Irricevibile il ricorso a mezzo PEC nel giudizio penale di cassazione

La Corte di legittimità ribadisce l’impossibilità di depositare atti di impugnazione per cassazione mediante PEC non essendo permessa la presentazione dei ricorsi con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente .

Con la sentenza n. 15546/18, depositata il 6 aprile, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello dell’Aquila avente ad oggetto la pronuncia della medesima Corte adottata in sede di rinvio a seguito di una precedente pronuncia rescindente dei Giudici di legittimità. No all’impugnazione a mezzo PEC in Cassazione. In via preliminare, il Collegio evidenzia l’irricevibilità dell’impugnazione proposta a mezzo PEC in quanto nei procedimenti penali instaurati davanti alla Corte di Cassazione non è consentito alla parti presentare atti di impugnazione in modalità telematica. Precisa inoltre la sentenza che nei giudizi in Cassazione non è ammesso nemmeno il deposito telematico degli atti del processo civile in assenza dell’emissione dei decreti previsti dall’art. 16- bis , comma 6, d.l. n. 179/2012 conv. in l. n. 221/2012 . In via eccezionale e limitatamente ai giudizi civili di cassazione, possono essere inserite nel fascicolo processuale le istanze dei difensori che non esplicano un’incidenza diretta sul processo , quali ad esempio le istanze di prelievo, di sollecita fissazione di ricorsi o di differimento della trattazione. Allo stato della disciplina in materia di processo telematico, non è in conclusione possibile ammettere l’estensione della disciplina appena richiamata al giudizio penale di cassazione con la conseguente impossibilità di inviare atti di impugnazione a mezzo PEC, come peraltro già affermato dalla medesima Corte di legittimità. Per questi motivi, assorbendo l’irricevibilità del ricorso le ulteriori censure attinenti al merito della sentenza impugnata, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 6 marzo – 6 aprile 2018, n. 15546 Presidente Di Tomassi – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe la Corte di appello dell’Aquila pronunciandosi a seguito dell’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione, Sezione quinta penale, con sentenza del 12/01/2016 - annullava il decreto emesso dal Tribunale dell’Aquila il 06/06/2011, con cui erano state confiscate le quote della società Alba D’Oro s.r.l., intestate a Z.N., R.A. e Ri.Au., nonché le quote della società Marsica Plastica s.r.l., intestate ad R.A L’originaria misura ablatoria era stata disposta dal Tribunale dell’Aquila sul presupposto che le società Alba D’Oro s.r.l. e Marsica Plastica s.r.l. erano state finanziate dalla società Sirco s.r.l., che, pur risultando amministrata da \Lapis Gianni\, era riconducibile a C.V. e M. soggetti, questi ultimi, che erano già stati condannati per la loro affiliazione a omissis . Tale percorso argomentativo veniva censurato dalla Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento sopra citata, che imponeva al Giudice del rinvio aquilano di sanare alcune discrasie argomentative, enucleando le ragioni che legittimavano l’emissione del provvedimento ablatorio presupposto. Le verifiche demandate alla Corte di appello dell’Aquila, in particolare, riguardavano la rivalutazione del requisito della pericolosità sociale dei prevenuti, che doveva essere effettuata tenendo conto del momento dell’erogazione dei finanziamenti ricevuti dalla società Sirco s.r.l. nonché l’effettiva riconducibilità della società Sirco s.r.l. a C.V. e M 2. Avverso tale decreto il Procuratore generale presso la Corte di appello dell’Aquila ricorreva per cassazione, deducendo che la Corte di appello dell’Aquila aveva eluso le indicazioni ricevute dalla Corte di cassazione, in sede di annullamento con rinvio del decreto emesso dalla stessa Corte territoriale il 10/04/2015. Quanto, in particolare, alla verifica sulla sussistenza del requisito della pericolosità sociale di Z.N., R.A. e Ri.Au., si deduceva che la Corte di appello dell’Aquila aveva omesso di valutare l’attività di reimpiego di capitali illeciti portata avanti dai prevenuti, realizzata attraverso l’utilizzazione dei finanziamenti ricevuti dalla società Sirco s.r.l., che risultava attestata da pregresse pronunce giurisdizionali, versate in atti. Analoghe considerazioni valevano a proposito dell’ulteriore verifica demandata dalla Corte di legittimità, in sede di annullamento con rinvio, riguardante la riconducibilità della società Sirco s.r.l., formalmente amministrata da L.G., a C.V. e M. , che si riteneva dimostrata sulla base delle stesse risultanze giurisdizionali sopra richiamate. 3. Occorre, infine, dare conto della memoria difensiva depositata nell’interesse dei prevenuti Z.N., R.A. e Ri.Au., a mezzo dell’avv. Andrea Castaldo e dell’avv. Daniele Livreri. Con tale memoria si eccepiva l’irricevibilità del ricorso in esame, conseguente al suo deposito irrituale, effettuato mediante posta elettronica certificata. Si deduceva, inoltre, che il ricorso era stato depositato oltre il termine di 10 giorni previsto dalla legge, che scadeva alle ore 12.30 del 14/07/2017. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello dell’Aquila è inammissibile. 2. In via preliminare, deve rilevarsi l’irricevibilità del ricorso in esame, che veniva trasmesso, a mezzo di posta certificata, dall’indirizzo procuratore generale.pg.laquila at giustiziacert.it , il 24/07/2017, alle ore 14.13.15, come attestato dalla Corte di appello dell’Aquila con il messaggio identificativo 6310E59B-ED81-6186-CBD9-8BFE7F2E41F8 at telecompost.it . Osserva, in proposito, il Collegio che, costituisce espressione di un orientamento ermeneutico incontroverso, il principio secondo cui, nei procedimenti penali instaurati davanti alla Corte di cassazione, non è consentita la presentazione di atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, analogamente a quanto si verificava nel caso in esame Sez. 3, n. 6833 del 26/10/2016, dep. 2017, Manzi, Rv. 269197 Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, Cacciatore, Rv. 268162 . Nei giudizi davanti alla Corte di cassazione non è ammesso nemmeno il deposito telematico degli atti del processo civile, in assenza dell’emissione dei decreti previsti dall’art. 16-bis, comma 6, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. L’ammissibilità di un siffatto deposito, peraltro, è esclusa dell’espressa limitazione ai procedimenti civili davanti ai tribunali e alle corti di appello, prevista dall’art. 16-bis, comma 1-bis, del medesimo decreto. Costituisce un’eccezione a questa regola, limitatamente al solo giudizio civile di cassazione, il deposito telematico delle istanze dei difensori che non esplicano un’incidenza diretta sul processo, che possono essere inserite nel fascicolo processuale. Tra questi atti, a titolo meramente esemplificativo, devono richiamarsi le istanze di prelievo, di sollecita fissazione di ricorsi, di riunione, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite. L’impossibilità di estendere la disciplina esaminata al giudizio penale di cassazione preclude, quantomeno allo stato, la possibilità di inviare atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, come questa Corte ha già affermato con riferimento ad altri atti processuali di parte, come il deposito di memorie difensive ex art. 121 cod. proc. pen. Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016, Cacciatore, cit. e il deposito della lista testimoniale ex art. 468, comma 1, cod. proc. pen. Sez. 3, n. 6833 del 26/10/2016, dep. 2017, Manzi, cit. . Occorre, pertanto, ribadire che nel giudizio penale davanti alla Corte di cassazione non è consentito il deposito degli atti di impugnazione mediante posta elettronica certificata, non essendo permessa la presentazione dei ricorsi con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità, in assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente. 3. Le considerazioni che si sono esposte nel paragrafo precedente, in ordine all’irricevibilità del ricorso introduttivo del presente procedimento, risultano assorbenti rispetto all’ulteriore censura difensiva, secondo cui l’atto di impugnazione era stato depositato oltre il termine di 10 giorni previsto dalla legge. Tali considerazioni, infine, impediscono di esaminare il merito delle doglianze proposte dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello dell’Aquila con il ricorso in esame, risultando l’accertata irricevibilità preclusiva rispetto al vaglio delle censure formulate dalla parte ricorrente. 4. Per queste ragioni, il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello dell’Aquila deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.