Notifica dell’istanza di fallimento a mezzo PEC e manutenzione della casella di posta

Pronunciandosi sull’impugnazione della sentenza con cui veniva rigettato il reclamo avverso la dichiarazione di fallimento del ricorrente, gli Ermellini ribadiscono l’onere di colui che esercita attività d’impresa di munirsi di un indirizzo PEC ed assicurarsi del corretto funzionamento della casella di posta certificata.

La vicenda. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16190/18, depositata il 20 giugno, pronunciandosi sull’impugnazione della sentenza con cui la Corte d’Appello di Firenze aveva respinto il reclamo di una S.r.l. avverso la dichiarazione di fallimento della stessa società. Quest’ultima ricorre dinanzi alla Corte di Cassazione dolendosi, per quanto d’interesse, del fatto che la notificazione dell’istanza di fallimento, pur essendo avvenuta in conformità all’art. 15 l. fall., era stata effettuata all’indirizzo PEC gestito dal commercialista, indirizzo peraltro non riconducibile alla società stessa, circostanza che aveva impedito l’incolpevole conoscenza del debitore dell’udienza prefallimentare. Sostiene pertanto il ricorrente che la notifica avrebbe dovuto in tal caso essere effettuata con le forme di cui agli artt. 154 e ss. c.p.c Notifica a mezzo PEC. Il Collegio richiama il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, la notifica telematica del ricorso, ai sensi dell’art. 15, comma 3, l. fall., si ritiene perfezionata nel momento in cui il notificante abbia rispettato la sequenza procedimentale stabilita dalla legge. Dal punto di vista del mittente, occorre dunque avere riguardo alla ricevuta di accettazione che dimostra l’avvenuta spedizione del messaggio PEC, mentre, dal lato del destinatario, dovrà farsi riferimento alla ricevuta di avvenuta consegna che certifica appunto la consegna del messaggio PEC ed il relativo momento. Il ricorrente prospetta esigenze di migliore comodità per il debitore invocando una notifica ordinaria a mezzo di ufficiale giudiziario o a mezzo posta che però la Corte, invocando il principio cardine della celerità del processo, non condivide. Sottolineano infatti gli Ermellini che è onere di colui che eserciti attività d’impresa di munirsi di un indirizzo PEC ed assicurarsi del corretto funzionamento della casella di posta certificata, eventualmente anche delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo, fermo restando che la rinnovazione della notifica è necessaria solo laddove venga registrata un’anomalia nel sistema di comunicazione telematica. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte escluda che possa configurarsi un’ipotesi di forza maggiore nella mancata conoscenza dell’udienza prefallimentare che il ricorrente imputa alla mancata comunicazione della stessa da parte del commercialista. Il ricorso viene quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 aprile – 20 giugno 2018, n. 16190 Presidente Campanile – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto La Corte, Rilevato che Con sentenza depositata il 12/1/2017, la Corte d’appello di Firenze ha respinto il reclamo proposto dalla srl nei confronti del Fallimento srl e di C.F. , avverso la sentenza di fallimento della società, rilevando che doveva ritenersi valida la notificazione a mezzo pec del ricorso per fallimento e del decreto di fissazione dell’udienza prefallimentare, che era superata nel caso la soglia di fallibilità e sussisteva lo stato di insolvenza. La Corte del merito ha condannato alle spese ex articolo 94 cpc la società ed anche il legale rappresentante A.A. per lite temeraria, ed ha posto a carico della reclamante e del legale rappresentante il raddoppio del contributo unificato. Ricorre srl, sulla base di tre motivi. Si difende con controricorso il solo Fallimento. La ricorrente ha depositato il 10/4/2018 memoria, da ritenersi pertanto tardiva. Considerato che Col primo motivo, la ricorrente denuncia i vizi ex articolo 360 nn. 3, 4 e 5 cpc, sostenendo che pur a fronte delle forme di notificazione ex articolo 15 legge fall. a mezzo pec, deve garantirsi l’effettiva conoscenza del fallendo e che nel caso deve evidenziarsi che la pec era gestita dal commercialista, l’indirizzo pec non era in alcun modo riconducibile al nome del debitore ma a quello del commercialista, di non essere venuto a sapere dell’udienza prefallimentare per colpa non imputabile alla parte si duole che il sistema pec non garantisca al destinatario l’avvenuta consegna dell’atto e sostiene che nel caso si sarebbe dovuto procedere alla notifica secondo gli artt. 145 e ss. cpc. Col secondo, si duole dei vizi ex articolo 360 nn. 3, 4 e 5 cpc, per non avere la sentenza impugnata dato atto dell’avvenuto pagamento e quindi della rinuncia da parte del creditore istante Corsi come da memoria agli atti. Col terzo, si duole del ritenuto stato di insolvenza, sostenendo che è stata pagata anche la Curatela Royal Plan srl prima dell’udienza in sede di reclamo. Col quarto, si duole della esorbitanza della condanna alle spese legali e della condanna del legale rappresentante ex articolo 94 cpc. Il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che la Corte d’appello ha dato atto del perfezionamento della notifica via pec, secondo quanto affermato in sede di legittimità. Ed infatti, come affermato nella pronuncia 13917/2016, il ragionamento svolto dal giudice distrettuale è motivato e conforme al principio di diritto già affermato da questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22352 del 2015 , e secondo cui in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall’articolo 15, comma 3, L.Fall. - nel testo successivo alle modifiche apportate dall’articolo 17 del d. L n. 179 del 2012, convertito nella L. n. 221 del 2012 - occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge e, quindi, dal lato del mittente, alla ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata, e, dal lato del destinatario, alla ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento dell’avvenuta consegna tramite un testo leggibile dal mittente b tale principio, giustificato dal valore cardine di celerità del processo, non è affatto immune - come si afferma, ponendo al quarto mezzo, anche una eccezione di legittimità costituzionale - dalle garanzie di ricezione, date dalle specifiche tecniche elaborate da appositi comitati in sede ministeriale e collaudate da un lungo periodo di sperimentazione c ad esse, non possono opporsi, come fa la ricorrente, esigenze di sostanziale migliore comodità, per la debitrice, della ricezione della notifica in via ordinaria e tradizionale e cioè a mezzo dell’ufficiale giudiziario o a mezzo della posta in formato cartaceo in quanto è onere della parte che eserciti l’attività d’impresa, normativamente obbligata ex articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge 28 gennaio 2009, n. 2 ex lege 28 gennaio 2009, n. 2 ex articolo 5 Decreto Legge n. 179/2012 convertito nella Legge n. 221/2012 a munirsi di un indirizzo PEC e ad assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata, se del caso delegando tale controllo, manutenzione o assistenza a persone esperte del ramo i cui costi, palesemente inerenti all’attività dell’impresa, sono in qualche modo riconducibili alle spese rilevanti ed afferenti al proprio bilancio di esercizio , e senza che tali problematiche possano integrare né oneri straordinari di diligenza secondo mezzo né un serio sospetto di illegittimità costituzionale della relativa disciplina quarto mezzo , nella parte in cui non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione che si renderebbe certamente necessario ove si registrasse un’anomalia nella comunicazione telematica dell’avviso, proprio come prevede l’ultima parte del terzo comma dell’articolo 15 L.F. che, in tal modo, allontana l’ombra dell’illegittimità costituzionale di siffatto sistema di notificazione stabilendo i casi in cui debba procedersi attraverso i mezzi tradizionali di consegna dell’avviso . Pur non potendosi escludere in linea di massima ed in astratto che, pur non registrando il sistema di ricezione dell’invio dell’avviso alcuna anomalia, possa darsi un’ipotesi di forza maggiore vis cui resisti non potest , nella specie la parte ascrive il mancato avviso al proprio commercialista, deduzione tra l’altro in fatto che non risulta neppure nel giudizio di reclamo, come tale inammissibile. Il secondo mezzo è inammissibile prima che infondato, atteso che vi era stata anche la richiesta di fallimento del P.M. e la desistenza, che addirittura sarebbe intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza sul reclamo, non produce effetto, atteso che nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione, e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l’apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta ne discende che la rinuncia all’azione o desistenza del creditore istante, che sia intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all’azione ordinanza n. 16180 del 28/06/2017 . Il terzo mezzo è inammissibile, basato su documentazione non producibile in questo grado del giudizio e comunque inidonea ad incidere sul complessivo argomento della Corte d’appello sul punto. Il quarto mezzo è generico quanto alla doglianza sul quantum e nel resto impinge in valutazioni di merito. Conclusivamente, va respinto il ricorso le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna la società ricorrente alle spese, liquidate in Euro 6100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 30/5/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.