È legittimo l’accertamento firmato digitalmente ma notificato in forma cartacea tramite posta

È legittimo l’accertamento firmato digitalmente ma notificato in forma cartacea tramite posta. L’avviso di accertamento elettronico può essere anche notificato in forma cartacea. Non esiste un indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1150/21, depositata il 21 gennaio. Una società di capitali ha ricevuto un avviso di accertamento. Tale avviso di accertamento è divenuto definitivo. Successivamente è stato emesso, in data 3/11/2016, e notificato, in data 15/11/2016, avviso di accertamento verso il socio di tale società di capitali, a ristretta base azionaria. Il Fisco ha notificato, quindi, al socio di una società di capitali un avviso di accertamento firmato digitalmente e notificato in forma cartacea e non via PEC .Il socio ha impugnato tale avviso di accertamento che veniva creato elettronicamente ossia firmato digitalmente, ma notificato con modalità cartacee al socio persona fisica , in data 15/11/2016. Tra i vari motivi di contestazione, il ricorrente ha eccepito anche la nullità dell’avviso di accertamento per assenza di firma ex art. 42, co. 1, d.P.R. n. 600/1973 , perché l’articolo 2, comma 6, d.lgs. n. 82/2005 CAD espressamente escludeva la possibilità di firmare digitalmente atti di controllo fiscale. Nel ricorso introduttivo il contribuente ha eccepito anche l’illegittimità della sottoscrizione poiché non era applicabile la norma prevista dal codice dell’Amministrazione digitale. I Giudici di merito hanno accolto tale specifica doglianza. Il Fisco ha effettuato ricorso in Cassazione lamentando un’errata applicazione della norma. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto il ricorso dell’Agenzia sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. L’articolo 2, comma 6 del Cad, per il periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018, esclude espressamente l'applicazione della firma digitale limitatamente all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale articolo 2, comma 6, l. n. 82/05 ovvero limitatamente alla fase prodromica del controllo e non a quella successiva dell'atto impositivo. Il Cad, ossia il codice dell’Amministrazione digitale disciplina l’utilizzo degli strumenti informatici per la gestione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e cittadino. In tale contesto, è prevista la possibilità di sottoscrivere i documenti informatici con la firma digitale . La locuzione atti di controllo fiscale non include qualunque atto fiscale dal verbale di verifica all'avviso di accertamento , ma si riferisce solo agli atti prodromici. Dal tenore della norma non sussistono dubbi ermeneutici sull’ applicabilità del Cad agli atti impositivi firmati digitalmente ma notificati in formato cartaceo per il periodo dal 14 settembre 2016 al 26 gennaio 2018. La formazione e l’emissione di documenti digitali in luogo di quelli cartacei è il principio generale, previsto sia a livello europeo dal Regolamento comunitario IDAS applicabile dal 1/7/2016, sia dall’art. 40 del CAD e dal d.P.C.M. del 13/11/2014. Occorre distinguere tra atti nell’esercizio” dell’attività di controllo e gli atti successivi all’esito” dell’attività di controllo fiscale. Il divieto all’utilizzo della firma digitale non è riferibile, quindi, agli avvisi di accertamento . Non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC , nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all’originale venga notificato secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo a posta” Cass. n. 1150/2021 . È necessaria la circostanza che sull’atto notificato sia apposta l’attestazione di conformità della copia cartacea all'originale ex articolo 23 del Cad a mente del quale le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, si è espressa in senso favorevole alle ragioni erariali sul tema della validità di un avviso di accertamento sottoscritto digitalmente e notificato in forma cartacea prima della modifica dell’articolo 2, commi 6 e 6- bis , del codice dell’amministrazione digitale Cad – d.lgs. n. 82/2005 , operata con il decreto legislativo n. 217/2017, in vigore dal 27 gennaio 2018. Si tratta di un tema assai controverso nella giurisprudenza di merito. Secondo un preciso orientamento la locuzione precedentemente prevista atti emessi nell’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale va riferita solo alle verifiche e indagini, precedenti all’emissione dell’atto impositivo. La modifica, che ha disposto l'applicazione anche per gli atti di accertamento e liquidazione, pur non rappresentando norma interpretativa retroattiva, conferma che nell'ordinamento esista una distinzione tra la fase prodromica del controllo ossia accessi ispezioni e verifiche e quella successiva dell'atto impositivo . Da qui l’applicazione anche per il passato della firma digitale. Tale modifica normativa conferma l’impostazione esegetica che distingue tra attività di accertamento e quella di controllo fiscale. Peraltro, sussiste la necessità, per l’ipotesi di atto firmato digitalmente ma notificato in forma cartacea, della dichiarazione di conformità di un pubblico ufficiale ex articolo 23 del Cad . Già nella vigenza del vecchio” articolo 2, commi 6 e 6- bis , del codice dell’amministrazione digitale, le attività ispettive e di controllo fiscale escluse dal campo di applicazione del codice non ricomprendevano al loro interno anche la diversa attività di accertamento dei tributi. In realtà, detta distinzione è già nota in ambito tributario, come testimoniato, ad esempio, dalla ripartizione di compiti tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, per cui entrambi i soggetti possono porre in essere attività ispettive e di controllo fiscale mediante la redazione di processi verbali di constatazione, di verifica o di altri atti istruttori , mentre l’attività di accertamento rimane di esclusiva competenza dell’Agenzia la sola legittimata a emettere avvisi di accertamento . In tale contesto, la modifica legislativa non riveste portata innovativa, ma, piuttosto, portata chiarificatrice, laddove, nel nuovo comma 6- bis , afferma che resta ferma ferma restando” l’applicazione del Cad agli atti di accertamento. Di conseguenza, secondo detto orientamento, l’ufficio ben poteva invocare le disposizioni del codice anche prima del 27 gennaio 2018. Secondo diverso orientamento occorre escludere l’applicabilità del Cad agli avvisi di accertamento emessi prima della modifica dell’articolo 2, commi 6 e 6- bis , del codice dell’amministrazione digitale Cad – d.lgs. n. 82/2005 , operata con il decreto legislativo n. 217/2017, in vigore dal 27 gennaio 2018. Di conseguenza, risulterebbero viziati da difetto di sottoscrizione tutti gli atti di accertamento sottoscritti digitalmente e notificati in forma cartacea prima del 27 gennaio 2018. Infatti, secondo tale filone giurisprudenziale, nell’accezione di attività ispettive e di controllo fiscale” escluse dal campo di applicazione del codice sarebbe senz’altro da ricomprendere anche l’emissione di avvisi di accertamento, costituendo l’attività di accertamento la parte conclusiva ovvero l’esito di un’attività di controllo. In questo contesto, all’introduzione del nuovo comma 6- bis si dovrebbe attribuire portata innovativa e sostanziale solo con detto intervento legislativo sarebbe stata, per la prima volta, introdotta un’esplicita separazione tra attività di accertamento e funzioni ispettive e di controllo e, solo a partire da tale data, sarebbe dunque divenuto possibile, per l’ufficio, formare e notificare gli avvisi di accertamento secondo le modalità previste dal Cad.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 giugno 2019 – 21 gennaio 2021, n. 1150 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo Fatti di causa M.G. conveniva dinanzi al Tribunale di Pescara U.D., che in sede penale aveva patteggiato la pena innanzi al Tribunale penale di Chieti, e la Cassa di Previdenza e Assicurazione degli Sportivi - Sportass, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito dell'omicidio colposo del marito D.C.M., avvenuto durante una battuta di caccia. Il Tribunale rigettava la domanda proposta, compensando tra le parti le spese di lite. La decisione veniva impugnata dall'attrice con atto di citazione notificato ad entrambi gli appellati presso i rispettivi procuratori costituiti nel giudizio di primo grado. La Sportass restava contumace. La Corte d'appello di L'Aquila accoglieva il gravame nei confronti dell' U., condannandolo al pagamento in favore della M. della somma complessiva di Euro 182.784,77 per danno non patrimoniale ed Euro 1.590,69 per danno patrimoniale, oltre alle spese processuali. La Corte d'appello dichiarava, invece, inammissibile l'appello nei confronti della Sportass, rilevando che l'ente era stato soppresso con il D.L. n. 159 del 2007, convertito con L. n. 22 del 2007, entrato in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 ottobre 2007. Poichè, con decorrenza dalla medesima data, in tutti i rapporti pendenti, attivi e passivi, relativi al ramo previdenziale era subentrato l'I.N.P.S. e in quelli relativi al ramo assicurativo era subentrato l'I.N.A.I.L., era nei confronti del successore ex lege che l'atto d'appello avrebbe dovuto essere notificato Contro tale decisione la M. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, illustrati da successive memorie. L'I.N.A.I.L. ha resistito con controricorso. Il ricorso è stato chiamato una prima volta in adunanza camerale, ai sensi dell'art. 380-bis-1 c.p.c. Ma, in considerazione del carattere di novità e del rilievo nomofilattico delle questioni di diritto prospettate, con ordinanza interlocutoria del 1 aprile 2019 ne è stata disposta la trattazione in pubblica udienza. Ai sensi dell'art. 378 c.p.c., l'I.N.A.I.L. ha depositato memorie difensive. Ragioni della decisione 1.1 Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'art. 300 c.p.c., in relazione al D.L. n. 159 del 2007, art. 28 convertito dalla L. n. 22 del 2007. La censura si rivolge al capo della sentenza impugnata che ha ritenuto inammissibile il gravame proposto nei confronti della Sportass, in quanto notificato al procuratore della stessa costituito in primo grado, anzichè del successore ex lege I.N.A.I.L. In particolare, sostiene la ricorrente che, anche nelle ipotesi di soppressione di un ente pubblico e successione per legge di un altro ente pubblico nei rapporti giuridici pendenti, debba applicarsi l'art. 300 c.p.c., sicchè la necessità di notificare l'atto d'appello al successore sorgerebbe solo qualora il procuratore costituito della parte dichiari in udienza l'evento interruttivo o lo notifichi alle altre parti. Poichè la soppressione della Sportass era avvenuta in pendenza del giudizio di primo grado, ma il suo procuratore non aveva dichiarato l'evento interruttivo, in forza dell'ultrattività della procura e della stabilizzazione dei poteri di rappresentanza, la notifica dell'atto di appello poteva essere validamente effettuata al medesimo procuratore, anzichè all'ente succeduto nel rapporto assicurativo. 1.2 Il motivo è infondato e deve essere rigettato. A sostegno delle ragioni della ricorrente sembrerebbe militare il principio affermato dalle Sezioni unite, secondo cui la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso di lui, ai sensi dell'art. 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall'art. 299 c.p.c. da parte del notificante Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014, Rv. 631467 . Occorre considerare, tuttavia, che la citata sentenza non è direttamente calzante nel caso in esame, in quanto relativa all'ipotesi del decesso di una persona fisica. Pur ipotizzando che la soppressione ex lege di un ente pubblico e la conseguente successione di un altro ente nei rapporti giuridici pendenti sia equiparabile ad un fatto interruttivo, quale la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, occorre considerare che la conoscenza aliunde cui fanno riferimento le Sezioni Unite è una conoscenza di fatto dell'evento interruttivo, tipica delle vicende che riguardano le persone fisiche. Nell'ipotesi in questione, invece, l'avvicendamento fra i due enti è avvenuto in forza di un provvedimento di legge D.L. n. 159 del 2007, convertito con L. n. 22 del 2007 , la cui conoscenza e vincolatività è determinata dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale art. 10 preleggi . Per effetto della successione ex lege dell'INAIL alla Sportass, l'avvocato di quest'ultima ha quindi automaticamente e definitivamente perso il potere rappresentativo della originaria parte in causa, oramai soppressa, mentre l'INAIL, succeduto nel diritto controverso, si avvale della propria Avvocatura. 2.1 Con il secondo motivo si deduce - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - la nullità della sentenza per violazione dell'art. 156 c.p.c., nonchè della L. n. 157 del 1992, art. 12 e degli artt. 102 e 31 c.p.c. La censura si rivolge nei confronti della sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la domanda nei confronti dell' U. desse luogo ad una causa scindibile da quella proposta contro la Sportass. In particolare, osserva la ricorrente che ella aveva azione diretta nei confronti dell'ente assicuratore, perchè prevista dalla L. n. 157 del 1992, art. 12 in tema di attività venatoria. Trattandosi di azione omologa a quella prevista, nell'ambito della responsabilità civile per circolazione di autoveicoli, dal D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 144 dovrebbe applicarsi il medesimo criterio secondo cui l'assicuratore e chiamato in giudizio unitamente al responsabile del danno e sarebbe, dunque, un litisconsorte necessario. 2.2 Il motivo è fondato. La L. n. 157 del 1992, art. 12, comma 10, così dispone in caso di sinistro colui che ha subito il danno può procedere ad azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione presso la quale colui che ha causato il danno ha contratto la relativa polizza . La disposizione non contiene alcun esplicito riferimento alla necessità del litisconsorzio necessario fra il danneggiante e l'assicuratore, prevedendo soltanto l'azione diretta del danneggiato nei confronti di quest'ultimo. Tuttavia, una volta evocati in giudizio sia il danneggiante sia l'assicuratore, fra i due si instaura un litisconsorzio necessario quantomeno di natura processuale, al pari di quanto avviene nel caso di chiamata in garanzia. Consegue l'inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c. e la necessità, per l'attore che impugna la sentenza a sè sfavorevole, di evocare nel giudizio di appello oltre che il danneggiante anche l'assicuratore v. Sez. 3, Ordinanza n. 25822 del 31/10/2017, Rv. 646026 - 01 . Tale principio, peraltro, si pone sulla scia di quanto ritenuto dalle Sezioni unite in tema di litisconsorzio in materia assicurativa, sebbene in quel caso l'impugnazione fosse stata esperita esclusivamente dall'assicuratore chiamato in causa in primo grado Sez. U, Sentenza n. 24707 del 04/12/2015, Rv. 638109 - 01 . Pertanto, una volta rilevata l'inefficacia della notificazione dell'impugnazione al procuratore costituito in primo grado per la Sportass, non più munito di poteri rappresentativi dell'ente succeduto ex lege nel rapporto, la Corte d'appello non avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame in parte qua, bensì ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'INAIL, litisconsorte processuale dell' U. regolarmente vocato in appello . 3. In conclusione, rigettato il primo motivo, va accolto il secondo. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d'appello che, conformandosi al principio di diritto sopra enunciato, dovrà disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'INAIL. Il giudice di merito provvederà pure sulle spese legali del giudizio di legittimità. P.Q.M. rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo motivo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di L'Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.