La richiesta di rinvio dell’udienza penale non può essere comunicata via PEC

Essendo consentito, nel processo penale, l’utilizzo della PEC solo per le notificazioni da parte della cancelleria a persona diversa dall’imputato, la Suprema Corte ha ritenuto che la richiesta di rinvio dell’udienza ex art. 108 c.p.p. non possa essere comunicata tramite posta elettronica certificata.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 20443/18, depositata il 9 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Perugia, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Giudice di prime cure, assolveva l’imputato per i reati di rapina aggravata in concorso e, parallelamente, rideterminava la pena in relazione alla residua imputazione. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, come in seguito a revoca del precedente difensore di fiducia la Corte non avesse accolto la richiesta di rinvio del procedimento ex art. 108 c.p.p. inoltrata dal nuovo difensore di fiducia a mezzo PEC. La richiesta di rinvio inoltrata a mezzo PEC. Il Supremo Collegio ribadisce che nel procedimento penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni né presentare istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata , essendo consentito l’utilizzo della PEC soltanto per effettuare notificazioni da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall’imputato ai sensi degli artt. 148, comma 2- bis , e degli artt. 149, 150, 151, comma 2, c.p.p., nonché della l. n. 221/2012. La Suprema Corte rileva dunque che all’imputato, nel procedimento penale, non è – allo stato – consentito l’utilizzo della posta elettronica certificata quale generalizzata forma di comunicazione o notificazione, né per la presentazione di atti istanze, memorie . Infine, i Giudici di legittimità sottolineano che, se da un lato, nel caso di specie, il difensore non ha diritto al rinvio dell’udienza motivato sul presupposto che non ha potuto accedere agli atti per tardività della nomina, in quanto la facoltà riconosciuta all’imputato di nominare l’avvocato in qualsiasi momento del processo va bilanciata con il principio di ragionevole durata , dall’altro la mancata concessione del termine ex art. 108 c.p.p. determina una nullità a regime intermedio che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dall’art. 182, comma 2, c.p.p. e dunque al più tardi immediatamente dopo il provvedimento reiettivo . La Corte quindi dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 marzo – 9 maggio 2018, n. 20443 Presidente Prestipino – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 24/06/2016, la Corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa, all’esito di giudizio abbreviato, dal giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Perugia in data 28/04/2009, assolveva C.L. dai reati di rapina di rapina aggravata in concorso di cui ai capi A e C per non aver commesso il fatto e rideterminava la pena in relazione ad altro reato di rapina aggravata in concorso capo B nella misura di anni quattro di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, con conferma nel resto della sentenza di primo grado. 2. Avverso detta sentenza, C.L. , in proprio, propone ricorso per cassazione per lamentare - violazione di legge in relazione all’art. 108 cod. proc. pen. primo motivo - violazione di legge in relazione alla determinazione della pena, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’intervenuto aumento per la recidiva secondo motivo . 2.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come il ricorrente avesse revocato il proprio precedente difensore di fiducia, avv. Antonello De Cosmo, conferendo mandato nonché procura speciale all’avv. Nicola Marro, nomina che interveniva solo in data 23/06/2016, ossia il giorno prima dell’udienza presso la Corte d’appello di Perugia. L’avv. Marro, a mezzo posta elettronica certificata, inoltrava alla Corte d’appello in data 23/06/2016 ore 19.13, richiesta di rinvio del procedimento ex art. 108 cod. proc. pen., asserendo come non fosse in grado, essendo stato appena officiato dell’incarico di difensore e totalmente privo degli atti processuali, di espletare correttamente il proprio mandato detta comunicazione risulta essere stata correttamente inviata e regolarmente accettata dalla casella di posta elettronica certificata penale.ca.perugiagiustiziacert.it alle ore 19.13.33 del 23/06/2016. Nella sentenza impugnata nessuna menzione viene fatta della predetta richiesta di rinvio, in quanto certamente la medesima non venne portata a conoscenza dell’autorità giudiziaria, con conseguente nullità assoluta della sentenza impugnata per avvenuta lesione del diritto di difesa. 2.2. In relazione al secondo motivo, si censura il disposto trattamento sanzionatorio eccessivamente gravoso, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nonostante il buon comportamento processuale dell’imputato ed il mancato uso di armi e la considerazione della recidiva, solo specifica ed infraquinquennale e comunque inespressiva di maggiore colpevolezza o pericolosità sociale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, da ritenersi inammissibile. 2. Con riferimento al primo motivo, soccorre l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità che ha più volte chiarito che, nel procedimento penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni né presentare istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443, con riferimento ad un’istanza di rinvio per legittimo impedimento vedi anche Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189, con riferimento ad una istanza di rimessione in termini . 2.1. Invero, ai sensi dell’art. 148 cod. proc. pen., comma 2-bis, artt. 149 e 150 cod. proc. pen., art. 151 cod. proc. pen., comma 2, e della L. n. 221 del 2012, di conversione del D.L. n. 179 del 2012, l’utilizzo della PEC è consentito, a partire dal 15/12/2014, soltanto per effettuare notificazioni da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall’imputato. 2.2. In proposito, si è, in particolare, osservato che, nel processo civile. l’art. 366 cod. proc. civ., comma 2 così come previsto dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, che ha modificato la L. n. 53 del 1994 , ha introdotto espressamente la PEC quale strumento utile per le notifiche degli avvocati autorizzati. Già il D.M. n. 44 del 2011 aveva disciplinato con maggiore attenzione l’invio delle comunicazioni e delle notifiche in via telematica dagli uffici giudiziari agli avvocati e agli ausiliari del giudice nel processo civile, in attuazione della L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 51. In tale contesto assume rilevanza la disposizione di cui all’art. 4 che prevede l’adozione di un servizio di posta elettronica certificata da parte del Ministero della Giustizia in quanto ai sensi di quanto disposto dalla L. n. 24 del 2010 nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica devono effettuarsi, mediante posta elettronica certificata. Quest’ultima disposizione è stata rinnovata anche dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese , in GU n. 245 del 19/10/2012 - Suppl. Ordinario n. 194 , entrato in vigore il 20/10/2012 e convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 c.d. Decreto cresc’Italia 2.0 dove all’art. 16 viene sancito, al comma 4, che Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma dell’art. 148 cod. proc. pen., comma 2-bis, artt. 149 e 150 cod. proc. pen. e art. 151 cod. proc. pen., comma 2. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Rv. 258443, cit. . 2.2.1. La predetta disposizione indica espressamente la volontà legislativa di consentire l’utilizzo della PEC, nel processo penale, alle sole cancellerie in accordo con il tradizionale canone interpretativo inclusio unius, exclusio alterius in caso contrario ovvero se, in assenza di un espresso divieto, dovesse ritenersi consentito l’utilizzo di detto strumento anche alle altre parti, purché per comunicazioni o notificazioni a persona diversa dall’imputato , essa sarebbe inutile, non avendo senso consentire espressamente l’utilizzo della PEC alle cancellerie, se esso fosse consentito a tutti. D’altro canto, la conclusiva previsione che La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria evidenzia che l’utilizzo del mezzo è consentito al solo ufficio di cancelleria, non anche - per quello che in questa sede rileva - alle parti private la mancata indicazione delle forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private sarebbe, infatti, incomprensibile, poiché finirebbe col legittimare l’assunto che le parti private non avrebbero necessità di documentare l’avvenuta notificazione a mezzo PEC . 2.2.2. Ne consegue, pertanto, per quanto rileva in riferimento all’odierno ricorso, che all’imputato, nel procedimento penale, non è - allo stato consentito l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata quale generalizzata forma di comunicazione o notificazione, né per la presentazione di atti istanze, memorie . 2.3. Nessuna censura può, pertanto, essere dedotta dall’imputato quanto alla lamentata omissione della Corte di appello, avendo egli stesso scelto una forma di comunicazione dell’istanza di rinvio dell’udienza ex art. 108 cod. proc. pen. non consentita cfr., Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017, P., Rv. 270702, in tema di richiesta di rinvio per legittimo impedimento Sez. 2, n. 31336 del 16/05/2017, P.M. in proc. Silvestri, Rv. 270858, in tema di inoltro di memoria . 2.4. Da ultimo, con riferimento al merito della questione, non pare superfluo ricordare che - il difensore non ha diritto al rinvio dell’udienza motivato sul presupposto che non ha potuto accedere agli atti per tardività della nomina, in quanto la facoltà riconosciuta all’imputato di nominare l’avvocato in qualsiasi momento del processo va bilanciata con il principio di ragionevole durata ed esercitata in modo da non trasformare le nomine e le revoche dei difensori in un sistema per controllare le scansioni ed i tempi del processo Sez. 5, n. 32135 del 07/03/2016, Di Mauro ed altro, Rv. 267804 - la mancata concessione del termine a difesa previsto dall’art. 108 cod. proc. pen. determina una nullità generale a regime intermedio che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma secondo, cod. proc. pen., e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il provvedimento reiettivo anche in modo implicito della richiesta decadenza in cui la parte è incorsa non avendo la difesa presente dedotto alcunché all’udienza avanti al giudice d’appello , e non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione Sez. 1, n. 11030 del 25/02/2010, Del Gaudio, Rv. 246777 . 3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso. 3.1. Invero, nella fattispecie, sia il diniego delle circostanze attenuanti generiche che la mancata esclusione della recidiva che l’operato trattamento sanzionatorio sono assistiti da motivazione del tutto congrua e priva di vizi logico-giuridici, avendo la Corte ritenuto incomprensibile invocare le attenuanti generiche solo per il mancato uso di armi o di minacce gravi in assenza di altri elementi valutabili favorevolmente per l’imputato tale non potendosi considerare la scelta di accedere al rito abbreviato e giustificato il trattamento sanzionatorio e la mancata esclusione della recidiva motivo, quello sulla recidiva, tardivamente proposto solo con il ricorso per cassazione e per tale ragione non sindacabile nella presente sede di legittimità sulla base delle modalità della condotta e dei precedenti specifici del reo sono richiamati al riguardo i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. a dimostrazione implicita ma inequivoca di una ritenuta accresciuta pericolosità sociale. 3.2. Va ricordato in proposito che, per costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, allorquando - come nella fattispecie - risulta giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, è del tutto insindacabile in sede di legittimità Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi e altri, Rv. 242419 , anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione cfr., Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244 . 3.3. Infine, si ricorda come la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientri nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142 , ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 . 4. Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che, valutata la causa di inammissibilità, si stima equo determinare in Euro duemila da devolversi a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende.