Avvocato senza PEC? Niente avviso dell’avvenuto deposito degli atti

Ai sensi dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179/2012, le notificazioni e comunicazioni a soggetti per cui la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo PEC, i quali non abbiano provveduto a munirsi o a comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6913/2016, depositata il 22 febbraio. Il caso. Il gip presso il Tribunale di Busto Arsizio rigettava l’istanza di revoca o sostituzione della misura custodiale in carcere, avanzata da un indagato. Quest’ultimo proponeva appello avverso la statuizione, ma il Tribunale competente dichiarava l’inammissibilità della domanda di gravame. Il legale dell’imputato ricorreva per cassazione, lamentando l’erronea applicazione dell’art. 156 c.p.p. notificazioni all’imputato detenuto e 16, commi 4 e 6, del d.l. n. 179/2012 biglietti di cancelleria, comunicazioni e notificazioni per via telematica . Il ricorrente rilevava che il difensore, rimasto privo di PEC, deve essere avvisato dell’avvenuto deposito in cancelleria delle comunicazioni relative al procedimento, in quanto l’art. 16 sopra richiamato non ha provveduto ad abrogare gli artt. 148, 149, 150 e 170 c.p.p. notificazioni . No all’avviso, sì al deposito in cancelleria. La Suprema Corte ha ricordato che, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.l. n. 179/2012, le comunicazioni e le notificazioni, a cura della cancelleria, devono essere effettuate per via telematica, presso l’indirizzo di posta elettronica certificata che risulta dai pubblici elenchi. Gli Ermellini hanno, inoltre, sottolineato che la norma prevede la medesima procedura per le ipotesi di notificazioni a persona diversa dall’imputato, ai sensi degli artt. 148, comma – 2 bis , 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p Il Collegio ha evidenziato anche il disposto dell’art. 16, comma 6, d.l. n. 179/2012, secondo cui le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 gennaio – 22 febbraio 2016, n. 6913 Presidente Zaza – Relatore Amatore Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Milano ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dall'indagato avverso il provvedimento del Gip presso il Tribunale di Busto Arsizio, provvedimento con cui veniva rigettata l'istanza di revoca o sostituzione dell'applicata misura custodiale in carcere. 2.Avverso la predetta ordinanza ricorre il difensore dell'indagato, affidando la sua impugnativa ad un solo motivo di doglianza. 2.1 Il ricorso proposto nell'interesse dell'indagato deduce la inosservanza ovvero l'erronea applicazione della legge penale processuale in relazione agli artt. 156 cpp e 16, comma 4 e 6 del d.l. 179/2012, convertito nella l. 121/2012 e in relazione agli artt. 148 e ss. sempre del codice di rito. Lamenta la parte ricorrente che, sulla scorta della norme ora richiamate, il difensore rimasto privo di pec deve essere notiziato dell'avvenuto deposito in cancelleria delle comunicazioni, non avendo l'art. 16. sopra richiamato provveduto all'abrogazione degli artt. 148, 149, 150 e 170 cpp. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile. 3.1 Deve essere rilevata in primo luogo la tardività della presente impugnazione. Dalla lettura degli atti emerge che, a fronte della notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento oggi impugnato intervenuto in data 1.10.2015 al difensore e in data 2.10.2015 all'indagato, l'odierna impugnativa è stata spedita a mezzo posta in data 19.10.2015 e comunque pervenuta nella Cancelleria della Cassazione in data 24.10.2015, e dunque oltre termine previsto dall'art. 311, primo comma, del codice di rito. 3.2 Ma preme al Collegio giudicante sottolineare come la impugnazione sia comunque del tutto inammissibile anche nel merito, stante la sua evidente infondatezza. 3.3 Come correttamente rilevato dal Tribunale del Riesame l'ordinanza oggetto di impugnativa innanzi a sé era stata correttamente notificata con le modalità previste dall'art. 156 cpp e dall'art. 16, commi 4 e 6, del d.l. 179/2012, così come convertito in legge n. 221/2012, di talché non è rintracciabile la denunziata violazione di legge. Giova invero ricordare che, a mente del comma 4 dell'art. 16 da ultimo menzionato, Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria . Peraltro, il successivo comma 6, precisa, per quanto qui d'interesse, che Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario . Ne consegue che, sulla scorta degli indici normativi da ultimo ricordati, le doglianze sollevate dalla parte ricorrente risultano, come sopra accennato, manifestamente infondate. 4. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000. 5. Ricorre nel caso di specie l'ipotesi di cui all'art. 94 comma 1 ter disp. att. Cpp con necessità pertanto che copia del provvedimento sia trasmessa a cura della cancelleria al ricorrente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 ter disp. att. Cpp. Così deciso in Roma, il 8.01.2015