Rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza perché inoltrata tramite PEC

Laddove il difensore non possa presenziare il procedimento di appello avverso i provvedimenti de libertate, l’istanza di differimento si palesa irrituale se inoltrata tramite PEC giacché, nel procedimento penale, l’utilizzo di tale mezzo non è consentito alle parti private per effettuare comunicazioni o notificazioni.

Sul tema gli Ermellini con la sentenza n. 2034/19, depositata il 16 gennaio a fronte del ricorso presentato dall’imputato che, tramite la decisione del Tribunale di Roma ex art. 310 c.p.p. in tema di appello contro le ordinanze di misure cautelari personali , veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti. Istanza di rinvio dell’udienza. In particolare il ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza di rigetto del Tribunale di Roma dell’istanza di rinvio dell’udienza che era stata trasmessa a mezzo PEC tale richiesta derivava da un contestuale impegno del difensore in un’altra udienza in cui avrebbe difeso lo stesso imputato. In ordine a tale rigetto, il Tribunale motivava che nel procedimento di appello avverso i provvedimenti de libertate non trova applicazione l’art. 420 -ter c.p.p. che opera nell’ambito dell’udienza preliminare, con la conseguenza che il legittimo impedimento del difensore non determina l’invio dell’udienza . Utilizzo non consentito del mezzo PEC. Pur condividendo la motivazione del Tribunale relativa all’inoperatività dell’art. 420 -ter c.p.p. in tema di legittimo impedimento , la S.C., circa l’utilizzo del mezzo PEC, ricorda che la notifica a mezzo telematico è equipollente alle forme dell’ordinario regime delle notificazioni giacché è un mezzo ritenuto alternativo alle comunicazioni – attualmente consentite in determinati casi - telefoniche, telematiche e via fax in tal senso anche le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposti dalle autorità giudiziarie. Sul tema dell’utilizzo del mezzo PEC, gli Ermellini ribadiscono il principio secondo cui alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni o notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata , essendo consentito l’utilizzo del mezzo PEC nel procedimento penale solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie a persona diversa dall’imputato . Ebbene la Corte ritiene giuridicamente inesistente l’istanza di differimento trasmessa dalla difesa del ricorrente tramite mezzo PEC e di conseguenza diviene irrilevante la motivazione in ordine al contenuto della stessa. In conclusione, l’istanza di differimento in questione si palesa irrituale e dunque, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 novembre 2018 – 16 gennaio 2019, n. 2034 Presidente Petruzzellis – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. M.A. , per il tramite del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma ex art. 310 cod. proc. pen., che in accoglimento dell’appello proposto dal P.M., in riforma dell’impugnata ordinanza del Tribunale di Latina che aveva rigettato la richiesta di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari nei suoi confronti ex art. 276 c.p.p., comma 1-ter, ha applicato la custodia cautelare in carcere relativamente al delitto di illecita detenzione di 73,46 grammi di hashish e grammi 5,2 di cocaina. 2. Il ricorrente deduce i motivi di seguito indicati - nullità del provvedimento per il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza trasmessa a mezzo PEC, per mezzo della quale era stato evidenziato il contestuale impegno del difensore in altra udienza in cui difendeva lo stesso M. - censura l’ordinanza che non avrebbe tenuto conto che non vi era stata alcuna violazione degli obblighi imposti con l’applicazione della misura degli arresti domiciliari si sarebbe limitato ad avere una discussione con tale Z.D. , tenuto anche conto della regolare autorizzazione concessa dal Giudice di recarsi presso l’Istituto omissis di - censura la ritenuta gravità dei fatti contestati, facendo presente come siano assenti i presupposti per l’aggravamento della misura anche a cagione delle condizioni di salute del ricorrente. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse e perché le censure non sono ammesse ex art. 606 c.p.p., comma 3. 2. Sussiste carenza di interesse quanto al primo motivo con cui si eccepisce la nullità del provvedimento per omesso accoglimento dell’istanza di rinvio inviata a mezzo PEC che sarebbe stata giustificata da un contestuale impegno professionale. 2.1. Pur avendo il Tribunale motivato in ordine alla non documentata istanza presentata, anche rilevando che nel procedimento di appello avverso i provvedimenti de libertate non trova applicazione l’art. 420-ter c.p.p. che opera nell’ambito dell’udienza preliminare, con la conseguenza che il legittimo impedimento del difensore non determina il rinvio dell’udienza Sez. 2, n. 3899 del 20/01/2016, Martinelli, non massimata Sez. 1, n. 35518 del 02/07/2014, Veronesi, non massimata sez. 1, sent. n. 35687 del 10/02/2003, Rv. 226108 , deve rilevarsi che l’istanza di differimento si palesa irrituale in quanto inoltrata a mezzo posta elettronica certificata, mezzo non consentito come da conforme orientamento di questa Corte. 2.2. Deve essere, infatti, ribadito il principio di diritto secondo cui alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P, Rv. 270702 Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189 . L’utilizzo della PEC è infatti stato consentito nei procedimenti penali, a far data dal 15 dicembre 2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie a persona diversa dall’imputato - a norma dell’art. 148 c.p.p., comma 2-bis, art. 149 e 150 c.p.p. e art. 151 c.p.p., comma 2, L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 19 D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, commi 9 e 10 . La notifica a mezzo PEC, quindi, è equipollente alle forme dell’ordinario regime delle notifiche, in quanto ritenuta alternativa privilegiata alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari. In tal senso le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c.p.p., le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall’Autorità giudiziaria giudice o pubblico ministero , con mezzi tecnici idonei, gli avvisi e le convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall’imputato”. 2.3. Per quanto sopra enunciato deve ritenersi che l’istanza di rinvio dell’udienza camerale trasmessa dalla difesa del ricorrente a mezzo PEC fosse giuridicamente inesistente, con conseguente irrilevanza della motivazione che in ordine al contenuto della stessa il Tribunale ha inteso adottare evenienza che non impedisce di valutare come inammissibile il relativo motivo formulato in questa sede sulle argomentazioni del rigetto, alla luce della evidente carenza di interesse in capo al ricorrente che, qualora conseguisse annullamento del provvedimento, non conseguirebbe risposta da parte del Tribunale rispetto a tale inesistente istanza in ordine alla carenza di interesse in capo al ricorrente in ipotesi di omessa motivazione su motivo originariamente inammissibile, Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015, Arcone e altri, Rv. 265878 . 4. Quanto al secondo ed al terzo motivo se ne rileva l’inammissibilità ex art. 606 c.p.p., comma 3, perché attraverso la loro formulazione non vengono poste censure in ordine a vizi di legittimità. Il ricorrente si limita, infatti, ad evidenziare questioni in fatto in ordine alle quali il Tribunale ha fornito adeguata e logica risposta rilevando l’esistenza di plurime e gravi violazioni alle prescrizioni della misura degli arresti domiciliari anche consistite in un allontanamento non autorizzato dall’abitazione. È stato, inoltre, accertato che il ricorrente, durante il periodo trascorso agli arresti domiciliari, intratteneva costanti rapporti con soggetti con lui non conviventi, anche medio tempore approvvigionandosi di sostanza stupefacente che, infatti, veniva rinvenuta in casa e sequestrata. 5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616 c.p.p., comma 1. 6. La necessità di porre in esecuzione il provvedimento impone la trasmissione ex art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. della sentenza alla Cancelleria per gli adempimenti corrispondenti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen