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina, G.P. , deceduto nelle more del giudizio ed al quale sono subentrati quali eredi P.M.T. , G.C. e G.A. , deducendo di avere acquistato con atto per notaio Pa. del 31 luglio 1981 la quota di pertinenza di I.V. sulla galleria dell’edificio facente parte dell’isolato 174 del PRG della Città di Messina, sostenendo che il proprio titolo contrastava con quello dei convenuti. Chiedeva quindi accertarsi la titolarità dell’intera proprietà sulla metà della galleria, e precisamente per la parte prospiciente piazza , e per la quota di 4/6 sull’altra metà prospiciente Via omissis . Nella resistenza dei convenuti, interveniva in giudizio I.R. che chiedeva accertarsi il suo diritto di proprietà di circa i 2/3 della galleria. Il Tribunale di Messina con la sentenza n. 599/2013 riconosceva che l’attrice era comproprietaria del bene oggetto di causa, comprensivo sia dell’atrio centrale che delle due zone di ingresso, in ragione di 11/36, spettando ai convenuti la quota di 6/36 pro capite ed all’interventore I.R. la quota di 11/36. La Corte d’Appello di Messina con la sentenza n. 68 dell’8 febbraio 2016 rigettava l’appello proposto dalla società. Ad avviso dei giudici di appello era corretta la conclusione del Tribunale secondo cui, dei beni in comunione, facevano parte anche tre locali che invece la società pretendeva essere di sua esclusiva proprietà. La bontà della soluzione del giudice di primo grado trovava conforto nel tenore dell’atto del 28/4/1938 rectius 1933 con il quale l’originario comproprietario della galleria, aveva trasferito al dante causa mediato della società la proprietà indivisa anche dei suddetti locali, non potendosi invece attribuire rilevanza alla sola colorazione dei locali di cui alla planimetria allegata all’originario atto di divisione del 1921, dovendosi escludere che la diversità cromatica dei locali in questione potesse influire sulla distribuzione dei beni come effettuata nello stesso atto di divisione. La galleria, comprensiva quindi anche dei tre locali de quibus, era rimasta in comunione non potendosi nemmeno attribuire rilievo al contenuto dell’atto C. del 1938, essendo in ogni caso evidente la volontà di conservare la comunione sulla galleria, in ragione della specifica disciplina che le parti si erano date quanto alla distribuzione dei canoni di locazione, che non si conciliava con la diversa tesi dell’appellante di una ripartizione dei beni in proprietà esclusiva. Relativamente alla domanda avanzata dall’interventore, la Corte messinese rilevava che le previsioni testamentarie di I.R. , padre del dante causa della società e nonno dell’interventore, deponevano nel senso che il de cuius avesse inteso attribuire al figlio solo una parte dei suoi diritti sulla galleria, e precisamente la metà della quota complessivamente vantata, pari a 22/36, essendo tale attribuzione sostanzialmente corrispondente alla volontà di lasciare al figlio la terza parte circa della galleria. Inoltre doveva escludersi la possibilità per l’appellante di potere invocare l’usucapione abbreviata anche della quota dell’interventore, in quanto non vi era perfetta corrispondenza tra il bene posseduto e quello oggetto del titolo, non potendosi affermare che con l’atto del 1981 la IMCONF avesse acquistato da I.V. anche la quota che il de cuius aveva lasciato al nipote. La IMCONF S.r.l. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello sulla base di cinque motivi. I.R. , P.M.T. e G.C. hanno resistito con controricorso. G.A. non ha svolto difese in questa fase. Tutte le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dei controricorso così come sollevata dalla difesa della ricorrente nelle memorie presentate in prossimità dell’udienza camerale celebrata presso la Sesta Sezione civile. Ed, invero, quanto alla circostanza che il controricorso di I.R. sia stato notificato presso lo studio del difensore della ricorrente, studio sito in , sul presupposto che invece, non essendo stato eletto domicilio in Roma, la notifica doveva avvenire esclusivamente a mezzo pec, reputa il Collegio di dover dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui cfr. Cass. n. 28122/2017 la notifica del controricorso in cassazione irrituale è comunque valida se ha raggiunto il fine legale della conoscenza dell’atto, posto che a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 183 del 2011, sebbene la notifica del controricorso al difensore che non abbia eletto domicilio debba essere effettuata, a pena di nullità, all’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato all’ordine professionale, tuttavia, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., ove l’atto, malgrado l’irritualità della notifica, sia venuto a conoscenza del destinatario, la nullità non può essere dichiarata per il raggiungimento dello scopo conf. Cass. n. 13857/2014 . Nella specie, come si evince chiaramente dal tenore della menzionata memoria, la notifica del controricorso ha comunque assicurato la piena conoscenza dell’atto da parte della difesa della ricorrente. Quanto invece alla dedotta inammissibilità del controricorso della P. e della G. per non essere stato notificato anche all’intimato G.P. , va osservato che trattasi di atto diretto espressamente a contrastare il ricorso principale, senza che vi sia contrapposizione con la posizione dell’intimato, con la conseguenza che non andava anche notificato a quest’ultimo. 2. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per la violazione dell’art. 369 co. 2 n. 2 c.p.c Invero, pur avendo la stessa parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata le è stata notificata a mezzo PEC in data 11/4/2016, ed avendo provveduto a notificare il ricorso con consegna all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 13/4/2016 e quindi oltre il termine breve per la proposizione del ricorso, avuto riguardo alla data di deposito della sentenza gravata, verifica questa che rileva ai fini di quanto precisato da Cass. n. 17066/2013, secondo la quale, pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza e quella della notificazione del ricorso assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. , non risulta però depositata copia autentica con la relazione di notificazione, avendo la parte solo depositato copia della sentenza di appello ma senza attestazione di conformità ai sensi dell’art. 16 bis co. 9 bis del d.l. n. 179/2012 in ordine alla notifica della sentenza stessa. A tal fine va richiamato l’orientamento di questa Corte per il quale, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, per soddisfare l’onere di deposito della copia autentica della relazione di notificazione, il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, deve estrarre copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis, comma 5, della L. n. 53 del 1994, attestare con propria sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie analogiche formate e depositare nei termini queste ultime presso la cancelleria della Corte Cass. n. 24442/2017 Cass. n. 17450/2017 Cass. n. 6657/2017 . Trattasi peraltro di orientamento che è stato di recente ribadito da questa Sezione con l’ordinanza n. 30765/2017, che dando conto della necessità di contemperare i principi del processo telematico con le peculiarità del giudizio di cassazione, ha ribadito che se il destinatario della notifica del provvedimento impugnato intende proporre ricorso per cassazione, dovrà depositare nella cancelleria della Corte copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati, atto impugnato e relazione di notifica, e dovrà attestare la conformità di tali documenti cartacei agli originali digitali. L’autenticazione del messaggio p.e.c. è poi necessaria, perché solo di lì si evince giorno e ora in cui si è perfezionata la notifica per il destinatario, essendo altresì necessaria l’autenticazione dei suoi due allegati relazione della notificazione a mezzo p.c.c. e provvedimento impugnato autenticato dall’avvocato che ha provveduto alla notifica, in quanto solo così si adempie a quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., laddove richiede, a pena d’improcedibilità, il deposito di copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta . Pertanto l’avvocato che propone un ricorso per cassazione, anche quando il provvedimento impugnato gli è stato notificato con modalità telematiche, ha gli strumenti per procedere agli adempimenti richiesti, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., e quindi, qualora, trascorsi venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione non siano state depositate le copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le stesse, con attestazione di conformità, non siano state depositate dal controricorrente o non siano comunque agli atti, il ricorso è improcedibile, senza che l’improcedibilità non può essere sanata da una produzione successiva alla scadenza del termine di venti giorni dalla notifica. A tal fine va altresì evidenziato che a fronte del rilievo dell’improcedibilità del ricorso per la suddetta ragione operato dalla difesa del controricorrente I. nelle memorie ex art. 378 c.p.c., la difesa del ricorrente in sede di discussione nulla ha eccepito. In assenza di tali documenti il ricorso pertanto deve essere dichiarato improcedibile, occorrendo in tal senso richiamare il costante orientamento di questa Corte secondo cui, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, la Corte deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 c.p.c. e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità cfr. da ultimo Cass. n. 1295/2018 . 3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla a provvedere sul punto quanto all’intimato che non ha svolto attività difensive in questa fase. 9. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato improcedibile, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Dichiara il ricorso improcedibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida per I.R. in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge, e per gli altri controricorrenti in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.