Ricorso per cassazione: l’avvocato dell’appello può redigere l’attestazione di conformità

L’attestazione di conformità della copia analogica può essere redatta, ai sensi dell’art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53/1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore .

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 10941/18, depositata l’8 maggio. Il caso. Il Tribunale di Marsala rigettava la domanda avanzata dagli attori volta all’ottenimento di una somma a titolo di corrispettivo per la vendita di un fondo in comproprietà con i convenuti. Successivamente, la Corte d’Appello rigettava il gravame proposto dall’attore. Avverso la pronuncia della Corte distrettuale l’appellante ricorre per cassazione. L’attestazione di conformità. Il Supremo Collegio nel dichiarare inammissibile il ricorso poiché tardivo, fornisce un importante principio in ordine all’attestazione di conformità della copia analogica, che deve essere depositata per il ricorso in Cassazione. La Suprema Corte sottolinea infatti che, nel caso di specie, la copia analogica della sentenza impugnata risultava depositata presso la cancelleria della Corte, corredata dall’attestazione di conformità sottoscritta dal difensore che aveva assistito il ricorrente in appello. Tale attestazione, affermano i Giudici di legittimità, deve essere ritenuta rituale, in quanto il citato art. 9 l. n. 53/1994 non prescrive che l’attestazione di conformità debba essere sottoscritta dal medesimo difensore che assiste le parti nel grado di giudizio nel quale la copia analogica del documento digitale viene prodotta , poiché il potere di certificare la conformità all’originale digitale della copia analogica va ravvisato in capo al difensore che è munito di procura alle liti al momento in cui l’attestazione viene redatta . Il principio di diritto sull’attestazione di conformità. Ciò posto, la Suprema Corte fissa il seguente principio di diritto in tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Corte di Cassazione fintantoché innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico può essere redatta, ai sensi dei commi 1- bis e 1- ter dell’art. 9 l. n. 53/1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 ottobre 2017 – 8 maggio 2018, n. 10941 Presidente Amendola – Relatore D’Arrigo Fatto e diritto Ritenuto D.P. e L. , danti causa degli odierni ricorrenti, convenivano innanzi al Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Castelvetrano, B.G. , chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 351.190,70 ed accessori, costituente la quota di corrispettivo loro spettante per la vendita di un fondo di cui essi erano comproprietari. La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto della domanda. Il tribunale rigettava la domanda degli attori, che venivano condannati al pagamento delle spese processuali. Contro tale sentenza i D. proponevano appello, al quale resisteva la controparte. La Corte d’appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnazione e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Tale sentenza è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da parte degli eredi di D.P. e L. , nel frattempo deceduti. B.G. ha resistito con controricorso. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. come modificato dal comma 1, lett. e , dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla I. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. I ricorrenti hanno depositato successive memorie. Ritenuto Il ricorso è inammissibile. Questa Corte ha ripetutamente affermato che - ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ. - il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge n. 53 del 1994, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica del provvedimento impugnato, allegati al messaggio da ultimo Sez. 6 - Ordinanza n. 30765 del 22/12/2017 . In atti si rinviene una copia analogica della sentenza impugnata, la cui conformità all’originale telematico è asseverato dal difensore che aveva assistito i D. nel giudizio d’appello. Tale attestazione deve essere ritenuta rituale, in quanto il citato art. 9 della legge n. 53 del 1994 non prescrive che l’attestazione di conformità debba essere sottoscritta dal medesimo difensore che assiste le parti nel grado di giudizio nel quale la copia analogica del documento digitale viene prodotta. Invero, il potere di certificare la conformità della stampa cartacea all’originale digitale va ravvisato in capo al difensore che è munito di procura alle liti al momento in cui l’attestazione viene redatta. In particolare, occorre distinguere a seconda che il difensore sia munito di procura generale o speciale. Nel primo caso lo ius postulandi viene meno solamente per effetto di espressa revoca del mandato difensivo. Nel secondo caso, ai sensi dell’art. 83, ultimo comma, cod. proc. civ., la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa, sicché i poteri rappresentativi del difensore si esauriscono nel momento in cui viene introdotto il grado successivo di giudizio con l’assistenza legale di un diverso avvocato. Consegue che, nell’uno quanto nell’altro caso, il difensore che ha assistito la parte nel grado di giudizio appena conclusosi, conserva il potere di estrarre copie analogiche dagli originali digitali presenti negli nei registri telematici di cancelleria, giacché, pure nell’ipotesi più restrittiva cioè che egli sia munito di una procura speciale valevole solo per quel grado di giudizio egli conserva la rappresentanza processuale della parte ad esempio, anche ai fini dell’eventuale notificazione dell’impugnazione proposta da controparte fintanto che il cliente non conferisca, per il grado successivo, il mandato alle liti ad altro difensore. Va quindi affermato il seguente principio di diritto In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell’osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l’attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la Corte di cassazione fintantoché innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico può essere redatta, ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge n. 53 del 1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore . Così risolta la questione dell’attestazione di conformità all’originale della quale deve essere munita la sentenza impugnata, resta fermo il fatto che l’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., prescrive, a pena di improcedibilità, la produzione anche della relata di notificazione. E qualora la sentenza d’appello venga notificata a mezzo PEC, l’attestazione di conformità prevista dall’art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 deve riguardare anche il messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché la relazione di notifica del provvedimento impugnato allegata al messaggio. Tale requisito difetta nel caso di specie. Né può considerarsi succedaneo dell’attestazione di conformità che avrebbe dovuto redigere l’avvocato che ha ricevuto la PEC, l’attestazione contenuta nella relata di notificazione predisposta dal notificante quest’ultima, infatti, non riguarda i messaggi di posta elettronica certificata che alla stessa sono ovviamente successivi , bensì il documento la sentenza che viene inviato in allegato. La rilevata omissione è rilevante nel caso di specie, poiché, in difetto di prova circa la data di decorrenza del termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ., il ricorso risulta tardivamente proposto, avuto riguardo alla circostanza che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 29 luglio 2016, mentre il ricorso è stato passato per la notificazione in data 31 ottobre 2016 lunedì . Invero, non potendo tener conto a causa del difetto di attestazione di conformità, della data in cui la sentenza impugnata è stata notificata ai ricorrenti, la prova di resistenza avrebbe dato esito favorevole solamente qualora il ricorso fosse stato comunque notificato nel rispetto del termine per impugnare breve di cui all’art. 325 cod. proc. civ. a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza, ossia entro il 28 ottobre 2016 venerdì . In conclusione, il ricorso è inammissibile perché tardivo. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti in solido, ai sensi dell’art. 385, comma primo, cod. proc. civ., nella misura indicata nel dispositivo. Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sicché va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.