Tribunale di Roma: ammissibile il reclamo anche se non è telematico

Il Tribunale di Roma, discostandosi dalla giurisprudenza di merito, ha ritenuto ammissibile un reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. presentato in forma cartacea.

Così il Tribunale di Roma con l’ordinanza dell’8 novembre 2016. Ammissibile o inammissibile? Parte reclamata ha chiesto, in via preliminare, che il reclamo ex art. 669- terdecies c.p.c. presentato in forma cartacea presso il Tribunale di Roma venisse dichiarato inammissibile. Il Collegio, discostandosi dalla giurisprudenza di merito, giudica ammissibile l’introduzione del procedimento di reclamo ex art. 669- terdecies c.p.c. con ricorso in forma cartacea. Il Tribunale, infatti, ritiene che la collegialità dell’organo giudicante rispetto alla monocraticità del giudice di prime cure e la devoluzione ad esso di una disamina successiva e distinta rispetto a quella definita con il provvedimento oggetto di reclamo, siano elementi significativi dell’autonomia di tale ricorso rispetto al procedimento che lo precede. Inoltre, considerato il carattere meramente eventuale del reclamo, l’ordinanza di primo grado potrebbe ben chiudere in via definitiva il procedimento introdotto con ricorso cautelare, escludendo la natura di atto endoprocedimentale del ricorso ex art. 669- terdecies c.p.c Fonte www.ilprocessotelematico.it

Tribunale di Roma, sez. VII Civile, ordinanza 13 ottobre 8 novembre 2016 Presidente Lambertucci Relatore Frettoni Fatto Con reclamo depositato in data 2/8/2016, i Sig.ri M. e F. hanno chiesto che, in riforma dell’ordinanza del giudice di prime cure, sia disposta la loro reimmissione nel compossesso dell’immobile sito in Roma. Il provvedimento reclamato ha escluso il compossesso dei ricorrenti/reclamanti e ravvisato un possesso esclusivo in capo alla reclamata, protrattosi senza soluzione di continuità anche dopo la morte dei genitori, ritenendolo non inficiato dalla disponibilità delle chiavi di una serratura di una porta di ingresso in capo ai ricorrenti ed evidenziando l’unitarietà dell’immobile. I reclamanti, per contro, deducono - che l’immobile è stato sempre diviso di fatto in due distinte unità immobiliari, con ingressi indipendenti, una delle quali acquistata dalla resistente/reclamata sorella del Sig. M. e zia della Sig.a F. quando erano ancora in vita i genitori e l’altra caduta invece in successione dopo la morte di costoro - che essi reclamanti all’epoca del lamentato spoglio erano nel compossesso, assieme a controparte, di questa seconda porzione dell’immobile, possedendone le chiavi di ingresso e partecipando quali co-eredi alle spese ad essa relative. La reclamata, costituita, ha chiesto in via preliminare che il reclamo sia dichiarato inammissibile perché non presentato telematicamente e, nel merito, il rigetto, deducendo - l’unicità dell’immobile, che ella abita unitamente al marito, unica residente in loco - l’insussistenza del compossesso dei reclamanti e la non rilevanza degli elementi addotti a sostegno della loro tesi, osservando che la possibilità dei reclamanti di accedere all’immobile e il rimborso di alcune spese sono stati frutto solo di tolleranza o di esigenze legate alle trattative per la divisione del compendio ereditario e sottolineando che i reclamanti hanno avuto disponibilità soltanto di una delle quattro chiavi delle serrature delle porte di ingresso - l’insussistenza degli elementi costitutivi dello spoglio. In via riconvenzionale la parte ha chiesto la condanna dei reclamanti al risarcimento dei danni a lei cagionati con la loro condotta di turbativa del suo possesso dell’immobile. All’udienza collegiale le parti hanno discusso il reclamo riportandosi ai rispettivi atti e il collegio si è riservato di decidere. DIRITTO Il reclamo è ammissibile e può essere accolto. Il Collegio non aderisce alla giurisprudenza di merito che reputa inammissibile l’introduzione del procedimento di reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. con ricorso in forma cartacea la collegialità dell’organo giudicante in luogo della monocraticità del giudice di prime cure e la devoluzione al collegio di una disamina necessariamente successiva e distinta rispetto a quella che viene definita con il provvedimento reclamato costituiscono elementi significativi e convergenti nel delineare l’autonomia procedimentale del reclamo rispetto al procedimento che lo precede ai quali si aggiunge l’iscrizione