L’indirizzo di posta elettronica certificata può soltanto sostituire una domiciliazione mancante

L’indirizzo di posta elettronica certificata costituisce un’informazione aggiuntiva, destinata alle comunicazioni di cancelleria. Tale recapito è idoneo a sostituire una domiciliazione mancante, non a prevalere sulla domiciliazione volontariamente effettuata presso la cancelleria dal difensore stesso, nel rispetto delle disposizioni di legge in materia.

Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22892/2015, depositata il 10 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Perugia, in accoglimento dell’opposizione proposta dal Ministero della Giustizia ai sensi dell’art. 5 ter l. n. 89/2001, rigettava la domanda di equa riparazione presentata da due genitori, in proprio e quali responsabili della figlia minore. La Corte territoriale rilevava che la sola notifica del decreto di accoglimento della domanda, emesso ai sensi dell’art. 3, comma 5, l. n. 89/2001, non assicurava la conoscenza, il fondamento ed i presupposti della domanda presentata. Il giudice di merito reputava, pertanto, inefficace il decreto opposto. I genitori e la figlia, maggiorenne nelle more del procedimento, ricorrevano per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 125 c.p.c., con riferimento al fatto che la notificazione indirizzata al legale che faccia parte di un foro diverso da quello ove ha sede la Corte territoriale competente deve essere posta in essere a mezzo di posta elettronica certificata. In particolare, i ricorrenti sottolineavano come il loro legale, pur elettivamente domiciliato presso la cancelleria della Corte d’Appello competente, avesse indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui notificare gli atti relativi al giudizio. L’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata non esclude l’applicazione delle disposizioni in materia di domiciliazione nel giudizio. La Suprema Corte ha ritenuto di poter estendere ad ogni notificazione nell’ambito del processo e, dunque, anche al caso di specie , il proprio recente orientamento, per cui ai sensi dell’art. 366, comma 2, c.p.c. in relazione al testo modificato dall’art. 25, comma 1, lett. i , n. 1, della l. n. 183/2011 la notificazione del controricorso effettuata presso la cancelleria della Corte di Cassazione, quando il ricorrente abbia volontariamente eletto domicilio in Roma, presso la stessa cancelleria, senza che rilevi l’indicazione, nel ricorso, dell’indirizzo di posta elettronica certificata, comunicata al proprio ordine, poiché la notificazione a questo indirizzo presuppone che non vi sia contestuale volontaria elezione di domicilio in Roma . Gli Ermellini hanno precisato come l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata non escluda l’applicazione delle disposizioni in materia di domiciliazione nel giudizio, qualora sia il difensore stesso a definire il luogo dell’elezione di domicilio in ossequio alle regole del processo. La Corte di legittimità ha rinvenuto conferma di quanto sopra nella lettera dell’art. 125, comma 1, c.p.c., nella versione non modificata ed in vigore al momento della proposizione del ricorso nel caso di specie. La norma, infatti, prevedeva l’obbligo per il difensore di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Tale recapito, a parere della Suprema Corte, si configura come un’informazione aggiuntiva, destinata alle comunicazioni di cancelleria ed idoneo a sostituire una domiciliazione mancante, non a prevalere sulla domiciliazione volontariamente effettuata presso la cancelleria dal difensore stesso, nel rispetto delle disposizioni in materia. per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, sentenza 24 settembre – 10 novembre 2015, n. 22892 Presidente Petitti – Relatore Manna In fatto Accogliendo l'opposizione ex art. 5-ter legge n. 89/01 proposta dal Ministero della Giustizia, la Corte d'appello di Perugia rigettava la domanda di equa riparazione proposta da M.M. e N.A. in proprio e quali genitori responsabili di G. M Ciò in quanto la mera notifica del decreto di accoglimento della domanda emesso dalla stessa Corte d'appello ai sensi dell'art. 3, comma 5 detta legge, non garantiva la conoscenza, il fondamento e i presupposti di fatto della domanda proposta. Di qui l'inefficacia del decreto opposto, ai sensi dell'art. 5, comma 2 stessa legge. Per la cassazione di tale decreto ricorrono M.M., N.A. e G. M., divenuta maggiorenne, in base a due motivi. Il Ministero della Giustizia ha depositato un atto di costituzione . Motivi della decisione I. - Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 5-ter, comma 5 legge n. 89/01, in relazione all'art. 360, n. 3 recte, 4 c.p.c., in quanto del Collegio che ha deciso sull'opposizione proposta dal Ministero della Giustizia ha fatto parte il consigliere dr.ssa C.M. che aveva emesso il decreto opposto. 2. - Il secondo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.c., in quanto la notificazione al difensore facente parte di un foro diverso da quello della sede della Corte d'appello adita deve essere effettuata a mezzo della posa elettronica certificata PEC . Il motivo richiama il dictum di Cass. S.U. n. 10143/12, secondo cui a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall'art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall'art. 366 c.p.c. specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Quindi prosegue affermando che, nella specie, il difensore della parte odierna ricorrente, pur essendo elettivamente domiciliato presso la Cancelleria dell'adita Corte di Appello, aveva specificamente indicato l'indirizzo PEC a mezzo del quale dovevano essere effettuate le notificazioni relative al giudizio così, a pag. 5 del ricorso . Pertanto, conclude il motivo, poiché il Ministero della Giustizia notificò il ricorso in opposizione presso la cancelleria della Corte territoriale, che neppure provvide a comunicarlo al difensore della parte opposta a mezzo PEC, il procedimento d'opposizione ex art. 5-ter legge n. 89/01, cui la parte odierna ricorrente non ha preso parte, deve ritenersi affetto da nullità. 3. - Quest'ultima censura, il cui esame è prioritario dal punto di vista logico-giuridico, è infondata. Come di recente osservato da questa Corte, con affermazione di massima da ritenersi estensibile ad ogni notificazione che nell'ambito del processo debba essere effettuata al difensore, ai sensi dell'art. 366, comma 2, c.p.c., nel testo modificato dall'art. 25, comma 1, kit i , n. 1, della 1. 12 novembre 2011, n. 183, è valida la notificazione del controricorso effettuata presso la cancelleria della Corte di cassazione, quando il ricorrente abbia volontariamente eletto domicilio in Roma, presso la stessa cancelleria, senza che rilevi l'indicazione, nel ricorso, dell'indirizzo di posta elettronica certificata, comunicata al proprio ordine, poiché la notificazione a questo indirizzo presuppone che non vi sia contestuale volontaria elezione di domicilio in Roma Cass. n. 14969/15 . Prevista per agevolare le comunicazioni di cancelleria, l'indicazione della PEC non rende inapplicabile l'intero insieme delle norme e dei principi sulla domiciliazione nel giudizio, massime allorché sia la stessa parte o il suo difensore a designare l'elemento topografico dell'elezione di domicilio in maniera compatibile con le regole del processo. Se ne trae conferma dal testo dell'art. 125, 1 ° comma c.p.c. - anteriore a quello attuale risultante dalla modifica apportata dall'art. 45-bis, comma 1, D.L. n. 90/14, convertito con modificazioni in legge n. 114/14 - in vigore sia alla data 13.2.2013 di proposizione del ricorso ex lege n. 89/01 sia a quella 12.6.2013 di notifica dell'atto d'opposizione ai sensi dell'art. 5-ter legge citata, che così recitava Salvo che la legge disponga altrimenti, la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve, altresì, indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax . La PEC costituisce, dunque, oggetto di un'informazione di carattere aggiuntivo finalizzata alle comunicazioni di cancelleria, e che in base alla sentenza delle S.U. di questa Corte citata nel motivo è destinata z surrogarsi, anche agli effetti della notifica degli atti, ad una domiciliazione mancante, ma non già a prevalere su di una domiciliazione che il difensore abbia volontariamente effettuato presso la cancelleria del giudice adito, in conformità dell'art. 82, R.D. n. 37 del 1934. E ciò indipendentemente dalla circostanza che il difensore stesso abbia specificato o non a qual fine intendesse indicare la propria PEC, non avendo egli il potere di modificare gli effetti di tale indicazione. 4. - Anche il primo motivo è infond'to. La pretesa incompatibilità di uno dei giudici che hanno composto il collegio può esser fatta valere soltanto con la ricusazione nelle forme e nei termini di cui all'art. 52 c.p.c. e non dà luogo al vizio di costituzione ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio Cass. n. 21287/07 . 5. - In conclusione il ricorso va respinto. 6. - Nulla per le spese, non avendo il Ministero della Giustizia svolto un'idonea attività difensiva in questa sede. 7. - Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica l'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile - 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 24.9.2015.