Il PCT non è nato il 30 giugno 2014

L’ordinanza del 7 ottobre 2014 del Tribunale di Milano può ritenersi una prosecuzione dell’acceso dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla ritualità dei depositi telematici di atti introduttivi e di costituzione in giudizio. Il dibattito, come l’attento lettore ricorderà, è stato trattato anche su queste pagine con il commento alle ordinanze di Torino e Pavia in cui si sottolineava il concreto pericolo che, ordinanze anti-PCT potessero invadere tutti quei tribunali in cui il processo telematico si è spinto ben oltre i confini dell’obbligatorietà.

L’ordinanza del 7 ottobre 2014 del Tribunale di Milano può ritenersi una prosecuzione dell’acceso dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla ritualità dei depositi telematici di atti introduttivi e di costituzione in giudizio. Il dibattito, come l’attento lettore ricorderà, è stato trattato anche su queste pagine con il commento alle ordinanze di Torino e Pavia in cui si sottolineava il concreto pericolo che, ordinanze anti-PCT potessero invadere tutti quei tribunali in cui il processo telematico si è spinto ben oltre i confini dell’obbligatorietà. Vi sono infatti tribunali in cui, sussistendo un decreto rilasciato D.G.S.I.A. Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia che abilita il deposito anche di atti telematici non ricompresi in quelli telematicamente obbligatori per legge, è prassi ormai consolidata depositare non solo comparse di costituzione ma anche le stesse iscrizioni a ruolo. Sanzionabile il deposito di atti, non ricompresi in quelli telematicamente obbligatori, in via telematica? Vi è da premettere inoltre che, a parere del giudice meneghino e di chi scrive il presente commento, l’abilitazione da parte della DGSIA, non sarebbe neppure requisito necessario, atteso che si debba procedere alla applicazione del codice di rito per verificare se possa essere sanzionato il deposito di atti in via telematica, pur in assenza di una disposizione di legge che conferisca tale potere. Ebbene, nel caso di specie ritiene il giudice milanese che, anche a prescindere dalla esistenza del decreto dirigenziale, la comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente deve essere in ogni caso considerata rituale e quindi pienamente efficace. Il ragionamento del giudice di Milano infatti parte da un presupposto diverso e diametralmente opposto rispetto ai punti di partenza di altre ordinanze contrarie, ritenendo che non si debba ricercare una norma processuale che consenta il deposito telematico, bensì una norma che lo impedisca. Ritiene inoltre il giudicante che, nell’esaminare l’effettiva validità del deposito telematico non si possa prescindere da due fondamentali principi contenuti nel codice di rito quali la libertà delle forme degli atti art. 121 c.p.c. e la specialità del regime delle nullità degli atti che non possono essere comminate se non per legge o per mancanza di requisiti idonei al raggiungimento dello scopo art. 156 c.p.c. . L’ultimo clic del cancellerie fa raggiungere lo scopo Ebbene, proprio sotto quest’ultimo profilo, rileva il giudicante, l’atto telematico redatto secondo le regole e specifiche tecniche del processo civile telematico - di cui al decreto ministeriale n. 44/2011 e al provvedimento D.G.S.I.A. del 16.4.2014 - e successivamente giunto all’attenzione del cancelliere all’esito dei controlli automatici, avrà raggiunto il proprio scopo nel momento in cui il cancelliere con il proprio ultimo clic accetterà l’atto, inserendolo automaticamente nel fascicolo informatico. Si rileva poi, che la stessa circolare del ministero della giustizia del 27.6.2014 impone al cancelliere di compiere questo ultimo passaggio, a prescindere dalla eventuale abilitazione dell’ufficio giudiziario per quel tipo di atto, consentendo inevitabilmente il raggiungimento dello scopo. Ripercorrendo poi ancora una volta il ragionamento posto in essere dal magistrato giudicante, lo stesso rammenta che nessuna norma né legislativa né regolamentare abbia conferito alla DGSIA il potere di individuare il novero degli atti depositabili telematicamente oppure la tipologia di procedimento rispetto alla quale esercitare la facoltà di deposito digitale. Invero, l’art. 35 d.m. n. 44/11 si limita a prevedere che alla DGSIA spetti esclusivamente il potere di accertare e dichiarare l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio . La ratio della predetta norma, infatti, è da ricercarsi nella necessità, in un momento storico in cui il processo telematico non trovava uniforme applicazione nei tribunali italiani, di accertare la effettiva funzionalità delle infrastrutture informatiche dell’ufficio giudiziario idonea a ricevere atti telematici secondo un esame di natura tecnica e non certo giuridica. Non vi è infatti alcuna motivazione tecnica che possa giustificare una discriminazione tra atti introduttivi e in corso causa, dovendosi peraltro osservare che, il fiore all’occhiello della sperimentazione e successiva obbligatorietà del processo civile telematico nell’ordinamento italiano, è stato proprio un atto introduttivo, ovvero il ricorso per decreto ingiuntivo. Inoltre, a riprova della circostanza che non vi sia alcun impedimento o filtro tecnico, ostativo, affinché gli atti introduttivi e di costituzione in giudizio possano essere depositati, vi è proprio l’incontrovertibile dato che tali depositi vengono accettati dal cancelliere, che li inserisce nel fascicolo informatico e li sottopone all’attenzione del magistrato e della altra parte. Tuttavia, se il dato tecnico può non apparire sufficiente, appare sicuramente condivisibile un ulteriore passaggio dell’ordinanza in commento che richiama i consolidati principi d.lgs. n. 82/2005 ossia del c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale, ove è previsto che - il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale che rispetti le regole tecniche ha la stessa efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. cfr. artt. 20 e 21 - i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale art. 45 . Ebbene è evidente che gli stessi articoli di legge ivi richiamati - e senza alcun dubbio operanti nel processo civile poiché richiamati dall’art. 4 d.l. n. 193/2009 conv. con l. n. 24/2010 - possano già di per sé, e senza alcuna necessità di ogni ulteriore norma, avvalorare il deposito telematico di qualsiasi atto presso qualsiasi ufficio giudiziario, vieppiù se in quel tribunale esiste già una comprovata funzionalità tecnica dei servizi telematici. Gli atti endoprocessuali potevano essere depositati per via telematica già prima dell’obbligatorietà. Infine, rileva correttamente il Tribunale meneghino come non possa in alcun modo rilevare la circostanza che l’art. 16 bis d.l. 179/2012, poi modificato dal d.l. n. 90/2014, abbia fatto riferimento espresso ai soli atti endoprocessuali. Innanzitutto si nota come l’impianto normativo sia finalizzato alla individuazione degli atti che dal 30 giugno 2014 per i procedimenti iniziati dopo tale data e dal 31 dicembre 2014 per i processi già pendenti alla data del 30 giugno 2014, dovranno essere depositati esclusivamente per via telematica. In secondo luogo, non si è considerato che gli atti endoprocessuali potevano essere depositati per via telematica già prima di tale intervento normativo, nei Tribunali, come quello di Milano, che avevano ricevuto il provvedimento di idoneità alla ricezione degli atti telematici, e nessuno aveva mai sollevato alcun dubbio sulla piena validità di tali depositi. Sotto quest’ultimo aspetto è interessantissimo il rilievo del giudice milanese che correttamente smentisce la tesi, - fatta propria dai precedenti orientamenti - secondo cui il processo telematico non nasce certo con l’avvento del 30 giugno 2014 ma trova la propria fonte normativa nelle leggi e regolamenti precedentemente richiamati. Un secondo interessante richiamo è infine quello relativo alla circolare ministeriale del 27.6.2014, che chiarisce che l’entrata in vigore del d.l. n. 90/2014 non innova in alcun modo la disciplina previgente. Nell’ordinanza in commento inoltre si ritiene che il deposito telematico non si ponga in contrasto con le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, e in particolare gli artt. 73 e 74. Tale eventuale contrasto è parimenti escluso, a parere dello scrivente in virtù delle modifiche apportate dalla legge n. 114 dell’11 agosto 2014 di conversione del d.l. n. 90/2014 agli articoli 111 e 137 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile nella misura in cui escludono l’applicabilità di alcuni rigidi formalismi del processo cartaceo all’eventualità di deposito telematico. Il 111 infatti prevede che il cancelliere non deve consentire che s’inseriscano nei fascicoli di parte comparse che non risultano comunicate alle altre parti e di cui non gli sono contemporaneamente consegnate le copie in carta libera per il fascicolo d’ufficio e per gli altri componenti il collegio. Ebbene tra le modifiche introdotte dalla legge di conversione si prevede che quando le comparse sono depositate con modalità telematiche, il presente comma non si applica. Disposizione speculare è stata prevista per i procedimenti pendenti presso la Suprema Corte di Cassazione laddove, l’art. 137 delle disposizioni di attuazione prevede che le parti debbono depositare insieme col ricorso o col controricorso almeno 3 copie in carta libera di questi atti e della sentenza o decisione impugnata. Ebbene anche in questo caso è stata posta una determinante aggiunta che prevede che, quando il ricorso o il controricorso sono depositati con modalità telematiche, il presente comma non si applica. Una disposizione quest’ultima che fa ben sperare in un imminente avvio del processo telematico in Cassazione. La previsione del 111 invece, unitamente alla modifica del comma 7 dell’art. 16bis del dl 179 del 2012, lascia intravedere la volontà del legislatore di non disciplinare i soli depositi telematici previsti dalla legge come obbligatori, ma quella di riconoscere l’effettiva esistenza di una facoltà più ampia di deposito degli atti allargando anche a questi ultimi il beneficio di poter depositare fino alle ore 24 nel rispetto dei principi dettati dal codice di procedura civile. Il comma 7 infatti prevede che il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’art. 155, comma 4 e 5, c.p.c Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza. Nella versione precedente infatti il riferimento esplicito ai soli depositi di cui ai commi da 1 a 4 limitava l’applicabilità dell’art. 155 c.p.c. ai soli depositi previsti dalla legge come obbligatori, e lasciavano nell’incertezza i depositi telematici non previsti dalla legge come obbligatori ai quali si sarebbe continuata ad applicare la discutibile limitazione delle ore 14 prevista dalle regole tecniche. Riconoscimento implicito della possibilità di depositare tali atti. E’ evidente inoltre che, pur non inserendo una esplicita indicazione sulla disciplina dei depositi telematici di atti non previsti dalla legge come obbligatori, il legislatore ha implicitamente riconosciuto la possibilità che tali depositi possano essere effettuati, preoccupandosi addirittura di disciplinarne gli orari. Tornando infine all’esame della pronuncia in commento, il Giudice milanese non ritiene neppure violato il diritto di difesa dal momento che il deposito telematico, esattamente come il deposito cartaceo, consente a tutte le parti del processo di accedere al fascicolo informatico. Si aggiunga poi che, tale funzionalità, è stata anche recentemente estesa anche alla parte non costituita mediante l’utilizzo di apposite funzionalità all’interno dei redattori, consentendo anche alla parte non costituita di richiedere la visibilità di un fascicolo in cui si è parte convenuta allegando semplicemente una istanza di accesso al fascicolo e la procura alle liti. Non può dunque non sottolinearsi il pregio di questa ordinanza che, pur potendosi limitare a riconoscere l’esistenza di un decreto D.G.S.I.A., che per il Tribunale di Milano ricomprende tutte le procedure dal 1.7.2011 - , affronta il delicatissimo problema del deposito telematico degli atti esoprocessuali, anche in assenza decreto D.G.S.I.A., allargando di fatto gli orizzonti del processo telematico e lasciando sempre meno spazio ad argomentazioni contrarie ad un progressivo allargamento del processo civile telematico a tutti gli atti processuali. In conclusione resta comunque auspicabile il tanto atteso chiarimento legislativo chiarimento peraltro sollecitato da mozioni, poi trasformate in raccomandazioni, durante lo scorso Congresso Nazionale Forense svoltosi a Venezia il 9, 10 e 11 ottobre scorso e che ci auguriamo possano trovare accoglimento in imminenti interventi legislativi.