ex novo al ruolo generale . Va altresì considerato che, dato il carattere meramente eventuale del reclamo e la mera eventualità anche del giudizio di merito , l’ordinanza del giudice di prime cure è un provvedimento che può chiudere in via definitiva il procedimento introdotto con il ricorso cautelare, come confermato dalla previsione di legge secondo cui con essa debbono essere regolate le relative spese, e ciò contrasta con una considerazione di endoprocedimentalità in senso proprio del reclamo. Quanto al merito del contenzioso, la puntualità del reclamo induce ad un ulteriore approfondimento dei temi in discussione, tale da esitare in una valutazione di sintesi che, estendendosi a profili di diritto, si spinge al di là del dato puramente fattuale, particolarmente valorizzato nell’ordinanza di prime cure. Quest’ultima ha respinto il ricorso, essenzialmente, ritenendo dirimente l’esclusività o comunque la predominanza della disponibilità materiale dell’immobile in capo alla resistente. Tale dato fattuale è vero, ma non risulta decisivo se si considera, per un verso, che trattasi incontestatamente di situazione possessoria posteriore all’apertura di una successione ereditaria e, per altro verso, che i ricorrenti avevano disponibilità di una chiave loro attribuita per poter accedere autonomamente nell’immobile. Sotto il primo profilo va rammentato lo statuto giuridico dell’erede, che ai sensi di legge art. 1146 c.c. gode di una fictio iuris per cui subentra nel possesso del bene del de cuius senza necessità di una materiale apprensione, come insegna la Suprema Corte il possesso continua nell'erede con effetto dall'apertura della successione senza necessità di una materiale apprensione dei beni, per cui il medesimo è legittimato a proporre le azioni possessorie Cass. n. 15967 del 2011, relativa ad un caso in cui veniva contestata all’originaria ricorrente la mancata prova della titolarità o dell’esercizio del possesso inteso come potere sulla cosa manifestato attraverso un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale v. anche Cass. n. 6852 del 2001 . Va peraltro rilevato che i ricorrenti hanno mostrato un concreto interesse per la disponibilità dell’immobile de quo il Sig. M. continuando a mantenere le chiavi di cui era già in possesso quando erano ancora in vita i genitori o quanto meno il padre, venuto a mancare in epoca più recente , la Sig.a F. ottenendo le chiavi proprio dalla resistente fatti, questi, ilprocessotelematico.it non contestati dalla resistente e peraltro comprovati dal tenore della missiva della reclamata dell’11 maggio 2014, di cui all’all. 2 al ricorso in prime cure . Sicché, a ben guardare, è stata proprio la condotta della resistente ad impedire una maggiore esplicazione della relazione di fatto con il bene in capo ai ricorrenti e ad interromperla poi del tutto con l’atto censurato con il ricorso. E’ vero che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di pluralità di eredi o di chiamati all’eredità il compossesso in capo a ciascuno non è escluso dalla circostanza che uno solo di essi abbia la detenzione del bene ereditario e dunque sia l’unico ad esercitare fattualmente il possesso con attività ad immagine dominicale ma ciò vale fin tanto che il coerede-compossessore detentore non compia atti che determinino, durevolmente, una situazione tale da impedire o restringere o rendere più gravoso il godimento spettante agli altri compossessori e quindi tale da evidenziare un possesso esclusivo ed animo domini su tutta la cosa ovvero che comportino l’apprensione esclusiva del bene, con mutamento dell'originario compossesso in possesso esclusivo v. Cass. n. 25646 del 2008, con richiamo a numerosi precedenti . Certamente poi la compatibilità fra detenzione esclusiva in capo ad un solo erede e compossesso fra tutti gli eredi non può valere ove - come nel caso di specie - sia lo stesso erede detentore a voler far valere la sua detenzione esclusiva come ragione di esclusione del compossesso degli altri. Oltre alle considerazioni di cui sopra, va evidenziato che un compossesso in capo ai reclamanti risulta altresì dal tenore della richiamata missiva con cui la reclamata ha accompagnato la consegna delle chiavi alla Sig.a F. In essa, invero, la Sig.a M. A. scrive di aver avuto difficoltà a consegnare prima le chiavi alla nipote perché si tratta di una assunzione di responsabilità importante in capo a quest’ultima che le chiavi erano da sempre in