Se il domicilio digitale del destinatario è inserito nel ReGIndE, è nulla la notifica ad un diverso indirizzo PEC

In tema di notificazione a mezzo PEC, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel ReGIndE, unicamente quello risultante da tale registro.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9562/19, depositata il 5 aprile. Il fatto. Il Tribunale accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Inps contro C.F La Corte d’Appello, dopo aver disposto il rinnovo della notificazione dell’atto dell’ente previdenziale presso la sede legale di Roma a seguito dell’accertata notifica dell’atto d’impugnazione al difensore costituito per l’Istituto in primo grado, che era cessato dal rapporto di impiego, dichiarava inammissibile l’impugnazione perché l’appellante aveva rinotificato l’atto presso la sede Inps di Bari. Avverso la decisione ha proposto ricorso C.F. Notifica ad indirizzo diverso dal ReGIndE. In relazione ai motivi sollevati dal ricorrente, la Corte rileva la carenza di specificità in relazione alla presunta valida notifica mediante PEC, dato he non è stato dedotto che l’indirizzo a cui è stata inviata la notifica sia quello risultante dal ReGIndE. Inoltre, la Corte rileva che non è stata prodotta neppure copia del registro e a tal proposito richiama quanto già sancito dalla Cass. civ. n. 11574/18, ai sensi della quale in tema di notificazione a mezzo PEC , l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia ReGIndE , unicamente quello risultante da tale registro. Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario. Inoltre viene rilevato che non risulta dimostrata neppure la tempestività della notifica rispetto al termine concesso. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 18 dicembre 2018 – 5 aprile 2019, n. 9562 Presidente Doronzo – Relatore Esposito Rilevato che Il Tribunale di Bari accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’Inps nei confronti di C.F. la Corte d’appello di Bari, adita a seguito di impugnazione del C. , dopo aver disposto il rinnovo della notificazione dell’atto all’Inps presso la sede legale in Roma, a seguito dell’accertata notifica dell’atto d’impugnazione al difensore costituito per l’Istituto in primo grado che era cessato dal rapporto di impiego, dichiarava inammissibile l’impugnazione perché l’appellante aveva rinotificato l’atto presso la sede dell’Inps di Bari avverso la sentenza propone ricorso per cassazione C.F. con tre motivi l’Inps resiste con controricorso la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 301 c.p.c., comma 1, rilevando che la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare quanto disposto nell’art. 301 c.p.c. e dichiarare il processo interrotto con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 85 c.p.c., dell’art. 291 c.p.c., comma 1, e dell’art. 330 c.p.c., specificamente 1 in relazione all’art. 85 c.p.c., poiché l’ordinanza con cui era stata disposta la rinotifica doveva ritenersi viziata, non essendovi traccia della cancellazione dall’albo del difensore in primo grado 2 in relazione all’art. 330 c.p.c., poiché l’atto doveva essere ritenuto validamente notificato al domicilio eletto per il giudizio, e ciò sia in caso di persistenza che in caso di perdita dello ius postulandi 3 in relazione all’art. 291 c.p.c., poiché era stata effettuata validamente anche la rinotifica all’Inps di Roma a mezzo pec con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., perché era stata omesso l’esame della domanda nel merito in ragione della pronunciata inammissibilità il primo motivo di ricorso è inammissibile, poiché ogni questione attinente alle condizioni che avrebbero legittimato l’interruzione del processo risultano superate in ragione della intervenuta concessione di nuovo termine per la notifica in ordine al secondo motivo, quanto ai profili sub 1 e 2, oltre a valere il rilievo esposto con riferimento al primo motivo, si evidenzia la carenza di specificità, in mancanza di adeguata allegazione e trascrizione in termini di autosufficienza, specificamente con riferimento alla documentazione da cui risulti l’asserita iscrizione all’albo del difensore costituito per l’Istituto nel giudizio di primo grado Cass. n. 5478 del 07/03/2018 in relazione al terzo profilo, va rilevata la carenza di specificità in relazione alla presunta valida notifica mediante PEC, poiché non è stato dedotto che l’indirizzo al quale è stata inviata la notifica sia quello risultante dal Registro Generale degli indirizzi elettronici ReGindE , nè è stata prodotta copia di detto registro si veda Cass. n. 11574 del 11/05/2018 In tema di notificazione a mezzo PEC, ai sensi del combinato disposto dell’art. 149 bis c.p.c. e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter, introdotto dalla legge di conversione n. 221 del 2012, l’indirizzo del destinatario al quale va trasmessa la copia informatica dell’atto è, per i soggetti i cui recapiti sono inseriti nel Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia Reginde , unicamente quello risultante da tale registro. Ne consegue, ai sensi dell’art. 160 c.p.c., la nullità della notifica eseguita presso un diverso indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario”, conforme Cass. n. 13224 del 25/05/2018 , ed inoltre non risulta dimostrata la tempestività della notifica rispetto al termine concesso, tanto più che la stessa risulta effettuata il giorno in cui si è tenuta l’udienza il terzo motivo resta assorbito a seguito della declaratoria di inammissibilità degli altri due, risultando confermata la decisione in rito della causa, in quanto tale preclusiva della decisione nel merito in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.