Valida la notifica via PEC priva della firma digitale

L’irritualità della notificazione di un atto a mezzo PEC non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato, quale la conoscenza dell’atto alla controparte, determinando così il raggiungimento dello scopo legale.

Così si è espressa la Suprema Corte con ordinanza n. 6518/17 depositata il 14 marzo. Il caso. Il ricorrente, rimasto soccombente nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo rilasciato dal Giudice di Pace alla società creditrice a titolo di risarcimento danni, adisce la Cassazione eccependo l’esistenza di un errore compiuto dal Giudice d’appello e costituito dal mancato esame della domanda di merito da lui sollevata. Impugnabilità del lodo arbitrale. La Corte rileva immediatamente l’ammissibilità della doglianza sollevata dal ricorrente, in quanto egli ha chiaramente riportato la domanda proposta dinanzi al Giudice territoriale quale l’ errore dell’arbitro per falsa rappresentazione della realtà che, fra l’altro, in ordine all’impugnabilità del lodo arbitrale, deve ritenersi fondata. Gli Ermellini affermano che la Corte di merito ha erroneamente escluso il fatto che si potesse procedere all’esame delle censure sollevate dal ricorrente in sede di opposizione al giudizio monitorio tale valutazione, infatti, qualora richiesta deve ritenersi doverosa. La giurisprudenza, in tal senso, insegna che il lodo arbitrale irrituale, pur se non impugnabile per errori di diritto, lo è per vizi che possono vulnerare la manifestazione di volontà negoziale, quali l’errore, la violenza, il dolo o l’incapacità delle parti e dell’arbitro stesso . Pertanto, la Cassazione ribadisce che qualora ricorra l’esistenza di un vizio comportante l’annullamento del contratto, il convenuto per l’adempimento ha la facoltà di chiedere l’annullamento e, per mezzo di tale denuncia, paralizzare la pretesa della controparte . La notifica via PEC priva della firma digitale. Inoltre, il Collegio ritiene che non sia fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione in virtù della nullità della notifica eseguita via PEC dal difensore del ricorrente la mancanza della firma digitale non rileva in tal senso. La Cassazione afferma che il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto, stante il principio secondo cui in tema di notificazione, qualora nella relata manchino le generalità e la sottoscrizione dell’avvocato notificante, la sua identificazione, necessaria al fine di verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi indispensabili, può avvenire anche aliunde . Nel caso di specie, è avvenuta sulla base della sottoscrizione, da parte dell’avvocato, dell’atto notificato e vidimato dal consiglio dell’ordine, non lasciando alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona dell’avvocato in questione. La Suprema Corte accoglie il ricorso e rinvia la causa al Tribunale di Padova in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 14 marzo 2017, n. 6518 Presidente Di Virgilio – Relatore Genovese Fatti di causa e ragioni della decisione Il Tribunale di Padova, con la sentenza n. 1529 del 2015 pubblicata il 15 maggio 2015 , ha respinto l’appello proposto da G.F. , il quale era rimasto soccombente nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo rilasciato dal Giudice di Pace di quella stessa città alla creditrice, SGS Dentral SAS di S.G. & amp C, a titolo di risarcimento dei danni, riconosciuti dal lodo arbitrale irrituale pronunciato da un arbitro unico, e l’ha condannato anche al pagamento delle spese di lite. Il ricorrente non contesta la rilasciabilità del decreto ingiuntivo sulla base di un lodo irrituale favorevole come da risalente insegnamento Sez. 1, Sentenza n. 1628 del 1975 , secondo cui un lodo arbitrale irrituale, ancorché la sua validità sia oggetto di contestazione in un giudizio in corso, costituisce prova scritta, idonea come fondamento per l’emanazione di un decreto ingiuntivo, in quanto la prova scritta richiesta dall’art. 633 cod. proc. civ. può essere costituita anche da un documento privo di efficacia probatoria piena e l’emissione del decreto ingiuntivo non è preclusa dall’esistenza di contestazioni intorno all’esistenza ed esigibilità del credito , ma assume l’esistenza di un errore compiuto dal giudice di appello, con riferimento al punto decisivo della controversia costituito dal mancato esame della domanda di merito coltivata dall’opposto, in violazione degli artt. 645 cod. proc. civ. e 1442 cod. civile. La doglianza, ammissibile in quanto il ricorrente dice chiaramente alle pp. 2-3 del ricorso quale è stata la domanda proposta davanti al Giudice di appello ossia un errore dell’arbitro per falsa rappresentazione della realtà , è anche fondata, tenuto conto di quanto affermato da questa Corte Sez. 1, Sentenza n. 22374 del 2006 , in ordine all’impugnabilità del lodo il lodo arbitrale irrituale non è impugnabile per errori di diritto, ma solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo o l’incapacità delle parti che hanno conferito l’incarico e dell’arbitro stesso e del fatto che le censure svolte non sono state esaminate e valutate dal giudice d’appello, il quale ha erroneamente escluso che potesse e dovesse procedersi al loro esame in sede di opposizione al monitorio, essendo - invece - doverosa - ove richiesta - non soltanto una verifica dell’esistenza del titolo come documento e ma anche l’esame della fondatezza delle censure nel merito, nei limiti dei vizi censurabili secondo il diritto vivente sopra richiamato. Il ricorrente, infatti, ha ragione a richiamare il principio di diritto da ultimo espresso da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12083 del 2015 secondo cui quando ricorre l’esistenza di un vizio comportante l’annullamento del contratto, il convenuto per l’adempimento ha la facoltà di chiedere l’annullamento, ove non sia ancora decorso il termine prescrizionale, ovvero, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, di sollevare apposita eccezione di annullamento ai sensi dell’art. 1442, ultimo comma, cod. civ., non soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento, limitandosi così a denunziare il vizio all’unico scopo di paralizzare la pretesa di controparte . Né ha pregio l’eccepita inammissibilità del ricorso per cassazione in ragione della nullità della notificazione eseguita a mezzo PEC dal difensore del ricorrente, perché la relata sarebbe un documento privo della firma digitale a differenza del ricorso e della procura, a cui quella sarebbe stata apposta , essendo stato tale documento diretto inequivocabilmente dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, senza che abbia limitato i diritti difensivi della parte ricevente. Infatti, questa Corte ha stabilito che il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto, ed ha anzi affermato la surrogabilità di quella prescrizione attraverso altri elementi capaci di far individuare l’esecutore dell’atto cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10272 del 2015, secondo cui, in tema di notificazione ex art. 4 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, qualora nella relata manchino le generalità e la sottoscrizione dell’avvocato notificante, la sua identificazione, necessaria al fine di verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi indispensabili, può avvenire anche aliunde e nella specie in base alla sottoscrizione, da parte sua, dell’atto notificato e vidimato dal consiglio dell’ordine, unitamente al richiamo al numero di registro cronologico ed all’autorizzazione del consiglio dell’ordine, immediatamente precedenti la relazione di notifica e la firma della persona abilitata a ricevere l’atto. . Orbene, nella specie, la notificazione affidata a mezzo PEC la mancata forma digitale della relata non lascia alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona dell’avv. Menzionato, attraverso la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita ritualmente della procura speciale. Del resto questa Corte Sez. U, Sentenza n. 7665 del 2016 ha affermato che l’irritualità della notificazione di un atto nella specie, controricorso in cassazione a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica nella specie, in estensione.doc , anziché formato.pdf ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale . Di conseguenza il ricorso deve essere accolto e cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa, per un nuovo esame condotto alla luce dei principi enunciati, al Tribunale di Padova in diversa composizione. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase del giudizio, al Tribunale di Padova in diversa composizione.