Tempestività della riassunzione del processo ed efficacia probatoria della notifica a mezzo PEC

In tema di riassunzione del giudizio, il termine per la riassunzione è di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha causato la sospensione del processo principale. Ma quale atto ha efficacia probatoria per stabilire la data in cui è avvenuto il passaggio in giudicato? Secondo la ricorrente la prova è fornita dalla notificazione a mezzo PEC delle sentenza, secondo i Giudici di merito tale notifica non ha efficacia probatoria. La questione è rimessa alla Suprema Corte.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 10465/18, depositata il 3 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Trento accoglieva il gravame dell’appellante contro la decisione del Tribunale di Bolzano con la quale il medesimo veniva condannato al pagamento mensile dell’assegno di mantenimento per il figlio in favore della moglie. Avverso la decisione di merito la moglie soccombente ha proposto ricorso per cassazione. Secondo la ricorrente la Corte d’Appello erroneamente aveva ritenuto tempestiva la riassunzione del giudizio di secondo grado, quest’ultimo sospeso con ordinanza in attesa delle definizione del giudizio avente ad oggetto la querela di falso di un documento, rilevante per la determinazione del mantenimento, proposta dalla stessa ricorrente. La tempestività della riassunzione. In particolare la ricorrente sostiene che la sentenza che definiva il giudizio di falso, notificata a mezzo PEC il 14 gennaio 2016, fosse passata in giudicato il 14 marzo 2016, mentre la riassunzione era stata effettuata solo il 3 luglio 2016, in violazione dell’art. 297 c.p.c. Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione , il quale prescrive il termine di 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, che da luogo alla sospensione, ai fini della riassunzione del giudizio. La Corte territoriale, al contrario, ha ritenuto che la notifica a mezzo PEC delle sentenza che definiva il giudizio di falso non avesse efficacia probatoria in quanto dalla attestazione della cancelleria risultata che il giudizio fosse passato in giudicato solo il 13 giugno 2016 e di conseguenza la riassunzione del processo principale sarebbe stata tempestiva. La prova del passaggio in giudicato. La Cassazione per decidere la controversia oggetto di ricorso ha ricordato che il giudicato esterno può fare stato nel processo, anche ai fini della riassunzione ex art. 297 c.p.c. , quando vi è la certezza della sua formazione. Quest’ultima deve essere provata, anche in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria, ai sensi dell’art. 124 disp.att. c.p.c., che costituisce dunque - come si evince dal tenero letterale della norma a prova del passaggio in giudicato della sentenza” - l’ordinario strumento mediante il quale il giudicato deve essere comprovato . Ciò premesso il Supremo Collegio ha ritenuto che, nel caso di specie, la Corte territoriale si sia attenuta al citato principio avendo accertato sia che la notifica a mezzo PEC della sentenza sulla querela di falso non risultava comprovata il messaggio aveva allegati di cui non si capiva la natura, ossia se fossero la ricevuta di avvenuta consegna o la ricevuta di accettazione , sia che dalla certificazione della cancelleria risultava che la sentenza era passata in giudicato in data 13 giugno 2016. Per queste ragioni la Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 febbraio – 2 maggio 2018, n. 10465 Presidente Di Virgilio – Relatore Valitutti Fatto e diritto Rilevato che P.E. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento - Sezione distaccata di Bolzano n. 88/2017, notificata il 21 luglio 2017, con la quale è stato accolto l’appello proposto da H.A. avverso la decisione n. 672/2013 del Tribunale di Bolzano, con la quale il medesimo era stato condannato al pagamento della somma di Euro 500,00 mensili a favore della moglie, a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore M. l’intimato non ha svolto attività difensiva Considerato che con i tre motivi di ricorso di ricorso la istante denuncia la violazione e falsa applicazione, degli articoli 297, 305, 307, 281 cod. proc. civ., 124 disp. att. cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. lamenta la ricorrente che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto tempestiva la riassunzione del giudizio di secondo grado - sospeso con ordinanza del 12 febbraio 2014, in attesa della definizione del giudizio avente ad oggetto la querela di falso proposta dalla P. nei confronti di un documento rilevante per il giudizio in corso, concernente la determinazione del contributo al mantenimento del figlio M. - sebbene la sentenza che definiva il giudizio di falso fosse stata notificata dall’H. il 14 gennaio 2016, e fosse quindi passata in giudicato il 14 marzo 2016, mentre la riassunzione era stata effettuata solo il 3 luglio 2016 la Corte territoriale, anziché rilevare tale palese violazione del disposto dell’art. 297 cod. proc. civ., a tenore del quale la riassunzione del giudizio sospeso va operata entro il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio che ha dato luogo alla sospensione, avrebbe, per contro, erroneamente ritenuto che l’efficacia probatoria della notifica PEC della sentenza che definiva il giudizio di falso avvenuta il 14 gennaio 2016 sarebbe stata smentita dall’attestazione della cancelleria, ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ., secondo la quale tale decisione sarebbe passata in giudicato solo il 13 giugno 2016, sicché la riassunzione del processo principale, avvenuta il 3 luglio 2016, sarebbe tempestiva l’efficacia della notifica PEC della sentenza sulla querela di falso, ai fini della determinazione del passaggio in giudicato della stessa, si desumerebbe, peraltro, da una attenta analisi degli elementi risultanti dalla stessa relata, che avrebbero comunque potuto essere integrati dalla Corte d’appello d’ufficio, ai sensi dell’art. 281 cod. proc. civ. Ritenuto che affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo - anche ai fini del rispetto del termine per la riassunzione di cui all’art. 297 cod. proc. civ. - è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria, ai sensi dell’art. 124 disp. att. cod. proc. civ. Cass., 09/03/2017, n. 6024 Cass., 19/09/2013, n. 21469 , che costituisce dunque - come si evince dal tenore letterale della norma a prova del passaggio in giudicato della sentenza l’ordinario strumento mediante il quale il giudicato deve essere comprovato nel caso di specie, l’impugnata sentenza si sia attenuta a tali principi, avendo la Corte accertato, non soltanto che la notifica PEC della sentenza sulla querela di falso, in data 14 gennaio 2016, non risultava comprovata, trattandosi di messaggio che recava degli allegati dei quali non era possibile accertare la natura, ossia se si trattava della ricevuta di avvenuta consegna o della ricevuta di accettazione, ma anche che dalla certificazione della cancelleria risultava che detta sentenza era stata notificata il 14 aprile 2016 e che, pertanto, la stessa era passata in giudicato il 13 giugno 2016 Considerato che peraltro, venendo in considerazione un error in procedendo, la Corte mediante accesso agli atti - ha accertato che effettivamente in data 14 gennaio 2016 è stata soltanto spedita la sentenza che definiva il giudizio di falso, mentre manca agli atti la cd. ricevuta di avvenuta consegna RAC , che costituisce, ai sensi dell’art. 6 del d. P.R. n. 68 del 2005, il solo documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario Cass., 22/12/2016, n. 26773 Ritenuto che del tutto inconferente si palesi, infine, il richiamo all’art. 281 cod. proc. civ., che concerne la diversa fattispecie della riassunzione di prove già espletate in istruttoria Ritenuto che pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso debba essere rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato. Dagli atti il processo risulti esente, sicché non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Dispone, ai sensi del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente sentenza si omettano le generalità.