Notifica via PEC: gli Ermellini ribadiscono la necessità dell’attestazione di conformità

In tema di ricorso per cassazione, qualora la notifica avvenga in via telematica, ai fini della procedibilità del ricorso stesso, il difensore deve depositare in cancelleria copia analogica con attestazione di conformità del messaggio di posta elettronica certificata con il quale ha ricevuto la notifica del provvedimento impugnato, oltre a quest’ultimo ed alla relazione.

E’ questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7525/18, depositata il 27 marzo, avente ad oggetto il ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’attestazione di conformità. Il Collegio ha sottolineato la natura pregiudiziale del mancato deposito, da parte della società ricorrente, unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata della notificazione effettuata a mezzo PEC, anch’essa in copia autentica. La giurisprudenza si è ormai consolidata nel ritenere che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notifica avvenga in via telematica, ai fini della procedibilità del ricorso stesso ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., il difensore deve depositare in cancelleria copia analogica, con attestazione di conformità, del messaggio di posta elettronica certificata con il quale ha ricevuto la notifica del provvedimento impugnato, oltre a quest’ultimo ed alla relazione di notifica allegati al messaggio. L’assenza, nel caso di specie, dell’attestazione di conformità nonché l’impossibilità di acquisire aliunde la copia autentica della relazione di notifica della sentenza gravata in quanto la ricorrente non aveva allegato tale documento , porta la Corte di legittimità alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 18 gennaio – 27 marzo 2018, n. 7525 Presidente Di Amato – Relatore Iannello Fatto e diritto Rilevato che con sentenza depositata in data 30 aprile 2015 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del gravame proposto dalla Aereo Stazione Merci S.r.l. e in totale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande nei confronti di detta società proposte dalla Banca Antoniana Veneta S.p.A., volte a ottenerne la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’asserito inadempimento del contratto di deposito e custodia di 178 autovetture, da sdoganarsi in favore della SsangYong Italia S.p.A., sulle quali la banca vantava diritto di pegno in ragione del finanziamento a questa erogato inadempimento consistito nel fatto che tutte le vetture erano state sdoganate e consegnate a terzi, senza previa verifica della legittimità delle relative operazioni e senza prima aver avvisato la creditrice con pegno, né dalla stessa esserne stata autorizzata che avverso tale decisione propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, Cerved Credit Management S.p.A. con socio unico, nella dedotta qualità di procuratrice di Vesta Finance S.r.l., cessionaria del credito vantato da Banca Antonveneta S.p.A. nei confronti della SsangYong Motor Italia S.p.A. e di ogni diritto, ragione o pretesa ad esso inerente anche nei confronti di garanti, coobbligati e/o terzi che ad esso resiste Aereo Stazione Merci S.r.l. in liquidazione, depositando controricorso che entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. ritenuto che è pregiudiziale - in quanto attinente alla procedibilità del ricorso - il rilievo del mancato deposito, da parte della ricorrente, unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata, in copia anch’essa autentica, della notificazione che si afferma essere stata notificata a mezzo p.e.c. in data 29 maggio 2015 , in violazione dell’art. 369, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ. che secondo principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, qualora la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369, comma secondo, n. 2 cod. proc. civ., il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi dei commi 1-bis e 1-ter dell’art. 9 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonché della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio Cass. 22/12/2017, n. 30765 v. anche Cass. n. 657 del 2017 n. 17450 del 2017 n. 23668 del 2017 n. 24292 del 2017 n. 24347 del 2017 n. 24422 del 2017 n. 25429 del 2017 n. 26520 del 2017 n. 26606 del 2017 n. 26612 del 2017 n. 26613 del 2017 n. 28473 del 2017 che nel caso di specie risulta prodotta, oltre alla copia del provvedimento in questione con regolare certificazione di conformità all’originale rilasciata dalla cancelleria , copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata e dei relativi allegati tra cui provvedimento e relazione di notifica manca però qualsivoglia attestazione di conformità che non è stata aliunde acquisita la copia autentica della relazione di notifica della gravata sentenza, non avendo la controricorrente allegato tale documento, né risultando lo stesso presente agli atti del fascicolo di ufficio che la notifica del ricorso non supera la c.d. prova di resistenza Cass. n. 17066 del 2013 , essendo stata effettuata in data 23 luglio 2015, oltre 60 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza 30 aprile 2015 che il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo in favore del procuratore che ne ha fatto richiesta in memoria, dichiarandosi antistatario che ricorrono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. dichiara improcedibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore antistatario. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.