Rescissione del giudicato: inammissibile il ricorso trasmesso a mezzo posta elettronica certificata

In tema di rescissione del giudicato, si applicano le norme stabilite per le impugnazioni penali pertanto, poiché la normativa emanata durante la crisi pandemica non ha derogato al codice di procedura penale prevedendo una modalità di trasmissione telematica degli atti di impugnazione, l’istanza di rescissione presentata a mezzo PEC, prima della legge di conversione, va dichiarata inammissibile.

Il caso. Il giudice di merito dichiarava inammissibile l’istanza volta ad ottenere la rescissione del giudicato di condanna, perché trasmessa a mezzo posta elettronica certificata. Tale modalità è stata ritenuta non consentita per la proposizione di un mezzo di impugnazione straordinaria qual è la rescissione del giudicato. Giurisprudenza pre-COVID. Prima dell’emergenza sanitaria, la giurisprudenza aveva escluso che fosse consentito alle parti trasmettere gli atti di impugnazione o le memorie contenenti motivi nuovi mediante posta elettronica certificata. Tale strumento era consentito solo per le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria e potendo lo stesso operare unicamente in presenza del fascicolo telematico, che non era ancora presente nel processo penale. Il regime delle impugnazioni penali. Nel sistema delle impugnazioni penali assume un particolare rilievo l’identificazione del soggetto proponente per questa ragione è formalizzata specificamente la procedura di deposito dell’atto, che è strumentale alla verifica della legittimazione – quale condizione della sua ammissibilità – di colui che propone l’impugnazione. Tale procedura non appare surrogabile con la trasmissione a mezzo fax o PEC, perché si tratta di dispositivi che garantiscono esclusivamente la provenienza del messaggio e la ricezione da parte del destinatario, non la paternità del documento trasmesso. Neppure poteva essere utilizzata la firma digitale fino all’adozione del decreto attuativo. Il decreto-legge che consente il deposito tramite PEC. Successivamente è entrato in vigore il d.l. n. 137/2020 che ha consentito il deposito con valore legale mediante PEC, presso gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati D.G.S.I.A. e pubblicato sul Portale dei servizi telematici, insieme alle specifiche tecniche relative ai firmati degli atti e le ulteriori modalità di invio. Nessuna deroga al codice di rito. Tale disciplina consente il deposito di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, ma non ha modificato le norme processuali né ha derogato tale regolamentazione ne consegue che le nuove disposizioni devono essere lette e interpretate nei limiti in cui alle stesse possa darsi applicazione nel rispetto delle clausole generali e dei principi espressi dal codice di procedura penale principio di tassatività e inderogabilità delle forme per la presentazione delle impugnazioni . Si è già affermato al riguardo che in tema di impiego della PEC nel processo penale, la normativa contenente disposizioni per fronteggiare l’emergenza pandemica, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di rito non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, attesa la natura non derogatoria delle disposizioni. Regolate anche le impugnazioni con legge di conversione. Interpretazione questa che ha trovato un chiarimento con la legge di conversione n. 176/2020 che ha precisato che, fermo quanto previsto dagli artt. 518, 582, comma 2 e 583 c.p.p., quando il deposito degli atti ha per oggetto un’impugnazione, l’atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati. Si consente, inoltre, l’invio a mezzo PEC anche dell’impugnazione, prescrivendo le modalità di trasmissione dall’indirizzo del difensore a quello dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato nel rispetto delle specifiche tecniche. L’istanza di rescissione è inammissibile. Nel caso in esame, l’istanza di rescissione è inammissibile perché proposta, via posta elettronica certificata, prima dell’entrata in vigore della disciplina che consente la presentazione e l’inoltro mediante PEC. Pacifico, peraltro, che l’istanza di rescissione tecnicamente sia una forma di impugnazione straordinaria, al cui regime, dunque, bisogna fare riferimento per identificare le norme processuali da osservare.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 maggio – 3 giugno 2021, n. 21907 Presidente Zaza – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 26 novembre 2020, la Corte di appello di Catania dichiarava inammissibile l’istanza, proposta dal condannato A.F.H. , volta ad ottenere la rescissione del giudicato di condanna di cui alla sentenza emessa dalla Corte di Assise di appello di Catania del 24 giugno 2016, irrevocabile l’8 novembre 2016, in quanto trasmessa alla propria cancelleria a mezzo della posta elettronica certificata, modalità non consentita per la proposizione di un mezzo d’impugnazione straordinaria. 2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso A. a mezzo dei difensori, avv.ti Salvatore Sciullo e Federico Sciullo, che ne hanno chiesto l’annullamento per a inosservanza delle norme processuali violazione di legge e di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., artt. 125, 180, 629-bis e 635 c.p.p Secondo il ricorrente, l’istanza è stata regolarmente proposta entro trenta giorni dall’arresto ed inviata per mezzo degli strumenti telematici, con la conseguenza che il giudice competente ne ha avuto tempestiva conoscenza, tanto che in data 7 settembre 2020 il giudice relatore ne ravvisava l’ammissibilità. La successiva ordinanza si pone in contrasto motivazionale e logico con tale provvedimento e non tiene conto delle difficoltà operative dei professionisti del diritto in periodo emergenziale e della possibilità di invio telematico per superare l’impedimento del ricorrente, tratto in arresto e dovutosi affidare al difensore per l’esercizio dei suoi diritti e l’invio dell’istanza. b Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., artt. 125, 180, 629-bis e 635 c.p.p. per avere la Corte di appello omesso la valutazione della documentazione allegata all’istanza e delle argomentazioni giuridiche dedotte comprovanti la mancata conoscibilità del processo e della sentenza da parte dell’imputato. Le ricerche condotte nei suoi confronti prima della dichiarazione di latitanza sono state insufficienti ed indicate genericamente senza interessare il Ministero dell’Interno e l’Interpol, cosa che avrebbe consentito di Verificare che egli viveva stabilmente in Svezia, ove avrebbe potuto essere rintracciato. Inoltre, nessun atto risulta tradotto in lingua conosciuta dal ricorrente, tanto più che la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non è valido presupposto per procedere in assenza ex art. 420-bis c.p.p., come affermato nella sentenza n. 23948 del 2020 delle Sezioni Unite, quando non vi sia stato un effettivo rapporto professionale tra difensore ed assistito. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. Simone Perelli, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. 4. In data 28 aprile 2021 il nuovo difensore del condannato, avv.to Massimo Mercurelli, ha depositato memoria difensiva, con la quale ha osservato che la qualificazione giuridica della rescissione del giudicato come impugnazione straordinaria è frutto di elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria mentre l’art. 629-bis c.p.p. fa riferimento alla sua proposizione con istanza, il che esenta dal rispetto delle modalità di presentazione previste per le impugnazioni. Inoltre, a partire dal marzo del 2020, nella vigenza del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, l’art. 83, comma 11, espressamente prevedeva che gli atti potessero essere inoltrati per via telematica, il che avrebbe imposto di ritenere ammissibile di valutare nel merito la richiesta ex art. 629-bis c.p.p L’interpretazione formalistica condotta dalla Corte di appello tradisce la funzione dell’istituto, introdotto per rimediare alle situazioni in cui l’imputato non sia stato consapevole del processo a suo carico e non via abbia potuto partecipare. Infine, poiché il ricorrente non ha mai ricevuto la traduzione, in una lingua a lui comprensibile, dell’ordine di esecuzione, ossia dell’atto solo dal quale avrebbe potuto apprendere le ragioni della sua detenzione, il termine per proporre l’istanza non ha mai iniziato a decorrere. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1.La difesa del ricorrente ha assunto la propria iniziativa impugnatoria mediante atto che è stato inoltrato alla cancelleria della Corte di appello di Catania a mezzo posta elettronica certificata in data 24 marzo 2020, come da attestazione apposta dal funzionario di cancelleria. 1.1 Con riferimento alle modalità di proposizione delle impugnazioni, la giurisprudenza di legittimità prima dell’emergenza sanitaria determinata dalla pandemia di covid-19 aveva escluso fosse consentito alle parti di trasmettere gli atti di impugnazione o le memorie contenenti motivi nuovi mediante posta elettronica certificata, strumento che, a norma del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 4, convertito dalla L. n. 221 del 2012, era consentito soltanto per le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi a cura della cancelleria e potendo lo stesso operare unicamente in presenza del fascicolo telematico, non ancora instaurato nel processo penale Sez. 5, n. 12949 del 05/03/2020, Torti, Rv. 279072 Sez. 1, n. 2020 del 15/11/2019 dep. 2020, Turturo, Rv. 278163 . Analoghe conclusioni sono state ribadite anche in riferimento al tenore della disciplina introdotta per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso, in quanto il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 11, convertito dalla L. n. 27 del 2020, prevede questa possibilità solo per i ricorsi nella materia civile senza l’introduzione di deroghe rispetto al generale principio riferibili al processo penale Sez. 1, n. 28540 del 15/09/2010, Puglisi, n. m sez. 1, n. 28540 del 15/09/2020, Santapaola, rv. 279644 Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D’Angelo, Rv. 272741 Sez. 6, n. 41283 dei 11/09/2019, Di Nolfo, Rv. 277369 . Si è osservato che, con riferimento al sistema delle impugnazioni penali, assume un particolare rilievo l’identificazione del soggetto proponente, ragione per la quale è formalizzata in modo specifico la procedura di deposito dell’atto, perché strumentale alla verifica della legittimazione di colui che propone l’impugnazione quale condizione della sua ammissibilità ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a , e non surrogabile con la mera trasmissione per mezzo del fax o della posta elettronica. Si tratta, invero, di dispositivi che garantiscono esclusivamente la provenienza del messaggio e la ricezione da parte del destinatario, non già la paternità del documento trasmesso, effetto che potrebbe essere assicurato soltanto dalla firma digitale che, tuttavia, in forza del decreto del Ministro della giustizia del 21 febbraio 2011, n. 44, non può essere utilizzata nel processo penale fino a quando non sarà adottato il decreto attuativo, previsto dall’art. 35 del decreto stesso. E per tale ragione sono stati già considerati inammissibili atti di parte, provenienti anche da quella pubblica, fatti pervenire alla Corte di cassazione con strumento non consentito, quale la posta elettronica certificata. 1.2 Successivamente alle citate pronunce è entrato in vigore il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, che all’art. 24 prevede 4. Per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui al D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro generale degli indirizzi di posta elettronica certificata di cui al D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 7. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati e pubblicato sul Portale dei servizi telematici. Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. 5. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma precedente, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudiziari provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l’atto nel fascicolo telematico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all’inserimento nel predetto fascicolo di copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certificata dell’ufficio . 1.2.1. Il nuovo D.L. n. 137 del 2020, art. 24, comma 1, riproduce, in termini sostanzialmente immutati, la disposizione previgente del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12-quater.1, precisando al comma 6 che Per gli atti di cui al comma 1 e per quelli che saranno individuati ai sensi del comma 2 l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge . Ne discende che la disposizione concernente il deposito telematico a valore legale di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 24 riguarda soltanto il deposito degli atti relativi alla fase ex art. 415-bis c.p.p. presso gli uffici della Procura della Repubblica a ciò abilitati. E, nonostante i citati commi 4 e 5 del medesimo D.L. n. 137 del 2020, art. 24 paiano consentire mediante posta elettronica certificata il deposito di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati , in realtà la nuova disciplina non ha modificato le norme processuali inserite nel codice di rito, nè ha inteso derogare espressamente a tale specifica regolamentazione o a quella introdotta dal decreto ministeriale n. 44 del 2011, sicché le nuove disposizioni devono essere lette e interpretate nei limiti in cui alle stesse possa darsi applicazione nel rispetto delle clausole generali e dei principi espressi dal codice di procedura penale. 1.2.2 In ordine al deposito degli atti processuali tramite posta elettronica certificata deve concludersi che, quando il codice di rito prevede forme o modalità particolari per il deposito, la regolamentazione introdotta con il D.L. n. 137 del 2020 non ha efficacia derogatoria, nè potrebbe averla un eventuale provvedimento emesso dall’autorità tecnica, che intervenga in questa materia. In tal senso si è già pronunciata questa Corte con la sentenza Sez. 1, n. 32566 del 03/11/2020, Pmt in proc. Caprioli, Rv. 279737, per la quale In tema di impiego della posta elettronica certificata nel procedimento penale, l’art. 24, comma 4, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, in attesa di conversione, contenente disposizioni per contrastare l’emergenza da Covid-19, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, stante la natura non derogatoria del suddetto comma rispetto alle previsioni sia del codice di procedura penale, sia del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito con modificazioni dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24, e sia anche del regolamento delegato adottato con D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, concernente le regole tecniche per il processo civile e penale telematici . 1.2.3 Resta soltanto da aggiungere che, con la promulgazione della L. di Conversione 18 dicembre 2020, n. 176, il D.L. n. 137 del 2020, art. 24, è stato integrato con l’inserimento di nuove disposizioni, inserite ai commi da 6-bis a 6-undecies in particolare, il comma 6-bis stabilisce che fermo quanto previsto dall’art. 518 c.p.p., art. 582 c.p.p., comma 2, art. 583 c.p.p., quando il deposito degli atti di cui al comma 4 ha per oggetto un’impugnazione, l’atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate col provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi ed automatizzati di cui al comma 4 . I commi successivi consentono l’inoltro a mezzo posta elettronica certificata anche dell’impugnazione, prescrivendo le modalità di trasmissione dall’indirizzo del difensore a quello dell’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento impugnato nel rispetto delle specifiche tecniche stabilite dal comma 4 inoltre, è regolamentata anche l’applicazione delle nuove disposizioni sotto il profilo intertemporale, nel senso che il comma 6-decies stabilisce che le stesse si applicano alle impugnazioni proposte successivamente all’entrata in vigore della L. n. 176 del 2020, verificatasi il OMISSIS . 1.2.4 Il Collegio condivide la linea interpretativa già emersa nella giurisprudenza di legittimità, che non può essere censurata perché frutto di un vuoto formalismo, ma perché rispettosa delle norme giuridiche di riferimento. Da quanto esposto discende che l’istanza di rescissione del giudicato, proposta da A. in data 24 marzo 2020, prima dell’entrata in vigore della disciplina che consente testualmente la sua presentazione ed inoltro mediante posta elettronica, non è conforme alle modalità stabilite dalla legge processuale e, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., è stata correttamente dichiarata inammissibile. 2. Le argomentazioni contrarie esposte in ricorso non convincono. 2.1 Che prima della decisione impugnata il giudice relatore in data 7 settembre 2020 avesse ravvisato in via preliminare l’ammissibilità della richiesta non esplica nessun effetto preclusivo all’adozione di opposta decisione assunta dal collegio, trattandosi di una prima indicazione di natura organizzativa, a valenza interna, priva di carattere decisorio e vincolante. 2.2 Non assume rilievo nemmeno il fatto che, a norma dell’art. 629-bis c.p.p., comma 2, la rescissione del giudicato sia proponibile mediante istanza , espressione utilizzata in modo generico per significare l’iniziativa della parte interessata e non in termini qualificatori. È, invece, pacifico che l’istituto ha natura di impugnazione straordinaria. Nella lettura offertane dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 32848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259990, confermata da Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Pm in proc. Ismail, Rv. 279420 e da Sez. U., n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931, la rescissione del giudicato si pone quale mezzo di impugnazione straordinario e quale strumento di chiusura del sistema, dato che con essa è perseguito l’obiettivo del travolgimento del giudicato e dell’instaurazione ab initio del processo, quando si accerti la violazione dei diritti partecipativi dell’imputato. Convincente conferma è offerta dai tratti qualificanti l’istituto e dal coordinamento tra l’art. 629-bis e l’art. 420-bis c.p.p. il riconoscimento della legittimazione al solo condannato o sottoposto a misura di sicurezza con sentenza irrevocabile, che sia rimasto assente per tutto il corso del processo, per tale intendendosi colui che versi nella situazione prevista dal vigente art. 420-bis c.p.p., non quindi il contumace l’attribuzione al giudice della verifica, sulla scorta della deduzione della parte, che l’assenza è stata o meno effetto della incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo , da condurre mediante la documentazione prodotta dall’istante con possibilità di un intervento integrativo, esercitabile anche d’ufficio, per chiarire aspetti ambigui o colmare possibili lacune o verificare la rispondenza della documentazione esibita alla realtà processuale Sez. U., Burba, citata Sez. 5, n. 31021 del 15/09/2020, Ramadze, Rv. 280137 gli effetti del rimedio in termini di revoca della sentenza, a significare la sua funzione di strumento per assicurare ex post, dopo la formazione del giudicato, il diritto dell’imputato di partecipare al processo a suo carico e di consentire una rinnovata valutazione in fatto ed in diritto dell’accusa con la piena attivazione delle facoltà difensive, comprensive anche dell’accesso ai procedimenti deflattivi del dibattimento. 2.3 Infine, anche l’argomentazione che segnala la mancata traduzione in lingua nota all’imputato dell’ordine di esecuzione per carcerazione non convince dell’erroneità della decisione contestata. In primo luogo, non è dato comprendere da quali elementi possa desumersi la sua mancata conoscenza della lingua italiana, che non può presumersi per il solo fatto che egli sia di nazionalità somala agli atti vi sono documenti redatti in lingua italiana da lui sottoscritti, quali il mandato difensivo e la richiesta di accoglimento dell’istanza del 12/12/2020. Inoltre, la proposizione della domanda di rescissione dimostra che egli, assistito da due difensori di fiducia, ha ben compreso quale fosse il titolo esecutivo e le ragioni della carcerazione in atto, il che priva di qualsiasi rilevanza l’osservazione sul mancato decorso del termine per proporre istanza ex art. 629-bis, posto che quella presentata non è stata dichiarata inammissibile per tardività, ma perché proposta nell’inosservanza delle forme tassative, stabilite dalla legge processuale. Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato in tutte le sue deduzioni, va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, a ragione dei profili di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, anche al versamento di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo stabilire in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.