Un pasticcio dalla cancelleria: nella PEC dell’avvocato l’avviso di fissazione di un altro giudizio

Deve ritenersi viziata in radice la sentenza emessa a conclusione del secondo grado di giudizio a cui né l’imputato né il difensore di fiducia hanno potuto partecipare avendo quest’ultimo ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza relativo a tutt’altra causa e tutt’altro imputato.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 33304/17 depositata il 10 luglio. La vicenda. A seguito di alcuni disordini presso lo stadio di Genova durante un incontro calcistico, un tifoso veniva condannato alla pena di 10 giorni di arresto e 200,00 euro di ammenda. La sentenza di condanna viene impugnata in Cassazione dal difensore deducendo l’omessa notificazione del decreto di fissazione del giudizio dinanzi d’appello. Il difensore ha infatti affermato – e documentalmente dimostrato - di aver ricevuto per posta elettronica un atto concernente la data di fissazione del giudizio relativo ad un’altra vicenda e ad un altro imputato, con conseguente nullità della sentenza impugnata per l’assenza dell’imputato. Notifiche via PEC. La Corte di Cassazione, accogliendo la doglianza, richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la notificazione degli atti processuali può essere eseguita presso la posta elettronica certificata non solo nel caso in cui l’atto da notificare sia specificamente rivolto al difensore dell’imputato, ma anche laddove sia lo stesso imputato il destinatario e il luogo materiale di destinazione dell’atto sia la sede dello studio del suo difensore. L’art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, conv. in l. n. 221/2012 viene infatti interpretato nel senso che è vietato l’utilizzo della PEC per le notificazioni laddove queste siano effettuate direttamente alla persona fisica dell’imputato ma non quando esse debbano essere eseguite nel suo interesse mediante consegna al difensore. Tornando al caso di specie, la Corte sottolinea come la materialità dell’atto portato a conoscenza dell’imputato tramite il suo difensore abbia avuto un contenuto del tutto estraneo al giudizio, impedendo loro la possibilità di apprendere le informazioni cui la notificazione era preordinata. Aggiungono inoltre gli Ermellini né può ritenersi che il fatto storico della notificazione di un atto, dall’ambiguo contenuto ma pur sempre di certa provenienza e natura giudiziaria, possa innescare in capo al ricevente la operatività di un onere di informazione in ordine al suo corretto contenuto , onere del tutto irragionevole nel caso in cui l’atto difetti dei requisiti minimi per il raggiungimento dello scopo. Il giudizio d’appello risulta in conclusione viziato in radice per l’assenza dell’imputato e del suo difensore di fiducia. Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e trasmette gli atti alla Corte d’Appello di Genova.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 novembre 2016 – 10 luglio 2017, n. 33304 Presidente Amoresano – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Lo scorso 27 maggio 2014 la Corte di appello di Genova, adita su ricorso dell’imputato, ha confermato la sentenza con la quale, in data 28 marzo 2014, il Tribunale di tale medesima città - dichiarato la penale responsabilità di M.G. , in ordine al reato di cui all’art. 6-bis, comma 2, della legge n. 401 del 1989, per avere egli, nel corso dell’incontro di calcio disputatosi il omissis fra le squadre del e del , superato indebitamente la separazione esistente fra il settore Gradinata Nord, ove legittimamente si trovava, ed il settore Distinti - lo aveva condannato alla pena di giorni 10 di arresto ed euro 2000,00 di ammenda, convertita la pena detentiva in ulteriori 2500,00 euro di ammenda. La Corte riferiva che dagli atti era emerso che il M. , dopo avere fatto ingresso alla stadio di accedendo nella gradinata nord di esso, si era spostato, durante l’incontro di calcio, nel settore distinti, come evidenziato dalla documentazione fotografica in atti in particolare, ha osservato la Corte territoriale, il M. era entrato nel settore distinti dopo che, a seguito di una contestazione attuata dai tifosi della squadra ligure, erano state sfondate e quindi aperte le porte che dividevano la gradinata dal settore distinti facendo, pertanto, leva sul fatto che in tal modo il M. aveva indebitamente superato la separazione esistente fra un settore ed un altro dello stadio, la Corte ha ritenuto integrati gli estremi del reato contestato, confermando, perciò, la sentenza del giudice di primo grado. L’imputato, assistito dal proprio difensore di fiducia, ha interposto ricorso per cassazione deducendo, in via preliminare l’omessa notificazione del decreto di fissazione del giudizio di fronte alla Corte di appello, essendo stato ricevuto, per posta elettronica, dal ricordato difensore dell’imputato, un atto concernente la convocazione per la data in cui si è poi effettivamente celebrato il processo di appello a carico del M. di tutt’altro giudizio a carico di altro individuo. Non essendo, pertanto né il M. né il suo difensore stati presenti alla celebrazione del giudizio a carico del primo, questo si era svolto nella assenza dell’imputato, difeso da un difensore di ufficio nominato quale sostituto di quello di fiducia. Da ciò, secondo il ricorrente, la nullità della sentenza conseguentemente deliberata. Subordinatamente a tale censura la difesa dell’imputato ha contestato la omessa motivazione in ordine ad uno dei motivi di impugnazione, in particolare quello relativo alla dedotta qualificabilità del fatto contestato al prevenuto non come reato ma come illecito amministrativo ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 6-septies del decreto legge n. 28 del 2003, convertito con modificazioni, con legge n. 88 del 2003. In via ulteriormente gradata è stata contestata, sotto il profilo della violazione di legge la legittimità della sentenza nella parte in cui in essa si è ritenuto integrato il reato contestato e non il predetto illecito amministrativo. Infine è stata dedotta la violazione di legge nonché il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto integrati gli estremi del reato contestato, sebbene non fosse emerso che il M. avesse materialmente superato alcun ostacolo per recarsi, provenendo dal settore dello stadio nel quale legittimamente si trovava, sino al settore Distinti, atteso che le relative porte di separazione erano state aperte ed egli si era limitato a oltrepassare un varco già aperto. Con memoria del 27 ottobre 2016 la difesa dell’imputato ha chiesto la applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto. Prioritaria ad ogni altra valutazione è la verifica della fondatezza o meno del primo motivo di impugnazione proposto dal M. , posto che lo stesso attiene alla stessa vocatio in jus del prevenuto e, pertanto, attiene a profili del tutto preliminari rispetto al giudizio celebratosi di fronte alla Corte di appello ligure. Il tenore della predetta censura è, in sintesi il seguente riferisce il difensore dell’imputato di avere ricevuto, in data 28 aprile 2015, presso il proprio recapito di posta elettronica certificata due comunicazioni a lui inviate dall’ufficio competente per le notificazioni penali della Corte di appello di Genova con le quali lo si informava sia come difensore sia come domiciliata rio dell’imputato , con riferimento al processo recante il numero RE.CA/2015/000110/Corte di Appello interessante, secondo la comunicazione in questione, la persona di M.G.P. , dello avvenuto invio degli atti a dette comunicazioni allegati. Siffatti allegati, tuttavia, riferisce il difensore del ricorrente, peraltro documentando tale sua affermazione, sebbene puntualmente relativi al procedimento recante il numero sopra indicato, hanno ad oggetto la citazione a giudizio di fronte alla Corte territoriale ligure per la data del 27 maggio 2015 di tutt’altri individui che non il M. , peraltro assistiti da difensori del tutto diversi dall’avvocato che rappresentava e rappresenta gli interessi di questo. Tanto premesso osserva la Corte - avendo verificato la rispondenza al vero di quanto riferito del predetto difensore, verifica materiale operata attraverso la documentazione offerta dal ricorrente e comunque presente nel fascicolo processuale e pienamente consentita anche in questa fase di giudizio di legittimità in quanto afferente sì ad un profilo di fatto ma ad un profilo fattuale riferito alla regolarità dello svolgimento del processo celebrato a carico dell’imputato ed in relazione al quale, pertanto, la Corte ha incondizionato accesso diretto agli atti del giudizio sui più ampi poteri di questo giudice in relazione alle censure concernenti aspetti di carattere processuale della vicenda contenziosa si veda per tutti Corte di cassazione, Sezione I penale, 21 febbraio 2013, n. 8521 - che, sebbene sia oramai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la notificazione degli atti del giudizio può essere eseguita attraverso lo strumento della posta elettronica certificata non solamente ove l’atto da notificare sia specificamente indirizzato al difensore dell’imputato ma anche nel caso in cui esso sia rivolto nei confronti dell’imputato, laddove il luogo materiale di destinazione dell’atto sia la sede dello studio del difensore di quello, dovendosi interpretare la disposizione di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, con legge n. 221 del 2012, nel senso che essa vieti l’utilizzo della posta elettronica per le notificazioni laddove queste siano effettuate direttamente alla persona fisica dell’imputato ma non riguardo quelle eseguite, seppure nell’interesse di questo, mediante consegna al difensore del medesimo Corte di cassazione, sezione IV penale, 30, settembre 2016, n. 40907 idem Sezione IV penale, 21 aprile 2016, n. 16662 , tuttavia nel caso in esame la materialità dell’atto portato a conoscenza dell’imputato, per il tramite del predetto difensore, ha avuto un contenuto del tutto estraneo alle parti in giudizio, tale da non consentire loro di apprendere affatto le informazioni cui la notificazione dell’atto era preordinata. Né può ritenersi che il fatto storico della notificazione di un atto, dall’ambiguo contenuto ma pur sempre di certa provenienza e natura giudiziaria, possa innescare in capo al ricevente la operatività di un onere di informazione in ordine al suo corretto contenuto e ciò neppure nel caso in cui detta notificazione sia stata operata nei confronti di soggetto che professionalmente operi nel’ambito del processo. Un siffatto onere di diligenza sarebbe, infatti, concretamente pretendibile solamente nel caso in cui l’atto contenga comunque gli elementi essenziali per la sua identificazione, mentre non lo è - ove non si voglia comunque attribuire ad un atto radicalmente nullo la autonoma funzione di costituire la scaturigine di un qualche effetto giuridico - nel caso in cui l’atto concretamente portato a conoscenza del destinatario difetti anche degli elementi minimi necessari per il raggiungimento dello scopo per il quale esso è stato predisposto, come si verificherebbe, con riferimento alla citazione in giudizio in grado di appello, ove lo stesso fosse erroneo quanto alla indicazione della sentenza impugnata, del reato contestato, del locus o del tempus commissi delicti Corte di cassazione, Sezione VI penale 24 ottobre 2013, n. 4385 ovvero, come avvenuto nel caso in questione, prevedesse la citazione in giudizio di soggetti del tutto diversi dall’effettivo imputato. Nell’occasione, come già dianzi segnalato, il decreto di citazione a giudizio per il grado di appello notificato al difensore del M. , sia in proprio che nella qualità di domiciliatario dell’imputato, era relativo a tutt’altra vicenda giudiziaria, concernente persone del tutto diverse dall’odierno imputato, di tal che può ben dirsi che l’atto in questione fosse, con riferimento alla posizione dell’odierno imputato, radicalmente nullo ed, in quanto tale, inidoneo a fare scaturire la instaurazione di qualsivoglia valido rapporto processuale che lo riguardasse. Conseguentemente il giudizio in tal modo celebrato nei suoi confronti, nell’assenza sua e del suo difensore di fiducia, è parimenti viziato in radice e la sentenza emessa all’esito del medesimo deve essere annullata senza rinvio, con pieno assorbimento di tutte le altre doglianze presentate dal ricorrente. Gli atti debbono, pertanto, essere restituiti alla Corte di appello di Genova affinché, rinnovato l’atto nullo, sia ivi nuovamente celebrato il giudizio avente ad oggetto il gravame presentato dal M. avverso la sentenza di primo grado emessa nei suoi confronti. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Genova.