La proponibilità delle impugnazioni a mezzo PEC va alle Sezioni Unite

Va risolta la questione se alle parti private sia consentito, nel processo penale, effettuare comunicazioni e notificazioni a mezzo PEC.

Così la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 51961/16 depositata il 6 dicembre. L'impugnazione telematica. Guida in stato di ebbrezza e decreto penale di condanna un binomio frequentemente riscontrabile nella quotidiana prassi forense. La legge, sappiamo tutti, consente – fatte salve alcune eccezioni - la sostituzione della pena patteggiata” con i lavori di pubblica utilità. Per accedervi occorre, innanzitutto, proporre opposizione al decreto penale di condanna nel breve torno di tempo dei 15 giorni dalla notifica dello stesso. Nel caso che ci occupa l'imputato aveva inviato la propria opposizione per posta elettronica certificata, indirizzata all'ufficio gip che aveva emesso il decreto. Il giudice, ricevuta l'opposizione, ne aveva dichiarato l'inammissibilità richiamando un orientamento di legittimità che fa divieto alle parti private di eseguire notificazioni e comunicazioni processuali a mezzo PEC. Da qui, il ricorso per cassazione e l'ordinanza di rimessione della Quarta Sezione Penale al massimo consesso. Il fronte del no fino ad ora è stato compatto. Gli Ermellini si ritrovano ancora una volta a dover affrontare una questione che era stata a varie riprese sollevata e sempre decisa in modo univoco le parti private non possono servirsi della PEC per depositare, comunicare o notificare i propri atti processuali penali. Tutte le pronunce relative all'argomento in esame, infatti, in modo assolutamente monotono ripetono che la PEC può essere utilizzata soltanto dagli uffici giudiziari per eseguire notifiche a soggetti diversi dall'imputato. Gli altri metodi codicisticamente o giurisprudenzialmente ritenuti validi per effettuare il deposito di un atto di impugnazione, a parte il classico” deposito presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, sono il suo invio per posta raccomandata o per telegramma. A questi si aggiunge anche il deposito presso una cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo dove si trova l'interessato ovvero presso un agente consolare all'estero. L'uso della PEC, come si diceva, è limitato alle notificazioni da eseguirsi nei confronti di soggetti diversi dall'imputato. Questo è lo stato dell'arte venutosi a creare in seguito alla stratificazione di una disciplina piuttosto contorta. Partendo dal presupposto che la forma del deposito – che a tutti gli effetti è una notifica - deve essere quella sacramentale, il passo per dichiarare l'inammissibilità del deposito telematico” è brevissimo. La PEC garantisce la certezza della provenienza dell'atto notificato? La Suprema Corte ha dovuto motivare il proprio diniego, nelle varie occasioni in cui si è confrontata con il problema oggetto d'analisi, e per farlo si è generalmente richiamata alla necessità – in occasione del deposito di una impugnazione - di garantire la certezza della provenienza dell'atto notificato. L'ordinanza che oggi commentiamo, però, contiene una interessante citazione si fa riferimento ad una pronuncia del 2000 secondo cui l'inammissibilità della impugnazione può essere dichiarata soltanto quando il modo attraverso cui essa è depositata è tale da far escludere anche la possibilità della presunzione altrimenti doverosa della legittima provenienza dell'atto . A questo si aggiunge un altro precedente, datato marzo 2016, con il quale si precisa che raccomandata e PEC si equivalgono. Ora ci domandiamo non è forse contraddittorio ammettere la proponibilità di un'impugnazione per raccomandata cartacea e negarla in caso di inoltro telematico? Considerato soprattutto che la PEC, per ragioni tecniche sulle quali non osiamo addentrarci, garantisce la sicurezza dell'identità di chi la spedisce o la riceve. A tutto voler concedere, la garantisce né più e né meno della raccomandata cartacea. L'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite giustamente osserva che da diversi anni è in atto un processo di digitalizzazione delle comunicazioni e delle notificazioni giudiziarie. E' lo stesso codice, poi, a prevedere la possibilità – in determinate ipotesi – di procedere a notifica con mezzi tecnici idonei”. Può, allora, un difetto di aggiornamento del testo codicistico che, in effetti, non contempla la PEC impedire di fare legittimamente ricorso ad un ritrovato tecnologico che, all'epoca in cui fu confezionato il codice, non era stato ancora concepito? La legge, oltre ad essere modificata, può anche essere interpretata adeguandola ai tempi ci auguriamo che le Sezioni Unite provvedano in tal senso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, ordinanza 27 ottobre – 6 dicembre 2016, n. 51961 Presidente D’Isa – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con decreto penale di condanna n. 128/2016 emesso dal GIP presso il Tribunale di Mantova in data 4 febbraio 2016, F.G.G. veniva condannato alla pena di € 3.400,00 di ammenda per il reato previsto e punito dall'art. 186, comma 2 lett. b e comma 2 sexies Codice della Strada avverso tale decreto veniva proposta opposizione con contestuale richiesta di applicazione della pena e di sostituzione della pena stessa con lavori di pubblica utilità. Il GIP emetteva provvedimento del seguente tenore, apposto in calce all'impugnazione Il Giudice dichiara inammissibile l'opposizione non essendo consentito nel processo penale alle parti private effettuare comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata PEC Cass. Sez. I, n. 18135/2015 . Si comunichi 2. Avverso tale decisione propone ricorso in cassazione a mezzo dei difensore di fiducia il F. richiamando il disposto dell'art. 48 comma 2 del D.lgs.vo n. 82 del 2005 che equipara ad ogni effetto di legge la trasmissione del documento per via telematica, ai sensi dei comma 1 dello stesso art. 48 alla notificazione a mezzo posta, salvo che la legge disponga diversamente. 3. E' stata presentata memoria integrativa al ricorso per cassazione in cui viene ampiamente richiamato a sostegno della proposta impugnazione l'excursus normativo in materia. Considerato in diritto 4. Va premesso che la normativa citata in ricorso D.Ig.vo n. 82 del 2005, Codice dell'amministrazione digitale che effettivamente prevede all'art. 48 comma 2 che la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione per mezzo della posta non rileva nel caso di specie e ciò, al di là dell'inciso, nei casi consentiti dalla legge , per l'assorbente ragione che le disposizioni in essa contenute si applicano, come espressamente previsto dall'art. 2, comma 2, alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Oltre alla decisione di questa Corte citata nel provvedimento impugnato, questa Corte con decisione della Sez. 1, n. 18235 de/ 28/01/2015, Rv. 263189 n. 18235 ha parimenti escluso la possibilità che alla parte privata, nel processo penale, sia consentito l'utilizzo della PEC. La predetta problematica è stata poi in particolare affrontata con la decisione n. 18823 del 30 marzo 2016, RV. 266931, secondo cui l'utilizzo della posta elettronica certificata è stato consentito, ma a partire dal 15/12/2014, solo per le notificazioni per via telematica da parte delle cancellerie nei procedimenti penali a persona diversa dall'imputato - a norma dell'art. 148 c.p.p., comma 2 bis, artt. 149 e 150 c.p.p., e art. 151 c.p.p., comma 2 L. n. 228 del 2012 art. 1 comma 19 D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, commi 9 e 10 . Secondo la decisione da ultimo citata Allo stato, la forma della notifica via PEC è deputata a sostituire forme derogatorie dell'ordinario regime delle notifiche, ponendosi come alternativa privilegiata rispetto alle comunicazioni telefoniche, telematiche e via telefax attualmente consentite in casi determinati e nei confronti di specifiche categorie di destinatari. Si tratta de a le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex art. 151 c. p. p. b le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall'Autorità giudiziaria giudice o pubblico ministero , con mezzi tecnici idonei , secondo il dettato dell'art. 148 c.p.p., comma 2 bis c gli avvisi e le convocazioni urgenti disposte dal giudice nei confronti di persona diversa dall'imputato, per le quali è stata finora consentita la notifica a mezzo del telefono confermata da telegramma ovvero, in caso di impossibilità, mediante mera comunicazione telegrafica dell'estratto , da eseguirsi ai recapiti corrispondenti ai luoghi di cui all'art. 157, commi primo e secondo e nei confronti dei destinatario o di suo convivente art. 149 c.p.p. d le notificazioni di altri atti disposte dal giudice sempre nei confronti di persona diversa dall'imputato, mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto art. 150 c.p.p. . Osserva il Collegio L'art. 582 cod. proc. pen. prevede che Salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato personalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. II pubblico ufficiale addetto vi appone l'indicazione del giorno in cui riceve l'atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti dei procedimento e rilascia a richiesta, attestazione della ricezione. Le parti private ed i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria dei tribunale o dei giudice di pace del luogo in cui si trovano se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti ad un agente consolare all'estero. In tali casi l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria dei giudice che emise il provvedimento impugnato Il successivo art. 583 prevede invece che le parti ed i difensori possono proporre l'impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell'art. 582 comma Disposizioni particolari sono poi dettate ad esempio nel caso di impugnazione proposta da imputato detenuto. Tale normativa è generalmente interpretata nel senso che la dichiarazione di impugnazione costituisce un atto a forma vincolata e pertanto le modalità di presentazione e ricezione della stessa costituiscono requisiti di forma che non ammettono equipollenti. Va comunque rilevato come le decisioni in senso negativo intervenute a riguardo e sopra ricordate in genere siano motivate dalla necessità di assicurare la certezza della provenienza dell'impugnazione. Si è comunque affermato anche in pronunce risalenti, in evidente applicazione del principio del favor impugnationis, che l'indicazione, da parte del pubblico ufficiale addetto, di colui che ha presentato l'atto di impugnazione non richiede formule sacramentali, sì che l'adempimento può considerarsi assolto anche quando l'identità della persona appaia desumibile dal complessivo esame dell'atto di impugnazione e dell'attestazione della ricezione di esso, sempre che non vi siano elementi di equivocità che inducano a dubitare ragionevolmente della provenienza di esso dal soggetto titolare del diritto di impugnazione. Sez. 1, n. 2537 del 01/06/1992 Cc. Rv. 190956 e che in tema di presentazione dell'impugnazione, l'inammissibilità prevista dall'art. 591 per l'inosservanza delle formalità prescritte dall'art. 582 cod. proc. pen. si configura solamente ove vi sia concreta incertezza sulla legittima provenienza del gravame dal soggetto titolare dei relativo diritto e non anche quando l'identità della persona appaia desumibile dal complessivo esame del documento. L'inammissibilità, pertanto, può essere pronunciata soltanto se la violazione, che è addebitabile al pubblico ufficiale ricevente, assuma caratteristiche tali da far escludere anche la possibilità della presunzione altrimenti doverosa della legittima provenienza dell'atto, ne', in proposito, alcun onere di controllo può essere ascritto a colui che lo presenta sull'operato della persona addetta a riceverlo Sez. 2 n. 2017 delòl'11/04/2000, Rv. 215911 E stato altresì affermato che deve ritenersi valida la spedizione dell'atto d'impugnazione effettuata, anzichè con raccomandata, come espressamente previsto dall'art. 583, comma primo, cod. proc. pen., con lettera assicurata, atteso che tale mezzo è potenzialmente ancor più idoneo dell'altro al conseguimento dello scopo voluto dalla legge Sez. 6, n. 43167 del 30/09/2004 , Rv. 230200 , nonché quella presentata a mezzo di servizio postale privato, ugualmente considerata proposta nella data di spedizione della raccomandata contenente l'atto di impugnazione Sez. 3, n. 45697 del 27/10/2015, Rv. 265269 . Ciò posto va rilevato in primo luogo come la posta elettronica certificata, che trova la sua prima ed organica disciplina nel D.P.R. n. 68 dell'11 febbraio 2005, offra le medesime certezze della raccomandata in ordine alla identificazione del mittente v. sul punto, Sez. 4, n. 16622 del 31 marzo 2016, Rv. 266529 . In secondo luogo come negli ultimi anni