possesso di M. e questi aveva garantito, come lei scrivente, di non utilizzare l’appartamento eredi che l’acquisito possesso delle chiavi da parte della nipote avrebbe comportato a quest’ultima, a fronte di nessun vantaggio, responsabilità per eventuali infiltrazioni e conseguenti danni e la avrebbe esposta, al pari degli altri eredi, ad essere coinvolta in caso di danneggiamento o furti nell’intero immobile che F. non avrebbe dovuto abitare ed occupare neanche occasionalmente l’appartamento e avrebbe dovuto preavvisare quando vi si fosse voluta recare, non però per ricevere un permesso, bensì per la privacy che la situazione necessita . In questa lettera emerge nettamente la volontà della Sig.a M. A. di preservare l’esclusività in suo favore dell’uso dell’immobile, in cui ella dimorava e dimora , e la riservatezza di tale uso ma emerge anche la consapevolezza in capo alla reclamata delle implicazioni giuridiche e materiali del possesso delle chiavi da parte della nipote F. come già del fratello M. . Può rammentarsi, al riguardo, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la responsabilità da custodia postula una relazione materiale di disponibilità di fatto, oltreché giuridica, tra il custode e la cosa, relazione che determina a carico di chi ha il potere fisico sulla stessa l'onere di impedire che da essa possa derivare pregiudizio a terzi Cass. n. 24530/2009 ovvero postula l'effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere - dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore Cass. n. 15096/2013 . Il riferimento alla responsabilità per infiltrazioni e danni, nascente con l’acquisizione delle chiavi, dimostra, dunque, che la reclamata era conscia che la nipote come già il fratello , assieme alle chiavi, avrebbe assunto una responsabilità da custodia sull’immobile e questo perché avrebbe acquisito una signoria di fatto oltre che giuridica sul bene. Diversamente, se la responsabilità fosse stata legata alla quota di proprietà, il suo richiamo a proposito della consegna delle chiavi non avrebbe avuto senso, giacché ormai da anni F. era co-erede/comproprietaria. Anche l’indicazione della necessità di un semplice preavviso, non di un permesso, per accedere nell’immobile, conferma tale prospettiva, in quanto dimostra che la limitazione al godimento dell’immobile imposta dalla reclamata ai reclamanti non valeva a confutare la loro signoria sul bene, ma soltanto a garantire che quest’ultima si svolgesse senza ledere la riservatezza della prima posto che l’immobile costituiva il suo luogo di abitazione . Analogamente, il riferimento della lettera al fatto che M. oltre a possedere da sempre le chiavi, avesse garantito come la stessa M. A. di non utilizzare l’appartamento eredi , vuol dire che il predetto si trovava in una posizione di signoria giuridica e di fatto e quindi possessoria sull’immobile più esattamente, sulla porzione destinata agli eredi al pari di M. A. e che esercitava tale posizione, come M. A., astenendosi dall’utilizzazione del bene Quanto alla questione della distinzione dell’immobile in due porzioni immobiliari, fermamente avversata dalla reclamata, debbono farsi due considerazioni. Per un verso tale distinzione è ammessa proprio dalla reclamata nella suddetta missiva dell’11 maggio 2014, ove fra l’altro si legge io vivo nell’altra parte di appartamento Le chiavi che ti sto consegnando corrispondono alla porzione dell’appartamento indiviso per la parte spettante agli eredi, in particolare ad una delle due entrate blindate dell’appartamento integrale le chiavi non ti sono state consegnate precedentemente, avendole da sempre in possesso l’altro erede zio M. che ha garantito, come me, di non utilizzare l’appartamento eredi l’unico contatore dell’appartamento indiviso è collocato nella porzione dello stesso spettante agli eredi, quindi quello dove tu stai ricevendo le chiavi . La distinzione, inoltre, è riconosciuta nel provvedimento del tribunale di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutività della delibera dei coeredi in comunione impugnata dalla reclamata v. all. 6 al ricorso era palesata dalla non contestata presenza di due impianti citofonici e di due diversi numeri di interno è plausibile alla luce dei rilievi del CTU, che da un lato, come correttamente rilevato nell’ordinanza, ha accertato una sostanziale unitarietà strutturale dell’immobile, ma dall’altro ha riferito di una possibilità di uso disgiunto di due