Tribunale di Milano, sez. IV Civile, ordinanza 7 ottobre 2014 Giudice Nicola Fascilla Ordinanza 1 Occorre preliminarmente affrontare l’eccezione di irrituale costituzione della resistente formulata da parte ricorrente, sul presupposto che la normativa attualmente vigente consentirebbe esclusivamente alla parte già costituita il deposito di atti telematici. In pratica, parte ricorrente pare aderire all’orientamento di alcuni Tribunali secondo cui gli unici atti che possono essere depositati in via telematica sono quelli endoprocessuali” ed individuati dalla Direzione Generale dei Servizi Informatici. Con la conseguenza che la parte convenuta-resistente che si costituisca con comparsa di risposta depositata esclusivamente in via telematica, deve essere, secondo tale indirizzo, considerata mai costituita e quindi sostanzialmente contumace e soggetta a tutte le decadenze previste dal codice di rito. Ebbene, lo scrivente ritiene che tale orientamento non possa essere affatto condiviso. 1 .1 In via preliminare occorre dare atto della moltitudine di interventi normativi inerenti il c.d. Processo Civile Telematico PCT che possono così sintetizzarsi a Decreto Legge 25 giugno 2008 n. 112 b Decreto Legge 28 Dicembre 2009 n. 193 c D.M. 44/2011, concernente le regole tecniche del PCT d Decreto Legge 18 ottobre 2012 n. 179 e provvedimento del Ministero della Giustizia del 16 aprile 2014 concernente le specifiche tecniche del PCT f Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 90 recentemente convertito nella legge 114/2014. In particolare, l’art. 51 comma 2 del Decreto Legge 112/2008, convertito con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008 n. 133 prevedeva attualmente lo prevede l’art. 4, comma 2 del Decreto Legge 193/2009 che Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1° settembre 2010, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio Nazionale forense ed i consigli dell’ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1”. Ancora più importante è sicuramente l’art. 35 del D.M. 21 febbraio 2011 n. 44 il quale dispone che l’attivazione della trasmissione dei documenti informatici è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio”. Deve in primo luogo osservarsi come tale disposizione è stata interpretata dal alcuni Tribunali nel senso di conferire al direttore del DGSIA il potere di individuare la tipologia di atti che possono essere depositati in via telematica in un determinato ufficio. Pertanto, sempre secondo tale orientamento, se l’atto non rientra tra quelli individuati dal suddetto decreto, esso dovrà essere considerato come mai depositato, con la conseguenza che il ricorso o la comparsa di risposta depositati telematicamente dovranno essere dichiarati inammissibili1. Ora, sul punto occorre innanzitutto notare come nel Tribunale di Milano, il decreto dirigenziale del 22 aprile 2010 abbia individuato anche la comparsa di risposta tra gli atti che possono essere depositati telematicamente. Ma, occorre chiedersi se la validità di un deposito di un atto processuale possa essere fatta dipendere da un provvedimento amministrativo come risulta essere il decreto del direttore del DGSIA o se invece occorre procedere alla applicazione del codice di rito per verificare se possa essere sanzionato il deposito di atti in via telematica pur in assenza di una disposizione di legge che conferisca tale potere. Ebbene, ritiene lo scrivente che anche a prescindere dalla esistenza del decreto dirigenziale, la comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente deve essere in ogni caso considerata rituale e quindi pienamente efficace. Deve essere preliminarmente rilevato come nessuna norma né legislativa né regolamentare abbia conferito alla DGSIA il potere di individuare il novero degli atti depositabili telematicamente oppure la tipologia di procedimento rispetto alla quale esercitare la facoltà di deposito digitale. Invero, l’art. 35 del DM 44/11 si limita a prevedere che alla DGSIA spetti esclusivamente il potere di accertare e dichiarare l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio”. Pertanto, non può essere demandato alla DGSIA la individuazione di quali atti possano o meno essere depositati in via telematica, ma occorre esclusivamente verificare se l’atto depositato telematicamente sia idoneo allo scopo per cui è destinato e se esiste nel nostro ordinamento una sanzione di carattere processuale per il deposito degli atti introduttivi e di costituzione nel giudizio. 1 Il codice di procedura civile prevede due principi generali unanimemente riconosciuti dalla giurisprudenza e dalla dottrina a il primo, denominato principio della libertà di forme, lo si trova sotto l’art. 121 del codice di rito, secondo cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo” b il secondo, denominato principio del raggiungimento dello scopo, è specificato nell’art. 156 c.p.c Tale fondamentale articolo prevede innanzitutto che non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo se la nullità non è comminata dalla legge”. Il secondo comma aggiunge che può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo”. L’ultimo, e più rilevante, comma sancisce infine che la nullità non può mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. Appare evidente come tali principi debbano essere verificati alla luce della normativa prevista in materia di atti informatici, e in particolare sulla base del Decreto Legislativo 7 marzo 2005 n. 82 ossia del c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale, ove è previsto che - il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale che rispetti le regole tecniche ha la stessa efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. cfr. artt. 20 e 21 - i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale art. 45 . Ora, appare evidente come il difensore che si costituisca in giudizio telematicamente soddisfi tutti i requisiti di forma sanciti dal codice di procedura civile in quanto a sottoscrive la comparsa con firma digitale b effettua il deposito utilizzando le regole tecniche e le specifiche previste dalla normativa regolamentare del PCT c supera il controllo della cancelleria la quale certifica il deposito della comparsa e dei documenti allegati d l’atto e i documenti sono messi a disposizione del Giudice e delle altre parti processuali, che possono evitare l’accesso in cancelleria potendo visionare la comparsa e i documenti depositati direttamente tramite la consolle dell’avvocato risultato che, oltretutto, è uno degli obiettivi del legislatore, ossia quello di diminuire gli accessi nelle cancellerie . 1 .3 In conclusione, in alcun modo può essere sanzionata la parte che si costituisca in via telematica. Oltretutto, nel nostro ordinamento le sanzioni processuali debbono essere previste specificamente dal legislatore. La sanzione dell’inammissibilità, ad esempio, è prevista nel nostro ordinamento in maniera tassativa, ma nessuna norma sanziona con tale istituto il deposito degli atti introduttivi in via telematica. Né appaiono cogliere nel segno coloro che fanno derivare tale sanzione dal fatto che il legislatore, con l’art. 16 bis del decreto legge 179 del 2012, poi modificato dal Decreto Legge 90/2014, abbia fatto riferimento espresso ai soli atti endoprocessuali . Innanzitutto si nota come l’impianto normativo sia finalizzato alla individuazione degli atti che dal 30 giugno 2014 per i procedimenti iniziati dopo tale data e dal 31 dicembre 2014 per i processi già pendenti alla data del 30 giugno 2014, dovranno essere depositati esclusivamente per via telematica. In secondo luogo, non si è considerato che gli atti endoprocessuali potevano essere depositati per via telematica già prima di tale intervento normativo, nei Tribunali, come quello di Milano, che avevano ricevuto il provvedimento di idoneità alla ricezione degli atti telematici, e nessuno aveva mai sollevato alcun dubbio sulla piena validità di tali depositi. In terzo luogo, la normativa non prevede alcun espresso divieto né alcuna espressa sanzione per le parti che scelgono di depositare gli atti introduttivi per via telematica. Inoltre, tale interpretazione è stata avallata anche dal Ministero della Giustizia, che con la Circolare del 27 giugno 2014, tra le altre cose, ha espressamente affermato che si ritiene che l’entrata in vigore delle norme di cui all’art. 16 bis d.l. cit non innovi in alcun modo la disciplina previgente in ordine alla necessità di un provvedimento ministeriale per l’abilitazione alla ricezione degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio. Dunque, nei tribunali già abilitati a ricevere tali atti processuali ai sensi dell’art. 35 DM 44/11, continuerà a costituire facoltà e non obbligo delle parti, quella di inviare anche gli atti introduttivi o di costituzione in giudizio mediante deposito telematico. Laddove, invece, tale abilitazione non sussista, essa dovrà essere richiesta. Nelle ipotesi in cui le parti procedano al deposito telematico dell’atto introduttivo o di costituzione in giudizio in assenza della predetta abilitazione, la valutazione circa la legittimità di tali depositi, involgendo profili prettamente processuali, sarà di esclusiva competenza del giudice. Di conseguenza, non spetta al cancelliere la possibilità di rifiutare il deposito degli atti introduttivi e/o di costituzione in giudizio inviate dalle parti, anche presso quelle sedi che non abbiano ottenuto l’abilitazione ex art. 35 DM n. 44711”. Anche la circolare pertanto conferma come l’eventuale assenza di abilitazione non comporti automaticamente una sanzione processuale di inammissibilità del deposito dell’atto introduttivo o di costituzione in via telematica, ma occorrerà che il Giudice, sulla base della normativa costituzionale, processuale e telematica, verifichi la idoneità del suddetto deposito al raggiungimento dello scopo cui è deputato. Né appaiono insuperabili le doglianze relative alla compatibilità della costituzione del convenuto in via telematica con le disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, e in particolare gli artt. 73 e 74. Invero, non può non rilevarsi che col deposito telematico tutte le altre parti del processo e il Giudice dal momento dell’accettazione della costituzione da parte della cancelleria hanno modo di esaminare l’atto e i documenti allegati, e pertanto, come già sottolineato nella circolare citata, il Cancelliere non può rifiutare la costituzione in via telematica. Infine, la prova che il legislatore abbia già considerato possibile il deposito telematico degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio risulta dall’art. 83 c.p.c. in tema di procura alle liti. Il comma 3 di tale articolo prevede testualmente che Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale”. Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la costituzione della società resistente deve essere considerata rituale e pertanto, considerato che le difese svolte dalle parti richiedono un’istruzione non sommaria P.Q.M. visto l’art. 702 ter c.p.c. fissa nuova udienza ai sensi dell’art. 183 c.p.c. per il 6 novembre 2014 ore 12,45. Si comunichi.