si sia assistito ad una accelerazione del processo di digitalizzazione della giustizia, basato anche sull'utilizzo della posta elettronica certificata PEC , cristallizzato dal Protocollo d'intesa del 26.11.2008 tra il Ministro della Giustizia e il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione. Tra gli obiettivi programmati in tale sede, è stato individuato anche quello di digitalizzare le comunicazioni e le notificazioni nel processo civile ed in quello penale, sostituendo il documento digitale al cartaceo così favorendo la riduzione dei costi e dei tempi di notifica ed una maggiore ottimizzazione delle risorse. L'uso della PEC nel processo penale, in particolare, è stato già previsto sin dal 2009 con la riforma dell'art. 51, co. 1 e 2 d.l. 112/08, I. 133/08 ad opera del d.l. 193/09, I. 24/10. Con l'entrata in vigore dell'art. 16 della legge n. 221/12 nel testo risultante dalla sola legge di conversione il decreto legge n. 179/12 nulla prevedeva al riguardo , è stato poi inequivocabilmente fissato al 15.12.14 l'entrata in vigore delle notifiche telematiche a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale nei procedimenti dinanzi a Tribunali e Corti di Appello co. 9, lett. c bis , ove tenuti ad istituire un indirizzo di PEC ovvero, principalmente, i professionisti iscritti ad un Albo e, dunque, anche gli avvocati cfr. art. 16, co. 7, d.l. 185/08, I. 2/09, art 6 CAD . Questa Corte n. 16622 del 2016, citata ha comunque avuto modo di precisare a riguardo cheì valida la notifica effettuata, ai sensi dell'art. 161, comma quarto, cod. proc. pen., mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata c.d. pec , dell'atto da notificare all'imputato, atteso che la disposizione di cui all'art. 16, comma quarto, D.L. 16 ottobre 2012 n. 179, che esclude la possibilità di utilizzare la pec per le notificazioni all'imputato, va riferita esclusivamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nel suo interesse. Quanto alla esigenza di autenticità della provenienza e della ricezione di questa forma di comunicazione, le Sezioni Unite hanno già rilevato - a proposito dell'art. 148, comma 2 bis, cod. proc. pen. - che il telefax è uno strumento tecnico che dà assicurazioni in ordine alla ricezione dell'atto da parte del destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione mediante il cosiddetto OK o altro simbolo equivalente Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Rv. 250121 , specificando anche che la mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell'atto [ ] è evidentemente legata all'esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, né in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell'effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione . Inoltre, le indicazioni automaticamente impresse sul documento ricevuto dall'ufficio sono idonee ad assicurare l'autenticità della provenienza dal difensore peraltro facilmente controllabile dall'ufficio in caso di dubbio e la norma vigente consente che la dichiarazione sia fatta anche tramite sostituto, senza speciali formalità. Nello stesso senso va richiamata la precedente decisione delle stesse Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, Rv. 259928, che, componendo i diversi orientamenti sull'uso dei fax da parte dei difensori, lo ha consentito per comunicare la dichiarazione di astensione dalle udienze. In motivazione si afferma che tale soluzione è dovuta ad una interpretazione sistematica meno legata a risalenti schemi formalistici e più rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche cfr. art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. art. 4 d.l. 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24 nonché alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata dei processo. E' altresì significativa l'evoluzione delle forme di comunicazione e notificazione anche a mezzo di posta elettronica certificata previste nel processo civile, pur se ritenute non estensibili al processo penale Sez. 3, n. 7058 del 11/02/2014, Vacante, Rv. 258443 . 5. Alla stregua delle osservazioni che precedono, data la rilevanza della questione, ritiene il Collegio di dover rimettere la questione al vaglio delle Sezioni Unite. P.Q.M. Rimette il procedimento innanzi alle SS.UU.