porzioni dello stesso. Per altro verso, la distinzione delle due porzioni immobiliari consente, a vantaggio della reclamata, di limitare l’esercizio del compossesso dei reclamanti ad una parte materiale dell’immobile diversamente, l’esercizio del compossesso si estenderebbe sull’intero immobile, giacché la reclamata è proprietaria esclusiva soltanto per una quota del 50% dell’immobile indiviso e dunque il compossesso dei coeredi, in quanto tali, concerne l’intero immobile, seppur per quota di metà. In ordine alle modalità della condotta della reclamata, posto che non può dubitarsi che in passato le chiavi in possesso dei due ricorrenti fossero state loro date in momenti e circostanze diverse come strumento necessario e sufficiente per accedere nella porzione immobiliare de qua come chiaramente si desume dal tenore della citata missiva , ne consegue che l’aver neutralizzato la capacità di apertura di dette chiavi, qualunque sia stata l’operazione materiale posta in essere, equivale ad un cambiamento di serratura o comunque ad un rifiuto di consegna di copia delle chiavi di un immobile da parte di un coerede detentore del bene ereditario agli altri coeredicompossessori ciò che, secondo la Suprema Corte, integra gli estremi di uno spoglio violento, oltre che di un atto oppositivo rilevante ai sensi dell’art. 1141, secondo comma, c.c. cfr. Cass. n. 1741 del 2005 . In ogni caso, pur a ritenere assente la violenza e la clandestinità, contro il suddetto atto l’azione reintegratoria dei ricorrenti-reclamanti sarebbe comunque garantita ai sensi dell’art. 1170, terzo comma, c.c., risalendo il loro possesso ad oltre un anno prima dello spoglio, posto che quest’ultimo è avvenuto nel mese di luglio 2015, mentre l’apertura della successione si è verificata nel febbraio 2007 e la Sig.a F. ha ricevuto, per ultima, le chiavi dell’immobile nel maggio 2014. Va rilevata, infine, l’inammissibilità della domanda riconvenzionale della reclamata, giacché volta ad ottenere un risarcimento di danni a lei cagionati dai reclamanti con la loro condotta, che avrebbe turbato il suo possesso dell’immobile e quindi estranea alla tutela cautelare. Occorre, dunque, conclusivamente, ordinare alla reclamata di reimmettere i reclamanti nel compossesso antecedente allo spoglio, rilasciando ai predetti copia delle ulteriori chiavi necessarie per l’accesso attraverso la porta di ingresso dagli stessi precedentemente utilizzata, con disposizione sin da ora all’ufficiale giudiziario di provvedere a mezzo di ausiliario, in caso di inottemperanza alla sostituzione delle serrature della porta in questione e alla consegna delle nuove chiavi ai reclamanti e alla reclamata. La riforma dell’ordinanza investe anche la regolazione delle spese per la fase di prime cure, con conseguente attribuzione a carico della resistente/reclamata delle spese di CTU e delle spese dei ricorrenti per detta fase, che si liquidano nel dispositivo. La soccombenza della reclamata comporta altresì l’attribuzione a suo carico delle spese di controparte per il reclamo, liquidate nel dispositivo. Non sussistono gli estremi per la condanna ex art. 96 c.p.c., invocata invece dai reclamanti, atteso che la reclamata ha esplicato una posizione difensiva fondata non sulla deduzione di elementi non veritieri in fatto, ma sulla prospettiva di sminuire la natura giuridica della relazione dei ricorrenti con l’immobile, senza dedurre artificiosamente fatti a sé favorevoli. P.Q.M. Visto l’articolo -terdecies c.p.c., 1 accoglie il reclamo e per l’effetto ordina alla reclamata di reimmettere i reclamanti nel compossesso antecedente allo spoglio, rilasciando ai predetti copia delle ulteriori chiavi necessarie per l’accesso nell’immobile de quo attraverso la porta di ingresso dagli stessi precedentemente utilizzata dispone sin da ora che l’ufficiale giudiziario, in caso di inottemperanza, provveda a mezzo di ausiliario alla sostituzione delle serrature della porta in questione e alla consegna delle nuove chiavi ai reclamanti e alla reclamata 2 condanna la reclamata al pagamento in favore dei ricorrenti/reclamanti delle spese del giudizio di prime cure, che liquida in 1.850,00 per compenso al procuratore ed 145,50 per spese di iscrizione, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, nonché delle spese per il reclamo, che liquida in 1.500,00 per compenso al procuratore ed 147,00 per spese di iscrizione, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge.