La lista dei testimoni può essere depositata a mezzo PEC?

Il deposito della lista testimoniale, nel processo penale, non può essere effettuato con modalità telematiche. Questo in virtù del principio secondo cui non è consentito alle parti pubbliche o private di effettuare comunicazioni o notificazioni a mezzo PEC.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 6883/17 depositata il 14 febbraio. Il caso. L’imputato ricorre in Cassazione per l’annullamento della sentenza di primo grado che lo dichiarava colpevole di aver esercitato la caccia mediante richiami acustici a funzionamento elettromagnetico. Il motivo a cui affida il suo ricorso consiste nella mancata ammissione dei testimoni indicati nella lista depositata tempestivamente a mezzo PEC poiché il Tribunale aveva dedotto la mancata prova del relativo deposito, procedendo all’audizione dell’unico testimone a discarico presente in aula e con esclusione di quello assente. Il deposito della lista testimoniale a mezzo PEC. La Corte di Cassazione afferma che la doglianza del ricorrente riguarda la violazione del diritto alla contro prova decisiva e non l’ammissione della prova così che la questione relativa al deposito della lista testimoniale ha poca rilevanza poiché l’imputato non deduce nemmeno di aver comunque sollecito l’assunzione dei testimoni. Il Collegio ha qui, però, l’occasione di ribadire il principio secondo cui il deposito della lista testimoniale, nel processo penale, non può essere effettuato con modalità telematiche, al contrario di ciò che avviene nel processo civile. In particolare, la lista testimoniale oltre che al giudice è indirizzata anche alle parti che possono chiedere di essere ammessi a prova contraria e devono essere messi nelle condizioni di farlo. Non esistendo, nel processo penale, un fascicolo informatico risulta chiaro l’impedimento delle stesse nel potervi accedere. Tale assunto, concludono gli Ermellini, discende dal il principio secondo cui non è consentito alle parti pubbliche o private nel processo penale di effettuare comunicazioni o notificazioni a mezzo di PEC, la cui osservanza è stabilità a pena di inammissibilità. Nel caso di specie poi risulta che l’omesso deposito della lista testimoniale non ha impedito l’assunzione del testimone a discarico il che rende generico il ricorso sul punto. Pertanto il Collegio ritiene il motivo in questione infondato ma procede con l’annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente ad un’altra doglianza sollevata del ricorrente, riguardante la confisca dell’arma.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 ottobre 2016 – 14 febbraio 2017, n. 6883 Presidente Carcano – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il sig. M.F. ricorre per l’annullamento della sentenza del 29/02/2016 del Tribunale di Trani che lo ha dichiarato colpevole del reato p. e p. dagli artt. 21, comma 1, lett. c e 30, comma 1, lett. h , legge n. 157 del 1992 esercizio della caccia mediante richiami acustici a funzionamento elettromagnetico , commesso in omissis , e lo ha condannato alla pena di 1.000,00 euro di ammenda. 1.1. Con il primo motivo, lamentando la mancata ammissione dei testimoni indicati nella propria lista tempestivamente depositata a mezzo pec, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. d , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen Deduce, al riguardo, che il Tribunale non aveva ammesso la lista perché mancava la prova del relativo deposito e, tuttavia, all’udienza del 08/02/2016, aveva contraddittoriamente proceduto all’audizione dell’unico testimone a discarico presente in aula indicato nella lista , con esclusione di quello assente anch’egli indicato in lista . La mancata ammissione del secondo testimone - prosegue - ha gravemente leso il diritto di difesa ed è stata decisiva ai fini della condanna, fondata esclusivamente sulla documentazione acquisita in copia fotostatica recante aggiunte a mano non riconducibili con certezza agli apparenti sottoscrittori, definiti in sentenza soggetti estranei agli interessi portati nel processo . 1.2.Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e , cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione relativamente ai beni oggetto di confisca e ordine di distruzione ed, in particolare, il contrasto tra la motivazione in cui si fa riferimento esclusivamente al richiamo e alle batterie e il dispositivo nel quale si fa riferimento a quanto in sequestro e dunque anche all’arma, al fodero e alle cartucce . Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 3. Il primo motivo è generico e manifestamente infondato. 3.1. Il ricorrente eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. d , cod. proc. pen., la violazione dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., dall’altro lamenta la mancata ammissione della lista dei testimoni depositata a mezzo PEC e la affermazione della sua responsabilità fondata a suo dire esclusivamente su una prova documentale non genuina. 3.2. Si tratta di aspetti non facilmente conciliabili tra loro, certamente non riconducibili all’unico contenitore intitolato alla violazione dell’art. 495, comma 2, codice di rito. 3.3. Il vizio formalmente eccepito, infatti, riguarda la violazione del diritto alla contro prova decisiva di cui all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., e non ha nulla a che vedere con la ammissione della prova ai sensi dell’art. 495, comma 1, sicché la questione relativa al deposito della lista testimoniale di cui all’art. 468, comma 1, cod. proc. pen., ha scarsa rilevanza poiché l’imputato non deduce nemmeno di aver comunque sollecita l’assunzione dei propri testimoni a discarico sui fatti oggetto delle prove a carico, né allega alcunché in ordine alla natura decisiva della controprova. 3.4. Vero è che, secondo un indirizzo minoritario, la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista non potrebbe essere esercitata dalla parte che non abbia depositato la propria lista nel termine indicato, a pena di inammissibilità, dall’art. 468, comma primo, cod. proc. pen. così, Sez. 6, n. 17222 del 22/01/2010, Martelli, Rv. 246998 Sez. 4, n. 8033 del 10/04/1995, Vincenti, Rv. 202023 tuttavia, tale indirizzo è ormai superato dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte ormai attestata sull’opposto principio che il termine perentorio per il deposito della lista testimoniale è stabilito, a pena di inammissibilità, soltanto per la prova diretta e non anche per la prova contraria, sicché la parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni nel termine di legge ha la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni, periti e consulenti tecnici poiché l’opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa Sez. 6, n. 26048 del 17/05/2016, Gandini, Rv. 266976 Sez. 5, n. 2815 del 12/11/2013, Cambi, Rv. 258878 Sez. 5, n. 9606 del 03/11/2011, Cazzador, Rv. 252158 Sez. 5, n. 1607 del 13/01/1995, D’Alessandro, Rv. 200658 . 3.5. Sennonché non pare che la questione abbia concreta rilevanza perché dal testo della sentenza impugnata risulta e di tanto dà atto lo stesso imputato che l’omesso deposito della lista testimoniale non ha impedito l’assunzione del testimone a discarico, il che rende oltremodo contraddittorio e generico il ricorso sul punto. Secondo l’imputato, infatti, l’altro testimone non sarebbe stato ascoltato sol perché assente all’udienza. Sennonché, a norma dell’art. 468, comma 4, cod. proc. pen., il testimone addotto a prova contraria può essere alternativamente citato, previa autorizzazione del giudice, ovvero presentato direttamente al dibattimento. Se l’imputato, come nel caso in esame, presenta direttamente al dibattimento un solo testimone a prova contraria, non può dolersi della mancata assunzione dell’altro testimone assente. Né, infine, allega alcunché sulla natura decisiva della testimonianza esclusa e sulla sua incidenza sulla tenuta della motivazione. Il ricorrente, infatti, non indica nemmeno le circostanze sulle quali il residuo testimone avrebbe dovuto essere ascoltato. Il che sottrae a questa Corte elementi decisivi di giudizio non potendosi valutare se la controprova fosse manifestamente superflua, se tendesse cioè ad un risultato conoscitivo che palesemente risultasse già acquisito Sez. 3, n. 1798 del 09/11/1998, Storni, Rv. 212518 cfr., nello stesso senso, Sez. 4, n. 8189 del 04/07/1997, Pinotti, Rv. 208559 Sez. 1, n. 13543 del 18/11/1998, Caruso, Rv. 212057 Sez. 6, n. 20099 del 08/01/2003, Ruzz, Rv. 224967, secondo cui il vizio della sentenza consistente nella mancata assunzione di una prova decisiva, di cui all’art. 606, comma 1, lettera d cod. proc. pen., si sostanzia in un error in procedendo , che rileva solo quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le argomentazioni in motivazione addotte a sostegno della decisione, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una diversa statuizione. La valutazione in ordine alla decisività della prova va quindi compiuta in concreto, apprezzando se i fatti dalla parte indicati siano tali da potere inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice Sez. 2, n. 2689 del 17/11/1999, Rapisarda, Rv. 215714 - seguita, sul punto, da Sez. 1, n. 4495 del 08/01/2002, Ginoli, Rv. 220705 Sez. 2, n. 11424 del 09/03/2001, Amoroso, Rv. 223622 - si esprime in termini ancora più netti, affermando che la decisività della controprova non acquisita si traduce nella sua potenzialità di sovvertire il valore degli altri elementi probatori utilizzati o ancora utilizzabili, nel senso che, ove l’assunzione sia richiesta dall’imputato, la stessa abbia l’attitudine ad infirmare i dati favorevoli all’accusa . 3.6. In ogni caso deve essere escluso che il deposito della lista testimoniale di cui all’art. 468, comma 1, cod. proc. pen., possa essere effettuato con modalità diverse da quelle previste a pena di inammissibilità. In assenza di norme derogatorie o che comunque lo consentano espressamente, il deposito della lista testimoniale non può perciò essere effettuato con modalità telematiche espressamente previste, invece, per il processo civile nel quale il deposito telematico è addirittura imposto dall’art. 16-bis, d.l. 18/10/2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17/12/2012, n. 179 . 3.7. La trasmissione della lista a mezzo posta elettronica certificata onera la cancelleria che la riceve della attività di stampa e materiale deposito dell’atto con modalità nemmeno temporalmente scandite, con conseguente possibilità di ulteriore abbreviazione del termine previsto dall’art. 468, comma 1, cod. proc. pen La lista testimoniale non è indirizzata solo al giudice, ma anche alle parti che possono chiedere di essere ammessi a prova contraria e devono essere messe in condizione di farlo. L’inesistenza, nel processo penale, di un fascicolo informatico impedisce alle altri parti di accedervi in tempo reale e consultare immediatamente gli atti depositati con modalità telematiche. 3.8. Il deposito telematico , inoltre, necessita dell’indicazione di regole precise in ordine alle modalità e tempestività dell’adempimento che, previste per il processo civile art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179 del 2012, cit. , sono del tutto assenti in quello penale. 3.9. In termini generali, del resto, questa Corte ha già affermato il principio che non è consentito alle parti, pubbliche e private, di effettuare comunicazioni o notificazioni a mezzo posta elettronica certificata, né adempimenti previsti con modalità la cui osservanza è stabilita a pena di inammissibilità. Si è così sostenuto che nel processo penale alle parti private non è consentito proporre istanza di rimessione in termini a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015, Livisianu, Rv. 263189 in termini generali, cfr. Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443, secondo cui alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni e notificazioni nel processo penale mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata né è consentito proporre ricorso per cassazione o appello a mezzo PEC perché le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 cod. proc. pen., sono tassative ed inderogabili e nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della posta elettronica certificata Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016, Mandato, Rv. 266931 . Analogamente, è stata ritenuta inammissibile l’impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l’uso della posta elettronica certificata, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 cod. proc. pen. esplicitamente indicato dall’art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall’art. 310, comma secondo, cod. proc. pen. - e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della PEC Sez. 5, n. 24332 del 05/03/2015, Alamaru, Rv. 263900 . 3.10. Il tema della possibile alterazione della prova documentale sulla quale si fonderebbe in modo esclusivo la affermazione della responsabilità del ricorrente è, come detto, del tutto eterogeneo rispetto al motivo di ricorso dedotto la violazione dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen. ed è inammissibile, non solo e non tanto per la sua evidente distonia rispetto al tema trattato, quanto e sopratutto per la sua natura esclusivamente fattuale, del tutto avulsa dal testo della motivazione della sentenza impugnata nella quale si fa riferimento anche alle prove testimoniali degli addetti al servizio di vigilanza venatoria . 4. Il secondo motivo è fondato. 4.1. Si legge nella motivazione della sentenza impugnata che il richiamo e le batterie vanno confiscati e distrutti il dispositivo, invece, reca l’ordine della confisca e distruzione di quanto in sequestro , compresi dunque l’arma, il fodero e le cartucce. 4.2. Appare chiaro che la confisca e distruzione di tali beni obiettivamente non è supportata da motivazione alcuna ed anzi è in contrasto con quanto nella stessa affermato. 4.3. La questione può essere risolta direttamente da questa Corte che, in applicazione del principio per il quale, in materia di caccia, la confisca delle armi utilizzate per commettere reati venatori può essere disposta nel solo caso di condanna per le contravvenzioni richiamate dall’art. 28, comma secondo, L. n. 157 del 1992, con esclusione di ogni altra ipotesi, ha ritenuto illegittima la confisca di un fucile a seguito di condanna per il reato di cui all’art. 30, lett. h , trattandosi di ipotesi non richiamata dal predetto art. 28 Sez. 3, n. 34944 del 09/07/2015, Biemmi, Rv. 264453 Sez. 3, n. 7390 del 07/01/2015, Lattanzi, Rv. 262420 . 4.4. A prescindere, dunque, dalla questione della prevalenza o meno del dispositivo sulla motivazione, non v’è dubbio che la confisca anche dell’arma, del fodero e delle cartucce, oltre ad essere immotivata è certamente contra legem e non avrebbe potuto essere disposta. 4.5. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, limitatamente alla statuizione relativa alla confisca e distruzione anche dell’arma, del fodero e delle cartucce, dei quali deve essere disposta la restituzione. P.Q.M. Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente alla confisca e distruzione anche dell’arma, del fodero e delle cartucce, di cui dispone la restituzione. Rigetta nel resto il ricorso.