Guasto alla linea telefonica: la notifica a mezzo PEC è valida con la semplice verifica dell’accettazione dal sistema

Per espressa previsione normativa di cui al d.P.R. n. 68/2005 si considera PEC quel sistema che consente di inviare email aventi valore legale.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 31273/18 depositata il 10 luglio. La vicenda. Avverso la sentenza di secondo grado il ricorrente, nei cui confronti i Giudici dell’appello rideterminavano la pena per il delitto di ricettazione, propone la cassazione per omessa notifica del decreto di citazione in appello sia al difensore di fiducia che a lui imputato presso il domicilio eletto, poiché allo studio legale non sarebbe stata effettuata notifica alcuna né a mezzo servizio postale né a mezzo PEC, non risultando quest’ultima ricevuta a causa di un gusto alla linea telefonica. I requisiti per la corretta trasmissione telematica della notifica. Caratteristica del servizio PEC, a differenza del semplice servizio di tradizionale posta elettronica, è quella di fornire agli utenti la certezza, in termini di valore legale, dell’invio, della consegna o della mancata consegna delle email al destinatario e l’aggettivo certificata” si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia una ricevuta al mittente che costituisce prova legale dell’avvenuto invio del messaggio. Dall’altro lato il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. L’obiettivo è quello di garantire l’opponibilità a terzi del messaggio in caso di contenzioso. Prosegue la Corte che la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica senza necessità di ulteriori accertamenti . Il ricorso è dunque inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 marzo – 10 luglio 2018, numero 31273 Presidente Cammino – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 14 febbraio 2017 la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Rimini il 4 aprile 2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.G. , in atti generalizzato, e A.R. in ordine ai reati di cui ai capi b , c e d perché estinti per prescrizione ha rideterminato la pena per il delitto di ricettazione di cui al capo a e confermato nel resto. Avverso la sentenza d’appello M.G. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi 1 nullità della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione in appello sia al difensore di fiducia che all’imputato presso il domicilio eletto. In particolare, pur avendo l’imputato eletto domicilio presso lo studio del difensore di fiducia avv. Massimo Mancini, al suddetto studio non sarebbe stata effettuata alcuna notifica né a mezzo servizio postale né a mezzo pec, non risultando quest’ultima ricevuta a causa di un guasto alla linea telefonica 2 manifesta illogicità della motivazione ovvero erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte d’appello denegato le attenuanti generiche, effettuando una valutazione solo degli elementi di cui all’art. 133 c.p. e così irragionevolmente trascurando il comportamento resipiscente dell’imputato e le difficoltà economiche, addotte a giustificazione del proprio operato. All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1 Riguardo al primo motivo, deve premettersi che la Posta Elettronica Certificata PEC è il sistema che, per espressa previsione di legge DPR 11 Febbraio 2005 numero 68 , consente di inviare email con valore legale. Il servizio PEC, benché presenti forti similitudini con la tradizionale posta elettronica, ha caratteristiche aggiuntive tali da fornire agli utenti la certezza - a valore legale - dell’invio e della consegna o della mancata consegna delle email al destinatario. Il termine certificata si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta, che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. I gestori certificano quindi con le proprie ricevute che il messaggio è stato spedito e che è stato consegnato o in caso negativo che il messaggio non è stato consegnato . Tale sistema è stato creato proprio al fine di garantire, in caso di contenzioso, l’opponibilità a terzi del messaggio. Alla luce delle suesposte circostanze questa Corte ha dunque affermato Sez. 4, numero 2431 del 15/12/2016, Rv. 268877 che, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata c.d. pec , la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza necessità di ulteriori accertamenti. 1.1.1 Ciò premesso, deve rimarcarsi che il ricorrente ha dedotto che per un guasto della linea non avrebbe ricevuto, in proprio e quale domiciliatario dell’imputato, la notifica a mezzo pec del decreto di fissazione dell’udienza dibattimentale dinanzi alla Corte d’appello. Non ha contestato, dunque, l’esistenza delle certificazioni dei gestori attestanti la spedizione e l’accettazione del messaggio, ma ha dedotto di non avere egli mai ricevuto il messaggio per un guasto del servizio. Ciò senza peraltro provare alcun malfunzionamento del sistema, per di più dedotto in maniera generica. Ne consegue che, dovendosi ritenere, come innanzi detto, perfezionata e pienamente valida la notifica sulla base della verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, la doglianza del ricorrente è manifestamente infondata. 1.2 Il secondo motivo è privo del necessario requisito della specificità, non confrontandosi il ricorrente con la motivazione della Corte d’appello, che ha denegato le attenuanti generiche in ragione dei precedenti penali plurimi, di cui uno anche specifico . Così argomentando la Corte di merito si è correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte, per la quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilità di circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole od all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto, risultare all’uopo sufficiente così, ex multis, Sez. II, sentenza numero 3609 del 18 gennaio 1° febbraio 2011, CED Cass. numero 249163 . 2. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte cost., 13 giugno 2000 numero 186 e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa - della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.