Fallimento: valida la notifica via PEC all’imprenditore cancellato dal registro delle imprese

Le esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa e gli obblighi di speditezza e operatività al quale è improntato il procedimento concorsuale giustificano che il Tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico. In tale situazione rientra anche l’imprenditore individuale che, cancellatosi dal registro delle imprese per cessata attività, abbia disattivato la propria casella PEC anche nel periodo dell’anno successivo nel quale, ex art. 10 l. fall., egli può essere dichiarato fallito.

Così ha stabilito la Suprema Corte con la sentenza n. 17884/2016, depositata il 9 settembre. La vicenda. La Corte d’appello di Bari rigettava il reclamo proposto ex art. 18 l. fall. da un imprenditore individuale avverso la sentenza del Tribunale che ne aveva dichiarato il fallimento, ritenendo valida ed efficace la notifica effettuata all’indirizzo PEC dell’imprenditore cessato. Ricorre per cassazione l’imprenditore avverso la pronuncia d’appello, denunciando anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 l. fall. - in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto la cancellazione dell’impresa equivale all’imprenditore defunto e renderebbe privo di valore l’uso della casella PEC per le notificazioni e comunicazione ad un ormai privato cittadino, tenuto a risponderne anche in termini assai ristretti in sede prefallimentare. Il duplice meccanismo di ricerca dell’imprenditore. Rigettando i due motivi di ricorso, la S.C. opera un richiamo alla sentenza n. 146/16 della Corte Costituzionale. Con tale sentenza viene infatti ricordato che il diritto di difesa dell’imprenditore, nel procedimento fallimentare a suo carico, è adeguatamente garantito dall’art. 15, comma 3, l. fall. in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca da tale norma previsto. Inoltre, tale articolo si pone in piena compatibilità anche con l’art. 111 Cost. anche per le esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa e gli obblighi di speditezza e operatività al quale è improntato il procedimento concorsuale, esigenze che giustificano che il Tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità, ancorché normalmente previste dal codice di rito, allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico . La disattivazione della casella PEC. In tale situazione rientra anche l’imprenditore individuale che, cancellatosi dal registro delle imprese per cessata attività, abbia disattivato la propria casella PEC anche nel periodo dell’anno successivo nel quale, ex art. 10 l. fall., egli può essere dichiarato fallito. L’art. 10 cit. non si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. pur ponendo a carico del creditore che ha tempestivamente presentato istanza di fallimento il rischio della durata del relativo procedimento, poiché con riferimento al diritto di difesa, la previsione di un termine annuale rappresenta il punto di mediazione nella tutela di interessi contrapposti, quali, da un lato, quelli dei creditori, e, dall’altro, quello generale, e non del solo cessato imprenditore, alla certezza dei rapporti giudizi Cass. Civ. n. 8932/13 . Peraltro, l’imprenditore individuale è univocamente quella persona fisica la cui casella PEC ha come indirizzo proprio il suo nome e cognome, sicché la deliberata sua disattivazione è produttiva di una delle ipotesi di irreperibilità dell’imprenditore che la stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 146 di cui sopra ha definito come imputabili alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico . fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, sentenza 1 luglio 9 settembre 2016, n. 17884 Presidente Ragonesi Relatore Genovese Svolgimento del processo e motivi della decisione Rilevato che, con sentenza in data 24 febbraio 2015, la Corte d’Appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto, ex art. 18 LF, da M.C. contro la sentenza del Tribunale di quella stessa città, che aveva dichiarato il fallimento dell’impresa individuale ICIET di M.C. che, secondo la Corte territoriale, era infondata la doglianza della reclamante relativa al mancato perfezionamento della notificazione dell’avviso di udienza, in quanto la stessa, diretta all’indirizzo pec risultante dal registro delle imprese, aveva avuto esito positivo, in base alla ricevuta telematica che segnalava la ricezione del primo ricorso quello dell’istanza B. + altri , in data 9 giugno 2014 ore 10 59 34 e del secondo istanza D. , in data 18 settembre 2014 ore 16 47 che non era condivisibile l’eccezione della illegittimità della notificazione a mezzo pec nei riguardi dell’imprenditore individuale, cancellato dal registro delle imprese, atteso che tale cancellazione non inciderebbe sulle modalità della notificazione ove non proceduta dalla disattivazione della pec , possibile solo su attività della parte che, ad abundantiam , risultava svolta anche la notificazione secondo la disciplina introdotta dal nuovo comma 3 dell’art. 15 LF, ossia la notifica esclusivamente di persona , che è stata tentata ed eseguita nelle forme di rito sia presso la sede dell’impresa che, per non essere reperibile in loco , aveva imposto all’Ufficiale giudiziario di eseguire il deposito presso la casa comunale sia presso l’ultima residenza del M. dove il plico non è stato consegnato e dal quale non è stato mai ritirato che non avrebbe avuto pregio l’eccezione di legittimità costituzionale sollevata dal reclamante, essendosi egli reso inadempiente dei più elementari doveri di garantire l’utilizzazione di una casella pec efficiente e funzionante che il credito fatto valere dagli istanti costituiva titolo esecutivo e, comunque, per la dichiarazione di fallimento non era neppure necessario che lo fosse, essendo sufficiente, a tal fine, un accertamento incidentale da parte del giudice che, avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso il fallito, con atto notificato il 23 marzo 2015, sulla base di quattro motivi, con cui denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge processuale artt. 151 c.p.c. e 12 del D. Lgs. n. 28 del 2010 e fallimentare art. 15 e vizi motivazionali, dolendosi, principalmente a dell’omessa considerazione dell’eccezione secondo cui, ai sensi dell’art. 151 c.p.c., il Tribunale di Bari, con una sorta di ordinanza generale, avrebbe imposto ai creditori delle imprese individuali, che siano state cancellate dal registro delle imprese, la notificazione delle istanze di fallimento secondo le forme ordinarie , precedentemente in vigore, ciò che nella specie non sarebbe stato poi concretamente osservato b dell’illegittimità costituzionale dell’art. 15 LF, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., in quanto la cancellazione dell’impresa equivale all’imprenditore defunto e renderebbe privo di valore l’uso della casella pec per le notificazioni e comunicazione ad un, ormai privato, cittadino, il quale sarebbe tenuto a risponderne anche in termini assai ristretti in sede prefallimentare c della mancata osservanza del termine di 15 giorni stabilito dalla legge d dalla mancanza della qualità di ruolo esecutivo del verbale di conciliazione prodotto dai lavoratori creditori istanti, non essendo stato il M. , firmatario dello stesso, assistito da un difensore. Il curatore fallimentare ha resistito con controricorso. Considerato che i primi due mezzi di cassazione, tra di loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, e dichiarati non fondati che, infatti, con riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3,12 come sostituito dall’art. 17, comma 1, lettera a , del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 Ulteriori misure Ingenti per la crescita del Paese , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 2211, si è di recente pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza n. 146 del 2016, con la quale Issa ha dichiarato non fondata la questione, sollevata, in riferimento agli atti. 3 e 24 della Costituzione che, come ha osservato la Corte, il diritto di difesa dell’imprenditore, nel procedimento fallimentare a suo carico, è adeguatamente garantito dalla disposizione denunciata, in ragione del predisposto duplice meccanismo di ricerca di esso che, infatti, il debitore, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziato dapprima presso il suo indirizzo di PEC, del quale è obbligato a dotarsi, ex art. 16 del d.l., 29 novembre 2008, n. 185 Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale , convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, ed è tenuto a mantenere attivo durante la vita dell’impresa dunque, in forza di un sistema che presuppone il corretto operare della disciplina complessiva che regola le comunicazioni telematiche da parte dell’ufficio giudiziario e che, come tale, consente di giungere ad una conoscibilità effettiva dell’atto da notificare, in modo sostanzialmente equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari ufficiale giudiziario e agente postale che, peraltro, a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo segue la notificazione presso la sede legale dell’impresa ossia, presso quell’indirizzo da indicare obbligatoriamente nell’apposito registro ex l. 29 dicembre 1993 n. 580 Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e successive modifiche, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, sì da rendere conoscibili e perciò opponibili ai terzi, nell’interesse dello stesso imprenditore - i dati concernenti l’impresa e le principali vicende che la riguardano che, pertanto, in caso di esito negativo di tale duplice meccanismo di notifica, il deposito dell’atto introduttivo della procedura fallimentare presso la casa comunale ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore, dei descritti obblighi impostigli dalla legge che la piena compatibilità della disposizione di cui all’art. 15, co. 3, con i parametri costituzionali invocati, ivi incluso anche quello di cui all’art. 111 Cost., risulta anche dalle esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa egli obiettivi di spediteza e operatività, ai quali deve essere impiantato il procedimento concorsuale , sicché esse giustificano che il tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità, ancorché normalmente previste dal codice di rato, allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico che in tale situazione rientra anche il caso dell’imprenditore individuale il quale, cancellatosi dal registro delle imprese per la cessata attività, abbia disattivato la propria casella di pec anche nel periodo dell’anno successivo nel quale, ai sensi dell’art. 10 L.F., egli può essere dichiarato fallito il termine di un anno, entro il quale l’imprenditore individuale che abbia cessato la sua attività può essere dichiarato fallito ai sensi dell’art. 10 l. fall. nel testo modificato dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007 , decorre dalla cancellazione dal registro delle imprese, senza possibilità per l’imprenditore medesimo di dimostrare il momento anteriore dell’effettiva cessazione dell’attività . Sez. 1, Sentenza n. 8092 del 2016 che, infatti, l’art. 10, primo comma, legge fall., il quale prevede che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se d’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo termine che, in base all’ultimo comma del successivo art. 22, si computa con n fini/lento al decreto della code di appello che respinge il reclamo contro il decreto del tribunale che ha rigettato il ricorso per la dichiarazione di fallimento , pur ponendo a carico del creditore che ha tempestivamente presentalo istanza di fallimento il rischio della durata del relativo procedimento, non è in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto a con riferimento al principio di eguaglianza, il possibile diverso trattamento dei creditori in relazione alla diversa durata del procedimento non discende dal requisito temporale prescritto dalla legge, ma dal concreto svolgersi del procedimento ed è perciò un problema di fatto irrilevante ai fini della legittimità costituzionale della norma b con riferimento al diritto di difesa la previsione di un termine annuale rappresenta il punto di mediazione nella tutela di interessi contrapposti, quali, da un lato, quelli dei creditori, e, dall’altro, quello generale, e non del solo cessato imprenditore, alla certezza dei rapporti giuridici . Sez. 1, Sentenza n. 8932 del 2013 che, del resto, con riferimento all’imprenditore individuale, non sorge neppure il problema dell’identificazione, dopo la cancellazione dell’impresa sociale dal registro, del suo rappresentante, necessaria perché possa operare quella ficto iuris Sez. 1, Sentenza n. 24968 del 2013 che permette lo svolgimento del procedimento prefallimentare e delle eventuali successive fasi impugnatorie che, in tali casi, infatti, l’imprenditore individuale è univocamente quella persona fisica la cui casella pec ha come indirizzo come nella specie proprio il suo nome e cognome, sicché la deliberata sua disattivazione nel termine annuale in cui perdura, ex lege art. 10 LF , la sua responsabilità per la sistemazione concorsuale delle proprie debitorie, mediante la necessaria dichiarazione di fallimento , è produttiva di una di quelle ipotesi di irreperibilità dell’imprenditore che la stessa Corte costituzionale - nella menzionata sentenza n. 146 del 2016 - ha definito come imputabili alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme egli obblighi di correttezza di un operatore economico che, di conseguenza, la procedura di notificazione prefallimentare, tentata attraverso la comunicazione a mezzo PEC, e poi presso la casa comunale nonché, de facto , e ad abundantiam anche presso l’ultima residenza, dove lo stesso non è stato trovato è immune da censure ed eseguita alla luce di una disposizione di legge l’art. 15, co. 3, LF pienamente compatibile con i richiamati parametri costituzionali che, in ultimo, come ha osservato la sentenza n. 146 della Corte costituzionale, la riconosciuta natura devolutiva del reclamo - come regolalo dall’art. 18 della legge fallimentare, nel testo sostituito dall’ara. 2, comma 7, del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169 Diposizioni integrative e correttive al r.d. 16 matto 1942, n. 267, nonché al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della l. 14 maggio 2005, n. 80 - consente, infatti, al fallito, benché non costituito innanzi al tribunale, di indicare, comunque, per la prima volta, in sede di reclamo avverso la sentenza di primo grado che gli viene notificata nelle forme ordinarie , i fatti a sua difesa ed i mezzi di prova di cui intenda avvalersi al fine di sindacare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi che hanno condotto alla dichiarazione di fallimento Corte di cassazione, sentenze n. 6835 e n. 6300 del 2014, n. 22546 del 2010, ordinanza n. 9174 del 2012 che, sotto tale profilo, i fatti e i mezzi addotti non hanno avuto pregio e non lo hanno neppure in questa sede che, infatti, quanto al terzo mezzo, il termine di legge è stato rispettato per il primo gruppo di creditori istanti ed in ogni caso la questione, mai agitata nel corso del giudizio di reclamo, è del mito nuova che, quanto all’ultimo mezzo, in disparte la questione della natura esecutiva del titolo esecutivo verbale di conciliazione , che il ricorrente nega e la curatela afferma, resta la mancata censura della seconda ratio decidendi contenuta nella pronuncia impugnata che ha portato la corre territoriale ad affermare la sussistenza del credito previo accertamento incidentale della bontà dello stesso. che, in conclusione, il ricorso è infondato e deve essere respinto che la novità della pronuncia della Corte costituzionale, intervenuta dopo la proposizione del ricorso per cassazione, induce a compensare le spese di questa fase, ma non può far escludere il previsto raddoppio del contributo unificato. P.Q.M. Respinge il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater,del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.